A chi non è capitato di chiedere riservatezza a un amico o di fornirla a propria volta per questioni di vario genere? Essere messi a parte di un segreto può far sentire gratificati ed importanti all’interno di una relazione, poiché la conoscenza del contenuto è concessa solo a pochi intimi e, quindi, far parte di questa cerchia ristretta di “privilegiati” può favorire un forte senso di appartenenza.
Altre volte però può far sentire vincolati, costretti all’interno di regole di segretezza che limitano i movimenti personali e relazionali, soprattutto se questi contenuti coinvolgono persone che si conoscono. Insomma, questo groviglio di fili non farà altro che, a lungo andare, rischiare di creare dei veri e propri nodi.
La parola segreto può avere diverse origini. Gli psicoterapeuti Camillo Loriedo e Chiara Angiolari, hanno individuato due possibili significati, entrambi facenti capo al termine latino cernere che significa “setacciare, passare al setaccio”, ossia quel procedimento agricolo attraverso il quale si separava il frumento dalla mondiglia.
I due autori mettono in luce due diverse connotazioni del termine “segreto” che derivano dalla trasformazione del verbo cernere: nel primo caso, introducendo il prefisso “se” (-cernere), il significato sarebbe di “separare per conservare”, destinato alla parte buona ed utile, il frumento (secretum); nel secondo, inserendo il prefisso “ex” (-cernere), assumerebbe il significato di “separazione per l’eliminare”, facendo particolare riferimento alla parte dannosa, lo scarto (excretum). Ecco che possiamo cogliere le due facce del segreto: una utile e protettiva ed una dannosa.
Prendere in considerazione la duplice e contrapposta natura della parola segreto ci permette di comprendere i diversi sentimenti, spesso contraddittori, che suscita in noi: a volte si tratta di piacevoli sentimenti di comunione, vicinanza, intimità e fiducia, altre volte di spiacevoli sensazioni di vincolo, controllo, esclusione, ricatto; in entrambi i casi è coinvolto l’Altro da noi.
Fin qui abbiamo analizzato le origini e il significato della parola segreto e abbiamo potuto osservare la componente che ne fa da fondamento: la relazione. Il segreto è un fenomeno che deve essere considerato evidentemente relazionale e infatti non esiste segreto se non vi è qualcuno a cui confidarlo, nasconderlo, rivelarlo o per cui custodirlo. Cerchiamo ora di capire più concretamente di che si tratta.
Camillo Loriedo e Chiara Angiolari offrono la seguente definizione di segreto:
“una conoscenza non comune (o superiore) di una o più informazioni (il contenuto), che abbiano particolare rilevanza, che siano in possesso di qualcuno (il detentore), ma che riguardino l’altro (il destinatario) e che gli vengono tenute nascoste tramite dissimulazione o occultamento, ovvero possono essere svelate (rivelazione)”.
Al fine di comprenderla più approfonditamente andiamo ad osservare più da vicino le varie parti di cui è composta questa complessa spiegazione.
Per ogni componente del segreto sembra evidente l’aspetto profondamente relazionale. Il segreto, quando è presente, è costitutivo della relazione, la definisce completamente: intreccia i nodi che andranno a caratterizzarla, nei suoi ruoli di potere, nei suoi movimenti interni e verso l’esterno, e anche quando con la rivelazione sembra trovarsi di fronte al momento di scioglierli ecco che ci si ritrova a rivoluzionare completamente l’equilibrio.
Abbiamo visto come nel caso del segreto si tratti di una “privazione” non autorizzata (per quanto alcune volte possa essere benevola) di informazioni che riguardano (e quindi appartengono) l’altro. Il riserbo, invece, pone l’accento su ciò che è proprio e si riferisce ad un “custodire”; riguarda quindi il detentore e nessun altro. È estremamente importante per la persona fare questo passaggio di conservazione di ciò che gli appartiene in quanto consente lo sviluppo della propria identità, aiuta a definire chi si è.
Molto spesso accade, soprattutto all’interno della famiglie, che si decida di tenere all’oscuro una persona in merito ad informazioni che la riguardano (ad esempio una brutta malattia) con la sincera intenzione di proteggerla da una notizia che a parer loro potrebbe nuocergli, a maggior ragione quando la persona in questione viene considerata troppo debole per sostenerla. Ciò è tuttavia frutto della sola e arbitraria valutazione del detentore del segreto e potrebbe perciò trovare in disaccordo il destinatario.
Nonostante la protezione sia attuata con intenzioni marcatamente benevole, può ugualmente produrre un danno all’altra persona. Ci sono segreti che possono provocare veramente un danno patogeno, e in questo caso parliamo di quelli che interessano le relazioni familiari, in cui il danno, alla persona o alla relazione, può arrivare anche a concorrere nell’insorgenza di alcune patologie. L’alterazione del funzionamento familiare può essere transitoria, oppure divenire una modificazione strutturale del sistema e quindi l’impalcatura fondante le relazioni.
Arrivati a questo punto sembra chiaro l’aspetto relazionale alla base del segreto: i rapporti umani possono influenzare il peso del segreto e viceversa il peso reale, o presunto, del segreto può condizionare i rapporti. Se i segreti assumono importanza nel tipo di relazione in cui si presentano, piuttosto che relativamente al contenuto, possiamo comprendere quale impatto emotivo profondo possa avere all’interno delle nostre relazioni più significative, ossia quelle familiari.
Quando il segreto entra a far parte del sistema familiare è probabile che ciascun membro presenti, in misura e modalità diverse, gradi di sofferenza più o meno evidenti. E non potrebbe essere altrimenti all’interno di questi intricati nodi fatti di pensieri, emozioni, sofferenze, ricatti, vincoli, camuffamenti.
Per districare i nodi potrebbe essere risolutivo intraprendere un percorso di terapia familiare che coinvolga tutti i membri della famiglia con uno specialista del settore, come uno psicologo online Unobravo.