Nella nostra società, il rapporto con il tempo è diventato una delle principali fonti di stress: senza dubbio il tempo scorre più velocemente man mano che gestiamo più comunicazioni, come l’era digitale ci sollecita a fare. Possiamo essere in contatto con chiunque o con qualunque cosa, ma non molto in contatto con noi stessi. E, peggio ancora, potremmo essere talmente tanto assorbiti e occupati da questo incessante fare da non rendercene conto.
Proviamo ad esaminare le ragioni psicologiche per le quali oggi il tempo può diventare una fonte di stress e a mettere a fuoco alcune strategie utili per liberarsi dalla tirannia del suo inevitabile scorrere.
Il tempo è sempre stato un mistero. In certe fasi della nostra vita abbiamo costantemente la sensazione di non averne a sufficienza per fare tutte le cose che dovremmo fare. In altre, invece, sembra non passare mai: ore e giorni appaiono interminabili, oppure possono capitare situazioni in cui, per rendere l’idea, è utile una citazione di Einstein:
“un minuto può sembrare un’ora se sei seduto su una stufa rovente, mentre un’ora può sembrare un minuto se sei assorto nel tuo passatempo preferito.”
La percezione che si può avere del tempo può essere particolarmente stressante in due casi:
Sotteso ad entrambe le rappresentazioni del tempo, vi è un senso d’urgenza o di fretta: è questo a rendere il tempo una potenziale fonte di stress.
Si tratta della tendenza a percepire un senso di urgenza in quello che si fa e quindi ad accelerare tutte le proprie attività:
Per molti di noi è diventato uno stile di vita. La normalità è diventata l’essere mossi ogni giorno dai nostri obblighi, dalle responsabilità, praticare il multitasking per poi cadere esausti nel letto la sera, oppure non riuscire a rilassarsi.
Abbiamo molte deadlines: quelle imposte dal lavoro, quelle imposte dagli altri e altre ancora che ci imponiamo noi stessi. Possiamo essere talmente tanto stressati che spesso facciamo quel che facciamo solo per “togliercelo di mezzo”, cancellarlo dalla lista delle cose da fare.
Non a caso si chiamano deadline, il termine inglese per indicare le scadenze che riprende la parola dead “morte”. Forse è sapere che moriremo la causa ultima della nostra corsa contro il tempo, la nostra “scadenza”.
Tuttavia, se non facciamo attenzione, rischiamo di perdere la cosa più preziosa e più facilmente dimenticata in tutto questo processo orientato dal pilota automatico del fare: l’esperienza vissuta nel corpo di colui che fa tutto questo fare, in definitiva la sfera dell’essere.