Death education: come accettare la morte

Death education: come accettare la morte
Laura Boccalone
Redazione
Psicoterapeuta a orientamento Analitico Transazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
16.10.2025
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Come si può accettare la morte? Lo psichiatra Irvin Yalom nel suo libro “Fissando il sole” cita una massima di La Rochefoucauld che esprime con grande potenza narrativa il modo in cui tutti noi ci rapportiamo all’idea della morte:

“Né il sole, né la morte si possono guardare fisso”

Sappiamo che moriremo, ma abbiamo bisogno di allontanare il nostro sguardo da questa certezza per poter vivere serenamente. Evitare il pensiero della morte è una strategia comune; tuttavia, quando diventa troppo rigida, può diventare disadattiva. Come si fa ad accettare la morte senza sentirsi sopraffatti?

Death education: cenni storici

Non è da molto tempo che si sente parlare di death education. In psicoanalisi il tema della morte è stato affrontato da S. Freud, che in “Al di là del principio del piacere” (1920) introduce il concetto di pulsione di morte. Successivamente, solo a partire dagli anni Settanta la death education si è fatta strada negli USA e in Gran Bretagna come nuovo approccio educativo. La sua nascita si deve al gruppo di studio fondatore dell’Association for Death Education and Counseling (Adec).

Grazie alle ricerche dell’Adec, si è compreso che in età evolutiva e non solo è possibile, nonché necessario, affrontare il tema della morte per:

  • conoscerne gli aspetti fisiologici, psicologici e sociali
  • fare i conti con la propria mortalità
  • convivere con l’inevitabilità della fine della nostra vita
  • affrontare ed elaborare il lutto
  • dare supporto a chi ha perso una persona cara.

Educarci al morire: la death education

Nella società contemporanea, il tema della morte rappresenta spesso un tabù e questo mette tutti noi a rischio di non accettare di morire come evento naturale e inevitabile. A volte la visione di film dell'orrore o l'ascolto di storie criminali può essere un modo per avvicinarci a questi temi: ciò potrebbe spiegare perché siamo attratti dalle storie horror e dal true crime.

Poter condividere le proprie paure permette di uscire dall’isolamento e dall'ansia legata al non accettare la propria morte. Uno dei modi per imparare a farlo è la death education (DeEd).

Volendo darne una definizione, la death education è un approccio educativo e di prevenzione, rivolto a qualsiasi fascia d’età e fin dalla prima infanzia, mirato a sviluppare una serie di competenze di natura cognitiva, emotiva e relazionale, per comprendere e accettare la propria morte o quella dei propri cari.

La death education in Italia

In Italia la death education si sta sempre più diffondendo, sia nel mondo della scuola che dell’università. L’Università degli Studi di Padova, ad esempio, ha istituito il Master Death Studies & the End of Life (Dipartimento FISPPA), diretto da Ines Testoni. In collaborazione con questo master, la Fondazione ANT Italia Onlus ha dato il via al progetto di prevenzione a scuola “Cominciamo dalla fine. Death Education for a waking life”.

Nel 2007 è stata realizzata la prima rassegna culturale di death education, "Il Rumore del Lutto Festival", che ha avuto luogo a Parma da un’idea di Maria Angela Gelati e Marco Pipitone. Oggi questa iniziativa, giunta alla sua quindicesima edizione, si è estesa anche ad altre città italiane come Venezia, Treviso, Mantova, Piacenza, Reggio Emilia.

Zoe - Unsplash

Modelli teorici di riferimento nella death education

Per comprendere a fondo l'importanza della death education, è utile conoscere alcuni dei principali modelli teorici che ne guidano la pratica e la ricerca.

  • Terror Management Theory (TMT): questo modello, sviluppato dagli psicologi Jeff Greenberg, Sheldon Solomon e Tom Pyszczynski, suggerisce che la consapevolezza della nostra mortalità può generare ansia esistenziale. Secondo la TMT, le persone tendono a rafforzare le proprie convinzioni culturali e la propria autostima per gestire la paura della morte. La death education, in quest'ottica, può aiutare a riconoscere e affrontare questi meccanismi, favorendo una maggiore apertura e accettazione del tema (Greenberg et al., 1986).
  • Modello delle 8A: proposto da Ines Testoni, docente di Psicologia sociale presso l’Università di Padova, questo modello individua otto fasi (dette "A") che accompagnano il percorso di accettazione della morte: Awareness (consapevolezza), Acceptance (accettazione), Adaptation (adattamento), Action (azione), Affection (affetto), Altruism (altruismo), Autonomy (autonomia) e Actualization (realizzazione). Ogni fase rappresenta un passaggio fondamentale per integrare il pensiero della morte nella propria vita quotidiana.

