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Lifetrap e coping: resa, fuga e attacco

Lifetrap e coping: resa, fuga e attacco
Lifetrap e coping: resa, fuga e attaccologo-unobravo
Giulia Divetta
Giulia Divetta
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il

Avete mai la sensazione che in voi ci sia qualcosa di sbagliato, che nessuno potrebbe mai amarvi e accettarvi se vi conoscesse veramente? Pensate di non valere nulla o di non potercela fare da soli? Vi siete accorti che, nonostante l’approvazione sociale, continuate a sentirvi infelici, non realizzati o immeritevoli? Problemi come questi vengono definiti lifetrap: trappole che influenzano i nostri pensieri, sentimenti e azioni in maniera manifesta o più nascosta, guidando silenziosamente le nostre esperienze di vita. Secondo la Schema Therapy, sviluppata dallo psicologo Jeffrey Young, le lifetrap, anche dette schemi o trappole, sono costituite da:

  • pensieri
  • emozioni
  • ricordi
  • sensazioni somatiche

che sono dolorosi e disfunzionali e finiscono con il tenerci ancorati a situazioni problematiche.

L’origine degli schemi

Gli schemi hanno inizio con qualcosa che ci accade nell'infanzia o adolescenza, come l’abbandono di un genitore, critiche continue oppure un atteggiamento iperprotettivo nei nostri confronti, tipico dei cosiddetti "genitori elicottero". Tuttavia, lo schema finirà per diventare parte di noi, così che, anche molto tempo dopo aver lasciato la nostra casa d’origine, continueremo a “leggere” noi stessi e il rapporto con gli altri in base al nostro schema.

Secondo Young, gli schemi derivano dalla frustrazione di almeno uno dei bisogni fondamentali per l’essere umano:

  • il bisogno di protezione, stabilità, cura e accettazione
  • il bisogno di autonomia, senso di competenza e d’identità
  • il bisogno di esprimere le emozioni fondamentali
  • il bisogno di spontaneità e gioco
  • il bisogno di limiti e controllo.
Helena Lopes - Pexels

In base ai bisogni frustrati, Young identifica ben 18 schemi raggruppati in 5 macrocategorie:

  1. distacco e rifiuto
  2. mancanza di autonomia e di abilità
  3. mancanza di regole
  4. orientamento all’altro
  5. ipercontrollo e inibizione.


Le strategie per affrontare le lifetrap

Ogni persona fa fronte in modo diverso a queste trappole, in parte in base al temperamento che ha sin dalla nascita, ma in parte anche in base al tipo di strategia adattiva (coping) che sceglie di usare. Young identifica tre stili di coping: la resa, la fuga e il contrattacco.


La resa 

Con la resa facciamo in modo che la trappola venga mantenuta in vita:

  • distorciamo la nostra visione delle situazioni in modo da confermare la trappola;
  • reagiamo con sentimenti intensi ogni volta che lo schema viene attivato;
  • scegliamo partner e situazioni che lo rinforzano.

Se nella nostra famiglia di origine siamo stati trascurati, dominati, sgridati o criticati di continuo, sarà questo l’ambiente che ci apparirà più adeguato. La vera essenza della resa è quindi riuscire a organizzare la propria vita con modalità tali da continuare a ripetere i modelli dell’infanzia. Essa prolunga così quella situazione fino alla nostra vita adulta, facendoci sembrare di non poter cambiare. Tutto quello che conosciamo è la trappola dalla quale non riusciamo a fuggire, come un ciclo che si autoperpetua.

Vladislav Murashko - Pexels


La fuga

Ricorrendo alla fuga:

  • evitiamo di pensare alla trappola;
  • cerchiamo di sopprimere le emozioni con droghe, cibo o farmaci, oppure lavorando senza pausa;
  • evitiamo le situazioni che potrebbero attivare la trappola, in modo da rifuggire interi aspetti della vita in cui ci si sente vulnerabili ed esposti.

Poiché ogni volta che qualcosa fa scattare la trappola veniamo sommersi da sentimenti negativi come la tristezza, la vergogna, la rabbia, siamo indotti a fuggire dal dolore per non affrontare i nostri sentimenti autentici, rimanendo così in una condizione di stallo.


Il contrattacco

Con il contrattacco:

  • sperimentiamo il sentimento opposto a quello provato da bambini;
  • controbilanciamo la trappola convincendo noi stessi e gli altri che è vero il contrario;
  • sentiamo, pensiamo e agiamo come se fossimo speciali, superiori e perfetti, aggrappandoci disperatamente a questa immagine di facciata.

Questa strategia di fronteggiamento è una via di uscita dall’estrema vulnerabilità associata alla nostra trappola, ci aiuta ad andare avanti. Ma, quando utilizzata in maniera rigida, si ritorce contro di noi e finisce per farci del male. In questo modo si hanno difficoltà a instaurare rapporti basati su una reale intimità, perdiamo la capacità di fidarci, di esporci e di stabilire legami profondi.

“Il cambiamento richiede disponibilità alla sofferenza: è necessario affrontare ripetutamente la trappola e comprenderla” J. Young


Abbiamo visto quali possono essere i modi per far fronte ai sentimenti associati agli schemi sviluppatisi durante l’infanzia e mantenuti nella vita adulta. È indispensabile imparare a cambiare questi stili di coping per liberarci dalle trappole e stare di nuovo bene.


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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