Famiglia
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Fare spazio alle proprie emozioni

Fare spazio alle proprie emozioni
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Nunzia Giustiniani
Redazione
Psicologa Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Pubblicato il
7.2.2020

Le emozioni sono degli stati, dei segnali sia fisici che mentali che vengono attivati da qualcosa di interiore o esterno, e che rompono il nostro stato di “equilibrio interno”. Ci rendiamo conto di star provando un’emozione quando uno di questi segnali è un po' più forte e provoca quindi delle sensazioni fisiche marcate come ad esempio il battito cardiaco accelerato, un blocco allo stomaco, la sudorazione alle mani.


“Devo essere felice. Devo fare di tutto per essere felice. La vera vittoria nella vita è essere felici, sempre”

Quanto spesso è capitato di ripetere a noi stessi queste frasi? Si rincorre la gioia e si fugge il dolore per una vita intera sperando di farcela. Ma quanto spesso, in realtà, vinciamo? Io direi mai. Nessuno ama o accetta il dolore, eppure esiste. Quando riusciamo a guardarci dentro, provando gioia e dolore siamo sulla buona strada.

Ci sono momenti in cui siamo senza emozioni?

Noi proviamo sempre tutte le emozioni, ma in forma lieve, in modo che siano in equilibrio tra loro. Quando invece succede qualcosa che ci scombussola, una o più emozioni prendono il sopravvento, per questo le “sentiamo” di più. Tutte le emozioni fanno parte di noi, sempre e comunque. Le principali emozioni, convenzionalmente, sono cinque:

  • gioia;
  • tristezza;
  • rabbia;
  • paura;
  • disgusto.

Ognuna di esse è necessaria alla sopravvivenza. Hanno tutte un proprio “termometro emotivo” che le porta a variare di intensità, per questo non siamo sempre arrabbiati allo stesso modo o non proviamo sempre la stessa quantità di gioia: la loro intensità cambia in base all’interpretazione che diamo all’evento che viviamo.

Nina Uhlíková - Pexels

La gioia: cos’è e a cosa serve

La gioia ci dona uno stato di benessere, più o meno forte, per cui possiamo sentire il cuore che batte, ci sentiamo pieni di forza, pieni di vita. Ci piace provare gioia perché ci sentiamo bene ed effettivamente durante i momenti di felicità il nostro sistema funziona meglio, il nostro corpo e la nostra mente sono invasi di sostanze che creano piacere, motivo per cui cerchiamo la gioia nei momenti di sconforto.

I segnali principali della gioia sono: 

  • il sorriso;
  • le guance rosse o le fossette;
  • il cuore che batte;
  • il corpo pieno di energia;
  • la voglia matta di fare tante cose come abbracciare, saltare, correre, baciare e, a volte, addirittura piangere.

Così come per tutte le emozioni, il termometro della gioia può variare dal semplice stato di rilassamento all’eccitazione esagerata, l’euforia senza controllo. Possiamo essere gioiosi per diversi motivi:

  • estrinseci, cioè collegati a qualcosa che è successo fuori da noi;
  • intrinseci, cioè per qualche cosa che succede dentro di noi, come quando, ad esempio, riusciamo in una cosa nuova.
Anna Shvets - Pexels

Cos’è la tristezza e a cosa serve

La tristezza è un’altra emozione primaria, quella responsabile di stati di malessere più o meno intensi, in conseguenza ad eventi spiacevoli o percepiti come tali. Possiamo provare tristezza in seguito a un evento esterno o alla valutazione di un evento neutro, percepito come un danno. Anche per la tristezza c’è un termometro che varia in base al livello di intensità provato, dalla malinconia alla disperazione più profonda.

I segnali della tristezza sono: 

  • il pianto o la voglia di piangere;
  • la sensazione di chiusura, spesso allo stomaco;
  • la mancanza di voglia di stare in attività;
  • lo sconforto. 

Gioia e dolore: opposte ma entrambe fondamentali

La gioia e il dolore sono solo due sfaccettature che colorano la nostra vita, due lati della stessa medaglia. Ognuna persegue un unico scopo: migliorare la nostra esistenza. Detto così suona un po' bizzarro, eppure capita spesso che riusciamo a migliorare qualcosa della nostra vita dopo un profondo dolore e non dopo una grande gioia.

Questo accade proprio perché l’introspezione che i momenti di dolore ci regala, ci fa focalizzare su quanto accaduto e ci fa anche ricercare un punto di vista diverso. È questa voglia di trovare qualcosa di diverso che ci spingerà verso una novità e che migliorerà il nostro stato.

La continua lotta che mettiamo in atto quotidianamente per cercare di allontanare il dolore, in realtà, lo amplifica. E se cercassimo di ascoltarlo invece? Cosa ci direbbe? Magari potrebbe dirci cosa non ci piace, cosa non vogliamo e quindi potrebbe spianarci la strada verso cosa ci piace, cosa vogliamo e, automaticamente, portarci a vivere momenti di gioia.

Lisa- Pexels

A cosa serve gestirle se sono importanti?

Se queste emozioni sono tutte importanti e tutte sempre presenti, a che ci serve gestirle? La disregolazione emotiva, cioè l’incapacità di regolare l’intensità delle proprie emozioni, può presto diventare un problema. Possiamo star male per la troppa rabbia ad esempio, o per la troppa paura, ma anche per la troppa gioia, se questa ci può portare a fare scelte sconsiderate.

Gestire le emozioni, quindi, significa innanzitutto riconoscerle, accoglierle e ascoltarle. Come fare?

  • Non evitate un momento di dolore, perché la più grande delle gioie che state aspettando è nascosta lì dentro;
  • Osservate se quella che state provando è una gioia di intensità gestibile oppure è salita ai livelli di euforia e quindi c'è la possibilità di fare qualcosa di sconsiderato.

Accoglienza: l’equilibrio sta nel mezzo

Per poter gestire le nostre emozioni e non farci gestire da esse, è necessario prima di tutto accoglierle, viverle e tirarle fuori, esprimerle nel modo migliore per noi e, se ne abbiamo bisogno, con chi vogliamo.

Fare una passeggiata, parlare con un amico oppure piangere possono essere delle soluzioni valide. Anche ricercare l’aiuto di un terapeuta, se da soli non si riesce a far fronte a questo stato mentale, potrebbe essere una soluzione funzionale. Nessuna emozione è più o meno importante delle altre, ognuna è parte di noi, racconta qualcosa di noi ed è lì per comunicarci qualcosa.


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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