La capacità di regolare le emozioni si sviluppa all’interno della relazione caregiver-bambino, quando i cambiamenti di stato del bambino, come fame o sonno, vengono colti adeguatamente da chi si prende cura di lui momento per momento.
Il bambino piccolo impara a regolare gli affetti prima ancora di imparare a parlare, all’interno del legame di attaccamento: questo si potrebbe considerare come il primo step nella conquista dell’abilità di regolare le emozioni. Quando, in maniera ripetuta e sistematica, questa sintonizzazione adulto-bambino non avviene, l’esito può essere un deficit nella regolazione delle emozioni.
Cos’è la mentalizzazione?
La mentalizzazione è un’abilità sofisticata che progredisce durante lo sviluppo e si può considerare il secondo step nella capacità di regolare le emozioni. La sua acquisizione avviene in maniera complessa ed è influenzata da numerosi fattori che riguardano la qualità dell’attaccamento con le figure genitoriali. Essa implica l’abilità di:
- regolare le emozioni
- riconoscerle
- poterle pensare
- fare dei ragionamenti su di esse.
Mentalizzare significa “tenere in mente la mente” (la propria e quella degli altri), comprendere i fraintendimenti, vedere sé stessi dall'esterno e gli altri dall'interno. È la capacità di usare il proprio pensiero in modo vivace e flessibile e permette di:
- costruire e distruggere
- simbolizzare, associare e creare connessioni
- fare piani, fantasie e sogni.

Cosa succede quando la mentalizzazione è carente?
Un deficit nella capacità di mentalizzare comporta una difficoltà:
- nella regolazione delle proprie emozioni
- nel comprendere e riconoscere le emozioni degli altri
- nel controllare gli impulsi.
Si tratta quindi di difficoltà o carenze che riguardano sia le emozioni sia i pensieri, spesso presenti contemporaneamente. Nel disturbo istrionico di personalità, ad esempio, l'emozione della rabbia o la gioia possono essere espresse in maniera incontrollata e plateale, anche per eventi di scarso rilievo.
Per comprendere meglio cosa significa avere difficoltà di mentalizzazione, può essere utile osservare alcune situazioni concrete. Ad esempio, nelle relazioni interpersonali, una persona può reagire con rabbia intensa a un commento percepito come critica, senza riuscire a riflettere sulle reali intenzioni dell'altro, portando così a litigi frequenti e incomprensioni. Studi recenti hanno evidenziato che, in particolare tra i preadolescenti, sia i bulli sia le vittime mostrano una ridotta capacità di mentalizzare la rabbia rispetto ai loro coetanei che non sono coinvolti in dinamiche di bullismo (Pedditzi et al., 2022).
Inoltre, chi fatica a mentalizzare può sentirsi "sopraffatto" da emozioni come ansia o tristezza, senza riuscire a identificarne la causa o a parlarne con chiarezza. In assenza di mentalizzazione, si può anche tendere ad attribuire intenzioni negative agli altri, pensando che agiscano spesso con ostilità o malevolenza anche quando non è così, generando isolamento e conflitti. Questi esempi mostrano come la carenza di mentalizzazione possa influenzare profondamente la qualità della vita quotidiana e delle relazioni.
La ricerca clinica ha evidenziato che una carenza di mentalizzazione è spesso presente in diversi disturbi psicologici. Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), nel disturbo borderline di personalità le difficoltà di regolazione delle emozioni sono un aspetto centrale; nel disturbo istrionico di personalità prevalgono eccessiva emotività e ricerca di attenzione.
Studi longitudinali indicano che difficoltà nella mentalizzazione rappresentano un predittore negativo significativo del benessere psicologico a distanza di 12 mesi (Schwarzer et al., 2024), sottolineando l’importanza di questa capacità nei processi di recupero e adattamento. In clinica, nel disturbo borderline di personalità, le persone possono sperimentare emozioni molto intense e instabili, con difficoltà a comprendere le proprie reazioni e quelle degli altri, il che può portare a comportamenti impulsivi e relazioni turbolente. Nel disturbo istrionico di personalità, invece, si osserva una tendenza a esprimere le emozioni in modo eccessivo e teatrale, spesso senza una reale consapevolezza dei propri stati interni. Secondo Peter Fonagy, psicoanalista e ricercatore, la mentalizzazione è un fattore chiave per il benessere emotivo e relazionale (Fonagy et al., 2002). Quando questa capacità è compromessa, il rischio di sviluppare difficoltà psicologiche aumenta.
Difficoltà nella gestione delle emozioni
In assenza o carenza di mentalizzazione, la gestione delle emozioni può risultare difficile perché non si riesce a contenerle, tollerarle o dar loro senso. Si tratta di un continuum di difficoltà che vanno dall’inibizione alla disregolazione emotiva, cioè da una sorta di “scollegamento” a veri e propri “scoppi” emotivi.
Si possono quindi provare emozioni intense tali da essere esplosive, vissute come troppo forti o troppo dirompenti. In questi casi si verifica una concomitante “perdita di pensiero”: in assenza di regolazione emotiva può accadere di smarrirsi in un caos di sentimenti.

