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Le crisi traumatiche: diventare genitori di un bambino disabile

Le crisi traumatiche: diventare genitori di un bambino disabile
Le crisi traumatiche: diventare genitori di un bambino disabilelogo-unobravo
Samantha Provenzano
Samantha Provenzano
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il


La vita insieme ad un bambino disabile richiede una riorganizzazione dell’ambiente fisico, familiare e sociale: 

  • una nuova organizzazione della casa e gestione del tempo; 
  • un progetto di vita familiare riscritto in funzione della disabilità;
  • un nuovo modo di stare in relazione con l’altro: nuove dinamiche inter-familiari e, in molti casi, un isolamento sociale esterno come evitamento di tutto ciò che è evidenza del fatto che si è un genitore diverso di un bambino diverso.

I genitori in attesa hanno in mente un bambino ideale, che racchiude in sé tutti i loro desideri e le loro aspettative. Nel momento in cui nasce, colui che viene al mondo metterà in crisi questa immagine, poiché è nato con le sue personali potenzialità.

Come afferma lo psicoanalista Paul-Claude Racamier, i genitori dovrebbero abbandonare l’immagine del bambino “eccezionale”, che ha il compito di compensare la loro fragile autostima. I genitori del bambino disabile, tuttavia, sono costretti a rivedere anche un’altra parte del bambino immaginato, quella caricata di comuni aspettative e desideri

  • che cresca sano;
  • che instauri delle buone relazioni con gli altri;
  • che trovi un lavoro;
  • che abbia una famiglia;
  • che sia autonomo.
Tatiana Syrikova - Pexels

Dall’incredulità alla consapevolezza

È necessario che i genitori attraversino la crisi per raggiungere un equilibrio, in cui trovare piena consapevolezza della realtà che stanno vivendo. Questo equilibrio spesso non ha niente a che vedere con quello precedente o immaginato. Vediamo insieme quali sono le fasi della crisi.


1) L’annientamento del pensiero e la negazione

I genitori increduli sono investiti da pensieri come “Che cosa è successo? Com'è possibile che il mio bambino sia diverso dagli altri? E perché proprio lui?”. Lo shock lascia poi il posto alla negazione, accompagnata dall’idea che c’è stato uno sbaglio.


2) La disperazione e lo sconforto

La ribellione e la rabbia verso tutto e tutti è l’unico modo, nella fase iniziale, per non lasciarsi sopraffare dalla disperazione. I vissuti del genitore, tuttavia, spesso sono l’isolamento e l’intolleranza a normali stati emotivi come il senso di colpa, la perdita di sicurezza e l’impotenza. È facile che la rabbia si ritorca contro il sé: pensiamo, ad esempio, alla madre che mortifica la sua autostima definendosi portatrice sana di anomalie, non in grado di trasmettere la vita.


3) La rassegnazione e il nuovo piano di vita

Quello che all’inizio sembrava uno scherzo, qualcosa di sbagliato e passeggero, si trasforma in questa fase nella consapevolezza che si tratta di un’esperienza reale e irreversibile. Il genitore non si rassegna alla disabilità ma alla sua presenza. Nell’ottica dell’accettazione, cambia ciò che può essere cambiato e smette di lottare contro ciò che invece non può esserlo, liberando le energie spese in uno scontro impari, per destinarle a nuovi progetti di vita.

RODNAE Productions - Pexels
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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