Di fronte a cibi considerati ingrassanti può nascere in noi un desiderio difficile da controllare, che sembra impossibile da ignorare. In quei momenti, rischiamo di sabotare un percorso di dimagrimento che, fino a poco prima dello “sgarro”, ci sembrava fondamentale. Quando cediamo alla tentazione, spesso emergono sensi di colpa e un senso di fallimento che può farci sentire incapaci e privi di forza di volontà.
Un cibo rassicurante
Proprio in questi momenti, quando ci giudichiamo deboli o incapaci, il cibo può acquisire un significato ancora più profondo e diventare altro:
- la coccola rassicurante della mamma
- il passatempo preferito
- la compagnia nei momenti di solitudine
- la gratificazione dopo una giornata difficile
- la carezza che non riceviamo da tempo
- la sedazione dei pensieri che affollano la mente
- la rabbia verso noi stessi: “odio vedermi mangiare ma non riesco a fermarmi, così mi nascondo per farlo”, oppure il senso di frustrazione che nasce dal pensare: “non riesco mai a fare la dieta, anche quando ci provo”.
Cosa fare se non riesco a fare la dieta – i primi passi per un cambiamento consapevole
L’Emotional eating, ovvero l’alimentazione emotiva o fame nervosa, è la risposta che diamo a situazioni emotivamente cariche e stressanti attraverso un’alimentazione incontrollata e ipercalorica, anche in assenza di fame. Si tratta della ricerca di cibo per ottenere coccole, rassicurazione, sollievo dalla tensione, distrazione o piacere.
Il cibo è questo e molto altro ancora!
Attribuiamo al cibo significati emotivi che non gli appartengono, e proprio da qui può iniziare il nostro percorso interiore. Questo rapporto complesso e intimo con l’alimentazione ci porta spesso a mangiare più del necessario e, inevitabilmente, ad aumentare di peso, con importanti ripercussioni sul benessere mentale.
È frequente, infatti, che una persona venga coinvolta nel ciclo della restrizione-disinibizione, fatto di diete ipocaloriche molto restrittive che, dopo pochi giorni o settimane, sfociano in abbuffate e perdita di controllo sul comportamento alimentare. Il risultato è che il rapporto con il cibo può diventare una vera e propria ossessione che, una volta instaurata, è difficile da abbandonare.
Questo accade spesso a persone che soffrono di disturbi alimentari come l'anoressia, la bulimia e il binge eating, o che vivono altre problematiche di salute mentale come l'ortoressia e la vigoressia.

Il problema non è la disinformazione
Molte persone che desiderano o devono seguire una dieta, sia per perdere peso sia per motivi di salute come la celiachia, sono spesso ben informate sulle regole alimentari e sui piani ipocalorici. Tuttavia, al di là delle conoscenze pratiche, comprendere e rafforzare le proprie motivazioni per intraprendere una dieta rappresenta spesso un elemento centrale nel percorso di cambiamento.
Nella maggior parte dei casi, sanno quali cambiamenti dovrebbero apportare alla propria alimentazione e sono consapevoli delle difficoltà che potrebbero incontrare. Tuttavia, la sola informazione spesso non basta.
Cambiare abitudini
Anche con una maggiore consapevolezza, ci si trova spesso di fronte allo stesso ostacolo: la difficoltà nel cambiare abitudini, anche quando sono dannose. Molte persone sanno cosa dovrebbero o non dovrebbero mangiare, ma faticano ad applicare il regime dietetico scelto o prescritto dal nutrizionista, rendendo difficile la cosiddetta “sostenibilità” del percorso alimentare.
C’è consapevolezza del bisogno di cambiamento, necessario sia per la salute che per il benessere della propria immagine corporea. Tuttavia, la parte meno consapevole può spingere a cercare il cibo anche quando non si avverte realmente fame.
Le fasi della dieta
Seguire una dieta porta a vivere diversi stati d’animo, che spesso si susseguono:
- All’inizio si prova un grande entusiasmo, alimentato da un obiettivo spesso poco realistico e dalla convinzione di poter raggiungere un certo peso in un tempo specifico;
- Si organizzano tabelle alimentari, si controllano rigidamente le calorie, si pesano gli alimenti, si eliminano gli spuntini e si affrontano sessioni di allenamento cardio con l’unico scopo di bruciare calorie;
- Col passare dei giorni, se l’obiettivo non viene raggiunto, si sperimentano frustrazione, stanchezza e delusione. Nella dieta si ripongono molte aspettative, alcune delle quali non riguardano solo il comportamento alimentare, ma diventano un catalizzatore di pensieri come: “se mangio meno, dimagrisco e sarò più felice”;
- Quando non si raggiunge il risultato sperato, arriva la delusione: ci si sente scoraggiati e si tende ad abbandonare gradualmente le restrizioni. Lo “sgarro” diventa l’occasione per lasciarsi andare, restituendo, anche solo per poco, una sensazione di libertà. Inizia così un circolo vizioso che si autoalimenta.
Per questo motivo, nella maggior parte dei casi, non è sufficiente trattare sovrappeso e obesità solo prescrivendo una dieta.

La dieta fa ingrassare?
La ricerca scientifica ha evidenziato che, nel lungo periodo, mettersi a dieta, soprattutto senza una preparazione psicologica adeguata, può portare a un aumento di peso: sembra paradossale, ma spesso l’obesità nasce o si aggrava proprio dopo tentativi di perdere peso che non tengono conto anche degli aspetti psicologici legati al cambiamento delle abitudini alimentari.
Alcuni studi mostrano che il 65% delle persone che seguono una dieta recupera tutto il peso perso entro tre anni. I numeri aumentano se la dieta è stata particolarmente restrittiva: solo il 5% riesce a mantenere il peso raggiunto.