Questi modelli offrono una cornice teorica solida per progettare interventi di death education personalizzati, che possono aiutare le persone a sviluppare risorse interiori per affrontare la paura della morte.

Tipologie di death education

La capacità di accettare la morte può essere sviluppata attraverso tre livelli di death education:

  1. death education per la prevenzione primaria: è volta a promuovere e fare accettare anche ai più piccoli l’idea della finitudine umana.
  2. death education per la prevenzione secondaria: può essere utilizzata per supportare chi è affetto da una malattia grave o chi la vive attraverso i propri cari.
  3. death education per la prevenzione terziaria: è volta a supportare chi sta elaborando un lutto.

Death education per la prevenzione primaria

Si tratta di programmi educativi destinati a persone che non prevedono di doversi confrontare in maniera imminente con la morte, definiti anche interventi di “Routine Death Education”.

Ne sono un esempio gli interventi di death education realizzati nelle scuole come “Che cosa sono le nuvole”, seminario di death education svolto con il patrocinio di Ausl Parma e dell'Università degli Studi di Padova, che ha coinvolto nel 2014 i ragazzi di alcune scuole di Parma. Grazie alla guida di un adulto è quindi possibile parlare di morte ai bambini e agli adolescenti, promuovendone in questo modo la salute mentale nel momento in cui dovranno confrontarsi con la perdita.

Death education per la prevenzione secondaria

Si tratta di percorsi di death education proposti a persone che si trovano a stretto contatto con la morte, come professioni sanitarie (infermieri, medici e psicologi) e persone che stanno affrontando una malattia terminale. Gli interventi pensati per le professioni sanitarie mirano a sviluppare le abilità di comunicazione sulla morte e la consapevolezza dei fattori di rischio per la salute mentale dei caregivers.

“Quando scompare qualcuno che ci è caro, paghiamo con mille cocenti rimpianti la colpa di sopravvivere. La morte ce ne svela la singolarità unica. Eccolo diventare vasto come il mondo: la sua assenza lo annulla per lui, e la sua presenza lo faceva sussistere intero; ci sembra che avremmo dovuto dargli più posto nella nostra vita: direi quasi, tutto il posto. Ci strappiamo a questa vertigine: era solo un individuo fra i tanti. Ma poiché non facciamo mai tutto il possibile, per nessuno – neppure nei limiti, discutibili, che ci siamo prefissi – sono ancora molti i rimproveri che dobbiamo rivolgere a noi stessi.”

Questo stralcio, tratto da “Una morte dolcissima”, racchiude le parole di una figlia assalita dal senso di colpa mentre sta perdendo sua madre: si tratta del racconto autobiografico di Simone de Beauvoir. La death education si rivolge quindi anche ai familiari, con lo scopo di evitare il caregiver burden e prepararsi alla morte del proprio caro, potendo lasciare andare il senso di colpa e pensare “non ho più paura”. Con la death education si interviene anche sui fattori di rischio che potrebbero esporre al lutto complicato.

Death education per la prevenzione terziaria

La prevenzione terziaria è rivolta alle persone che stanno affrontando un lutto e ha lo scopo di favorire l’elaborazione della perdita, anche e soprattutto attraverso il sostegno sociale. Le relazioni infatti rappresentano un'importante risorsa evolutiva per l’essere umano.

Possiamo affermare che gran parte del merito della nostra sopravvivenza come specie dipenda proprio dalla nostra capacità di vivere in società e di instaurare relazioni sociali stabili e durature. Morire, invece, è un atto solitario e ci mette di fronte all’unicità del nostro mondo interiore, che inevitabilmente siamo destinati a lasciare andare. Esistono due tipi di solitudine:

  • una relazionale, connessa alla mancanza o alla perdita dei legami affettivi;
  • una esistenziale, connessa al senso di vuoto che possiamo contattare quando pensiamo alla nostra morte.

This is Zun - Pexels

Modalità di erogazione dei programmi di death education

I programmi di death education possono essere proposti attraverso diverse modalità, adattandosi alle esigenze dei partecipanti e ai contesti di intervento.