Troppa emotività…
L’emotività può essere così forte e intensa da compromettere la capacità di pensare e comprendere gli stati mentali propri e altrui. Può trattarsi di una condizione costante oppure essere circoscritta a situazioni particolari. Ad esempio, a chiunque può capitare di perdere la capacità di riflettere quando "viene premuto il bottone". Possiamo infuriarci, incolpare e gridare a seconda di ciò che ci attiva. Possiamo cadere nella disperazione, nel terrore o nel dolore.
… o troppo poca
All’estremo opposto si può sperimentare un’inibizione emotiva: si tratta di una sorta di “soppressione” delle emozioni. In questi casi c'è una mancanza di parole per riconoscere, esprimere e differenziare le emozioni e dar loro significato. Il pensiero tende ad essere rigido oppure “scollegato” dall’emotività, le difficoltà sono attribuite a circostanze esterne e materiali piuttosto che a fattori psicologici, la fantasia è povera o assente così come i sogni.
Aumentare le capacità di mentalizzazione
È possibile migliorare l’abilità di mentalizzare in diversi modi, ad esempio attraverso semplici esercizi quotidiani che favoriscono la consapevolezza di sé e degli altri. Tra questi, gli esercizi su di sé consistono nell’auto-osservazione e nella concentrazione sulle proprie emozioni: è utile soffermarsi su ciò che si sta provando nel momento presente e cercare di formulare delle teorie sui bisogni, desideri, motivazioni e intenzioni che sottendono quella particolare emozione. Parallelamente, gli esercizi sugli altri invitano a selezionare un comportamento di una persona che ci ha colpito, per poi ipotizzare quali emozioni, intenzioni, desideri, bisogni o motivazioni possano averlo generato. Studi recenti hanno evidenziato che programmi strutturati, come il TiM-C, possono produrre miglioramenti significativi nella metacognizione, nelle strategie di regolazione delle emozioni e nelle competenze di Teoria della Mente già nei bambini di seconda elementare (Lombardi et al., 2022), suggerendo così l’efficacia di interventi mirati per potenziare queste capacità fin dalla giovane età.

Negli ultimi anni, diversi studi hanno suggerito che è possibile migliorare la capacità di mentalizzare attraverso interventi mirati. Ad esempio, la Mentalization-Based Therapy (MBT), sviluppata da Anthony Bateman (psichiatra) e Peter Fonagy (psicoanalista), si è rivelata efficace nel trattamento di disturbi come il disturbo borderline di personalità (Bateman & Fonagy, 2008). Inoltre, la mentalizzazione si è dimostrata utile nel ridurre i problemi internalizzanti proprio grazie al suo ruolo nella regolazione delle emozioni (Parolin et al., 2023). Secondo una revisione pubblicata su "The American Journal of Psychiatry" (Bateman & Fonagy, 2009), le persone che hanno seguito percorsi di MBT hanno mostrato una significativa riduzione dei sintomi e un miglioramento nella gestione delle emozioni e delle relazioni interpersonali. Questi risultati suggeriscono che lavorare sulla mentalizzazione, sia attraverso esercizi individuali che con il supporto di un professionista, può contribuire a portare benefici concreti e duraturi.
Quando può essere utile rivolgersi a uno psicologo
Riconoscere quando è il momento di chiedere aiuto è un passo importante verso il benessere. Può essere utile rivolgersi a uno psicologo quando:
- Le emozioni risultano ingestibili: se si sperimentano frequentemente emozioni troppo intense o, al contrario, una sensazione di vuoto emotivo che impedisce di vivere serenamente la quotidianità.
- Le relazioni sono fonte di sofferenza: difficoltà a comprendere sé stessi e gli altri possono portare a conflitti ricorrenti, isolamento o incomprensioni che si ripetono nel tempo.
- Si fatica a dare un senso ai propri vissuti: quando si ha la sensazione di non riuscire a capire cosa si prova o perché si reagisce in un certo modo, e questo genera disagio o confusione.
Un professionista può aiutare a esplorare questi vissuti in un ambiente sicuro e non giudicante, favorendo lo sviluppo di nuove strategie per comprendere e gestire le emozioni.
E se si ha bisogno di aiuto?
La psicoterapia è un'altra modalità con cui cercare di incrementare l’abilità di mentalizzare. Il lavoro terapeutico si muove innanzitutto dalla costruzione di una relazione di fiducia, in cui ci si possa sentire accolti e compresi. Esso può svolgersi nel “qui e ora”, facilitando ed agevolando l’espressione, l’accoglienza e la comprensione di ciò che si prova durante la relazione terapeutica.
In generale l’obiettivo è quello di:
- nei casi di disregolazione: creare uno spazio di riflessione tra l’emozione e il comportamento, per accogliere e comprendere le emozioni senza che queste diventino paurose o dirompenti.
- nei casi di inibizione: creare un ponte tra il pensiero e il sotterraneo mondo emotivo, per poter dare un nome, riconoscere e vivere le emozioni negate.
Se senti che le difficoltà nella gestione delle emozioni o nella comprensione di te stesso e degli altri stanno influenzando la tua quotidianità, ricorda che non sei solo. Un percorso di psicoterapia con Unobravo può aiutarti a sviluppare nuove risorse per affrontare le sfide emotive e relazionali. Inizia il questionario e trova il professionista più adatto alle tue esigenze: fare il primo passo può essere un atto di cura verso te stesso.