I primi passi per un cambiamento consapevole
Per chi desidera iniziare a lavorare sul proprio rapporto con il cibo, può essere utile seguire una breve checklist di "primi passi":
- Osserva le tue abitudini: prendi nota di quando, come e perché mangi, senza giudicarti.
- Fissa piccoli obiettivi: scegli un cambiamento alla volta, come aggiungere una porzione di verdura al giorno o ridurre le occasioni di "mangiare distrattamente".
- Sii gentile con te stesso: accetta che il percorso non sarà lineare e che gli "sgarri" fanno parte del cambiamento.
- Cerca il piacere nel cibo: riscopri il gusto e la soddisfazione di mangiare, senza privazioni eccessive.
- Valuta il bisogno di supporto: se senti che da solo non riesci, considera l’idea di rivolgerti a uno specialista.
Questi semplici passaggi possono aiutare a muovere i primi passi verso un rapporto più sereno e consapevole con l’alimentazione.
Quando rivolgersi a uno specialista: il ruolo del professionista
Non sempre è facile capire quando sia il momento di chiedere aiuto. Alcuni segnali possono indicare che il supporto di uno specialista – come uno psicologo alimentare, un nutrizionista o un dietista – può essere particolarmente utile:
- Difficoltà persistenti nel gestire il rapporto con il cibo: quando il pensiero del cibo o del peso diventa centrale nella vita quotidiana e limita il benessere.
- Cicli ripetuti di diete e abbuffate: se si alternano periodi di restrizione a episodi di perdita di controllo, con conseguenti sensi di colpa e frustrazione.
- Impatto sulla salute mentale e fisica: quando l’alimentazione influisce negativamente sull’umore, sull’autostima o sulla salute generale.
- Presenza di sintomi di disturbi alimentari: come il bisogno di nascondere ciò che si mangia, il ricorso a comportamenti compensatori o l’isolamento sociale.
Rivolgersi a un professionista non significa "aver fallito", ma prendersi cura di sé in modo consapevole e responsabile. Il percorso terapeutico può essere personalizzato e integrato, coinvolgendo diverse figure per rispondere ai bisogni specifici della persona.
Consigli pratici per gestire la fame emotiva e cambiare abitudini
Affrontare la fame emotiva e modificare le proprie abitudini alimentari può richiedere tempo, pazienza e strategie concrete. Ecco alcuni suggerimenti pratici che possono aiutare nel percorso:
- Riconoscere i segnali della fame fisica ed emotiva: imparare a distinguere tra il bisogno reale di nutrirsi e il desiderio di mangiare per gestire emozioni come noia, ansia o tristezza.
- Tenere un diario alimentare-emotivo: annotare non solo cosa si mangia, ma anche come ci si sente prima e dopo i pasti può aiutare a individuare i momenti critici e i trigger emotivi.
- Praticare la flessibilità: concedersi piccoli piaceri senza sensi di colpa, evitando il pensiero "tutto o niente" che spesso porta a restrizioni eccessive seguite da abbuffate.
- Lavorare sulla motivazione: definire obiettivi realistici e sostenibili, focalizzandosi sul benessere generale e non solo sul peso.
- Cercare supporto: condividere il proprio percorso con persone di fiducia o con un professionista può fare la differenza nei momenti di difficoltà.
Questi passi, seppur semplici, possono rappresentare un primo aiuto concreto per chi desidera migliorare il proprio rapporto con il cibo.
Dati e numeri: quanto è diffuso il fenomeno delle diete in Italia?
Per comprendere meglio quanto il tema delle diete sia attuale, è utile guardare ai dati più recenti. Secondo l’Osservatorio Nestlé Foundation 2023, circa il 45% degli italiani adulti ha dichiarato di aver seguito almeno una dieta nell’ultimo anno, mentre il 30% afferma di essere costantemente a dieta o di pensare spesso di iniziarne una.
Nonostante l’impegno, la percentuale di successo a lungo termine resta bassa: secondo una ricerca pubblicata su "Obesity Reviews" (2022), solo il 20% delle persone che perdono peso con una dieta restrittiva riesce a mantenere il risultato per più di un anno. Questi numeri ci aiutano a capire quanto possa essere complesso il rapporto tra alimentazione, aspettative e benessere psicologico.
La psicologia viene in soccorso
Come possiamo imparare a “mangiare con la testa”? L’alimentazione intuitiva, insieme a un lavoro di ristrutturazione cognitiva, rappresenta la strada da percorrere una volta acquisita la consapevolezza che stiamo attribuendo al cibo molteplici significati.
Lo psicologo alimentare è il professionista adatto ad accompagnare la persona in un percorso di conoscenza ed elaborazione dei propri vissuti emotivi legati all’alimentazione.
Cosa fa uno psicologo specializzato in alimentazione?
Con il suo intervento, lo psicologo alimentare si occupa non solo di individuare i significati che ognuno di noi attribuisce al cibo, ma aiuta anche:
- a recuperare la percezione del senso di fame e sazietà;
- a gestire i comportamenti scorretti legati all’alimentazione;
- a modificare lo stile alimentare;
- a lavorare sulle credenze disfunzionali per acquisire nuove e più sane abitudini.
L’obiettivo finale non è tanto quello di ridurre drasticamente il peso corporeo, quanto quello di mantenerlo nel tempo. Ciò che conta davvero è imparare a dare voce al proprio peso e peso alla propria voce!
Se senti che il rapporto con il cibo sta diventando fonte di disagio o fatica, puoi trovare supporto con Unobravo: il nostro team di psicologi e professionisti specializzati è pronto ad accompagnarti in un percorso personalizzato, rispettoso delle tue esigenze e dei tuoi tempi. Inizia il questionario e fai il primo passo verso un rapporto più sereno con l’alimentazione.