  • Interventi di gruppo: questi percorsi favoriscono la condivisione delle esperienze e delle emozioni legate al tema della morte. Il confronto con gli altri può aiutare a normalizzare le proprie paure e a sentirsi meno soli.
  • Percorsi individuali: in alcuni casi, soprattutto quando la paura della morte è particolarmente intensa o legata a esperienze personali dolorose, può essere utile un percorso individuale con uno psicologo, che permette di esplorare in profondità i propri vissuti.
  • Formazione online: negli ultimi anni, anche grazie alla diffusione delle tecnologie digitali, sono nati numerosi corsi e laboratori online di death education. Questi strumenti rendono l’accesso più semplice e flessibile, raggiungendo anche chi vive in aree lontane dai centri specializzati.
  • Attività esperienziali: alcuni programmi prevedono attività pratiche come la scrittura di lettere, la creazione di oggetti simbolici o la partecipazione a rituali collettivi. Queste esperienze possono aiutare a elaborare emozioni complesse e a dare un significato personale al tema della morte.

La scelta della modalità più adatta dipende dall’età, dal contesto e dagli obiettivi specifici del percorso, ma tutte hanno in comune l’obiettivo di promuovere una maggiore consapevolezza e, in alcuni casi, serenità rispetto alla fine della vita.

Esempi di attività pratiche e risultati concreti

Le attività pratiche rappresentano il cuore dei programmi di death education, poiché permettono di trasformare la riflessione teorica in esperienza vissuta.

  • Laboratori di narrazione: in questi spazi, i partecipanti sono invitati a raccontare storie personali legate alla perdita o alla paura della morte. Questo processo può favorire l’elaborazione emotiva e la condivisione di vissuti spesso difficili da esprimere.
  • Simulazioni e role playing: attraverso la simulazione di situazioni reali, come il dialogo con una persona in lutto o la scrittura di un testamento simbolico, è possibile sviluppare competenze relazionali e imparare a gestire le emozioni legate alla fine della vita.
  • Riflessione guidata: alcuni programmi propongono esercizi di mindfulness o meditazione focalizzati sull’accettazione della transitorietà, che possono aiutare a ridurre l’ansia e a coltivare una maggiore presenza nel qui e ora.

Secondo una ricerca condotta dall’Università di Padova nel 2020, la partecipazione a laboratori di death education nelle scuole è stata associata a una riduzione significativa dei livelli di ansia legati alla morte e a un aumento della capacità di parlare apertamente del tema tra i ragazzi coinvolti (Testoni et al., 2020).

Possibili benefici specifici per diversi target

La death education può offrire benefici concreti e misurabili a seconda del gruppo a cui si rivolge.

  • Bambini e adolescenti: per i più giovani, affrontare il tema della morte in un contesto protetto può aiutare a sviluppare resilienza e a prevenire reazioni di ansia o disagio in caso di lutto. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Psychology nel 2021, i bambini che partecipano a programmi di death education mostrano una maggiore capacità di esprimere le proprie emozioni e una riduzione della paura della morte (Testoni et al., 2021).
  • Adulti: negli adulti, la death education può favorire una maggiore accettazione della propria mortalità e una migliore gestione delle emozioni legate alla perdita. Questo è spesso associato a una qualità della vita più elevata e a relazioni più autentiche.
  • Professionisti sanitari: per chi lavora in ambito sanitario, la formazione specifica sulla morte e sul lutto può ridurre il rischio di burnout e migliorare la capacità di accompagnare i pazienti e le loro famiglie nei momenti più delicati. 

E’ dunque fondamentale adattare i programmi alle esigenze specifiche di ciascun gruppo, per favorire i benefici e promuovere una cultura della consapevolezza e dell’accettazione.

La death education nelle scuole

La scuola è una delle principali agenzie educative della nostra società. Con la pandemia da Covid-19 tutti noi siamo venuti a contatto più da vicino con l’esperienza della morte, ragazzi e bambini compresi. Per la scuola questo ha significato rinnovare e ripensare il proprio ruolo nel far fronte ai bisogni emergenti dei propri studenti.

I laboratori di death education pensati per le scuole hanno il merito di creare uno spazio di condivisione e riflessione in cui alunni e insegnanti possano mettersi in gioco, sperimentando e costruendo insieme nuove consapevolezze. Ne sono un esempio i 15 workshop realizzati durante l’edizione 2020 de “Il Rumore del Lutto”, che ha coinvolto alcune scuole della città di Parma.

Molti pensano che la consapevolezza della morte possa portare a un’angoscia paralizzante. Una ricerca-intervento condotta dall’Università degli studi di Padova in tre scuole ha mostrato invece che la death education aumenta la capacità di pensare alla morte come un evento naturale e di parlare dei propri sentimenti e della propria progettualità futura. Qui il documentario dove queste esperienze sono state raccontate.

