Gravidanza e maternità
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Genitorialità: tra bambino reale e bambino immaginato

Genitorialità: tra bambino reale e bambino immaginato
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Fabrizio Bosimini
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Psicoanalitico
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
6.2.2022



Diventare genitore è un’esperienza in grado di modificare profondamente la vita di una persona, in primo luogo per la donna attraverso la gravidanza e la maternità, ma certamente anche per l’uomo, che incarnerà poi la funzione paterna. Si tratta di una transizione graduale che prevede l'attraversamento di uno spazio liminale e che spesso si associa ad un profondo cambiamento della propria immagine, delle relazioni affettive più significative, ponendo il futuro genitore di fronte al bisogno di confrontarsi concretamente con un bambino immaginato distinto da quello reale. In questo articolo approfondiamo alcuni aspetti psicologici della gravidanza, della maternità e della paternità.


Il bambino immaginato ed il bambino reale

La maternità e la genitorialità si esprimono attraverso la complessa struttura di legami affettivi che si svilupperanno tra i genitori, a partire dalla propria storia personale e familiare. Con il procedere della gravidanza, mentre il corpo vive le sue trasformazioni, nella mente della donna compare il pensiero di diventare madre, attivando un ricco mondo fantasmatico che affonda le sue radici nel proprio passato infantile.

Nel corso della gravidanza, il proprio passato riemerge e traspare dalle fantasie materne a proposito del nascituro. Sta prendendo vita il “bambino immaginario” che, soprattutto dopo il terzo mese, quando vi sono più certezze riguardo all'andamento della gravidanza, assume caratteristiche molto profonde.

Entrambi i genitori immaginano il futuro bambino, sia fisicamente che caratterialmente, coltivando piccole aspettative che saranno basate sulle fantasie che si generano a partire dalla propria esperienza personale e familiare, ma anche in relazione al contesto sociale e culturale di appartenenza

Nel tempo, con le prime ecografie, accanto al bambino immaginario compare il “bambino reale”, con una sua forma, il suono del suo battito cardiaco, la sua attività motoria. Tutta la tecnologia al servizio dell’investigazione fetale ha trasformato radicalmente l’attesa del bambino. Essa, per citare le parole della psicanalista Anne-Marie Rajon, “sollecita il confronto tra il bambino immaginario e il bambino reale, rende sfuocati i confini del ‘fuori’ e del ‘dentro’: il feto diventa visibile e esposto allo sguardo”.

Sarah Chai - Pexels

Un “altro bambino”

Genitore e bambino reale sono, inizialmente, sconosciuti e può essere difficile e doloroso rendersi conto che dove ci si aspettava una sintonia automatica ed immediata, ci sono invece un rapporto ed una conoscenza quasi interamente da costruire. Questo bambino, concreto e vitale, è in definitiva “un altro bambino”.

Se l'esistenza delle fantasie sul nascituro è stata funzionale a preparare, durante la gravidanza, la donna alla futura relazione e a sviluppare in lei l'attaccamento verso il figlio, si capisce però come non possa avere influenza determinante dopo il parto sull'atteggiamento materno verso un bambino in realtà “diverso”. Il mondo mentale materno include ora la presenza di un figlio non più prodotto dalla fantasia, ma portatore di caratteri propri e particolari.

Diventare genitori

 La consapevolezza del proprio ruolo di padre e di madre non può prescindere da una riflessione su se stessi, sulle proprie emozioni, sui propri progetti di vita.

L’esperienza della nascita, della maternità e della paternità non è solo un evento circoscritto, ma un elemento esistenziale nell’esperienza di liberazione rigenerante del soggetto. Come sostiene il professor Francesco Mancini:

“E-sistere significa sporgersi e uscire da un grembo, appunto giungere alla nascita. L’esistenza è trascendenza patita, agita, incontrata, corrisposta”.
William Fortunato - Pexels

Una nuova esistenza

Avere un figlio, soprattutto il primo, costituisce la più importante crisi evolutiva dell’età adulta, spinge a confrontarsi:

  • con la propria capacità procreativa;
  • con la facoltà di assumersi responsabilità e di prendersi cura dell’altro.

La risoluzione positiva di questa crisi corrisponde ad un nuovo equilibrio e a nuove identità funzionali e soddisfacenti. Il modo di raggiungere tali conquiste può essere però molto diverso e più o meno doloroso.

L’attuale idea di famiglia presente nella società occidentale, espone molte coppie genitoriali ad aspettative e modelli irrealistici anziché prepararle a considerare la transizione alla genitorialità come un percorso esistenziale che deve essere accolto ed elaborato per:

  • il benessere dell’adulto
  • la serenità del nucleo familiare
  • il sano sviluppo del bambino.

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.

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