Crescita personale
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La categorizzazione e gli errori di ragionamento

La categorizzazione e gli errori di ragionamento
La categorizzazione e gli errori di ragionamentologo-unobravo
Emanuele Murtas
Emanuele Murtas
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Sistemico-Relazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il



Il comportamento di categorizzazione è definito come l’atteggiamento innato nell’essere umano che permette di astrarre caratteristiche comuni ad oggetti appartenenti allo stesso insieme. Una volta astratte e sedimentate in memoria caratteristiche sufficienti, otterremo la formazione di schemi mentali, in grado di organizzare la realtà esterna per meglio affrontare le esperienze future. Come funziona la categorizzazione e come influisce nelle nostre scelte?

Quando categorizziamo?

Gli schemi mentali sono quelli che ci permettono di capire al volo, ad esempio, se ci troviamo davanti ad un quadrato o a una qualsiasi altra forma geometrica e, sempre velocemente, poterne astrarre le caratteristiche salienti (come le proprietà studiate a scuola) e contemporaneamente riuscire a riprodurlo e riconoscerlo anche quando questo è ruotato o ingrandito o di un altro colore.

Questo processo avviene costantemente nella vita dell’essere umano e ci permette di risparmiare risorse cognitive per le interazioni quotidiane, anche quelle sociali. Infatti, se da un lato gli schemi mentali permettono l’astrazione di certe proprietà, questi stessi ci permettono di prevedere un nostro comportamento o una risposta ad un certo stimolo, diventando così schemi di azione o “di comportamento”.

In questo modo, ad esempio, con il gruppo degli amici useremo certi schemi di comportamento differenti rispetto a quelli utilizzati con il gruppo famiglia, o in università o ancora con estranei appena conosciuti. Questa varietà di schemi ci permette quindi di avere reazioni adeguate alle molteplici situazioni in cui potremmo trovarci per adeguarne in questo modo il comportamento.

Positivi e Negativi, gli effetti di categorizzare

Gli effetti della categorizzazione sono diversi e non sempre positivi:

  • essa ci porta all’economizzazione dei processi mentali;
  • ma potrebbe farci giungere a generalizzazioni eccessive che quindi non rispecchino più la realtà esterna che ci troviamo innanzi.

In questo modo nascono, ad esempio, pregiudizi che spesso sfociano in atteggiamenti razziali.

Gli effetti della categorizzazione però non sono sempre negativi, anzi, aiutano spesso l’essere umano a condensare i processi mentali per facilitare la vita di ogni giorno. Queste scorciatoie di pensiero, chiamate euristiche dagli psicologi Tversky e Kahneman, ci sono estremamente utili, poiché ci permettono di prendere decisioni in modo rapido nel momento in cui si abbia poco tempo per decidere.

Polina Zimmerman - Pexels

Gli errori più comuni: falso positivo ed omissione

Parallelamente però, ci possono anche portare a commettere errori o bias cognitivi. Tra questi errori vi sono anche quelli di categorizzazione, fra i quali possiamo citare:

  • la tipologia del falso positivo, che si definisce come l’accettazione di una ipotesi quando in realtà questa è falsa, come ad esempio inserire in una certa categoria un elemento che non ne farebbe parte;
  • la tipologia di omissione, che è descritto come il mancato inserimento di un elemento nella sua categoria reale di appartenenza.

Rappresentatività: la categorizzazione più utilizzata

Una delle tipologie più conosciute e studiate di euristica è quella della rappresentatività. Questa viene definita come la tendenza che l’essere umano ha di attribuire caratteristiche simili ad oggetti o persone simili fra loro, anche nel caso di informazioni che invece suggeriscano una valutazione diversa. Per spiegare al meglio questo tipo di euristica Tversky e Kahneman utilizzarono il caso di Steve.


Il caso di Steve

In un esperimento, Steve veniva descritto come un ragazzo molto timido e incline a stare in disparte, pronto ad aiutare gli altri ma anche poco interessato al mondo circostante. Era definito remissivo ma con un forte bisogno di ordine e una forte passione per i piccoli dettagli.

A questo punto, si chiedeva ai partecipanti quale fosse la probabilità che Steve svolgesse una delle occupazioni presentate: contadino, venditore, pilota di aerei, bibliotecario o fisico. L’euristica della rappresentatività faceva in modo che i soggetti valutassero Steve più probabile come bibliotecario, proprio perché quel tipo di descrizione rispecchiava lo stereotipo del bibliotecario.


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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