Death education in adolescenza

L’adolescenza è una fase del ciclo di vita in cui il confronto con la perdita rappresenta un fondamentale compito di sviluppo. I numerosi cambiamenti che l’adolescente affronta, come il lasciarsi alle spalle un’identità e un corpo bambino, insieme al distacco dai genitori, sono tutte esperienze che mettono i ragazzi e le ragazze di fronte alla perdita.

L’adolescente ha le capacità cognitive per rappresentarsi la morte e il morire. Tuttavia, in una società dove questi temi sono spesso un tabù, il rischio è che vengano lasciati da soli e si trovino impreparati ad affrontare gli eventi di vita legati alla finitudine umana. L’importanza di educare gli adolescenti alla morte emerge anche da studi recenti, come si legge anche nel libro “Scusatemi sono in lutto”, a pagina 21:

«il rifiuto della morte e del lutto è tra le cause principali di suicidio tra gli adolescenti, soprattutto nel Nord America. La mancanza palese dell’esperienza della morte tra i bambini e gli adolescenti contribuisce grandemente a suscitare curiosità. Ci sono giovani che si tolgono la vita sotto una spinta emotiva: non hanno compreso che la morte è irreversibile, senza ritorno…»

Il potere della connessione

Spesso, quando chiediamo aiuto, immaginiamo qualcosa di pratico che ci permetta di uscire da una situazione difficile. Ma ci sono esperienze che ci mettono di fronte all’impossibilità di fare qualcosa di concreto o di trovare una soluzione, e la morte è per antonomasia una di queste.

Di fronte all’impotenza e alla disperazione, la reazione che molti di noi possono avere è quella di isolarsi, per timore di “appesantire” gli altri con i propri sentimenti negativi. È proprio in questi momenti, invece, che assume valore quella che possiamo intendere come una delle attività umane più potenti: dare e ricevere conforto, che ci permette di sentirci profondamente connessi gli uni con gli altri.

Questo non risolve certo i problemi, ma ci offre la possibilità di uscire dal senso di vuoto e disperazione della solitudine esistenziale. Mi piace riassumere il senso del conforto in una frase:

“non posso fare niente per aiutarti, ma sono qui con te”.

SHVETS production - Pexels

Accettare la morte: l’aiuto dello psicologo

Come affrontare la paura della morte (tanatofobia) quando questa ci assale? Come possiamo utilizzare il potere della connessione per poter accettare, prima o poi, di morire, lasciare andare il nostro mondo e la nostra esistenza senza cadere nella disperazione dell’impotenza? Un modo per imparare ad accettare la propria morte è andare dallo psicologo.

Il primo degli esercizi che utilizzo spesso nella mia pratica clinica, proposto da Yalom, è quello dei cerchi nell’acqua:

  • immaginiamo per un istante la nostra vita come una goccia di acqua che cade all’interno dell’oceano sconfinato, rappresentato da tutte le altre vite: per il solo fatto di essere al mondo, inevitabilmente, abbiamo un impatto sugli altri;
  • possiamo prenderci qualche momento, in silenzio, per visualizzare intorno a noi, come cerchi nell’acqua, tutte le occasioni e tutti i modi in cui la nostra vita ha avuto un impatto su quella degli altri, e guardare questi cerchi continuare ad allargarsi ben oltre il punto di impatto.

Col supporto di uno psicologo, anche di uno psicologo online, è possibile contemplare la nostra esistenza nella sua unicità, inserendola nell’universo delle altre vite e riconoscere l’eredità che, spesso inconsapevolmente, lasciamo o abbiamo lasciato agli altri, costruendo uno sguardo nuovo e più benevolo di fronte al dover prima o poi lasciare andare tutto ciò che ci rappresenta e che siamo.

Libri sulla death education

Per approfondire il tema della death education e conoscere le iniziative italiane finalizzate all’educazione sulla morte e la sua accettazione, ecco alcuni suggerimenti bibliografici:

Affrontare la paura della morte con il supporto giusto

Accettare la morte e imparare a convivere con la sua inevitabilità può essere un percorso profondo, che può portare maggiore serenità e consapevolezza nella vita di tutti i giorni. Se senti che la paura della morte ti limita o ti fa sentire solo, ricorda che non sei costretto ad affrontarla da solo. Un percorso psicologico può aiutarti a esplorare queste emozioni, trovare nuove risorse interiori e, in alcuni casi, costruire un rapporto più sereno con la finitudine. Con Unobravo puoi trovare uno psicologo pronto ad ascoltarti e accompagnarti, anche online e nel rispetto dei tuoi tempi. Fai il primo passo verso una maggiore consapevolezza e benessere: inizia il questionario per trovare il tuo psicologo online.

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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