Espatrio e vita all’estero
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Mi sento un pesce fuor d’acqua: lo shock culturale

Mi sento un pesce fuor d’acqua: lo shock culturale
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Raffaella Papa
Redazione
Psicoterapeuta Analitico-Transazionale
Unobravo
Pubblicato il
7.2.2020

Vivere all’estero è il più delle volte un’esperienza entusiasmante: nuove opportunità, nuovi stimoli, nuovi ambienti. Ma, soprattutto in alcuni momenti, può accadere che si provino sensazioni di disagio e si viva qualche fatica. Potrebbe trattarsi di shock culturale.

Shock culturale: cos’è e cosa significa

Tra i primi autori a occuparsi di shock culturale troviamo l’antropologo Oberg, che nel 1960 descrive la sensazione caratteristica di chi vive questa condizione, ovvero quella di chi, in seguito ad una relocation si sente come “un pesce fuor d’acqua”. Questa sensazione di spaesamento deriva dal fatto che ci si trova rapidamente a dover gestire una situazione completamente nuova, un po’ come se fosse il primo giorno di scuola.

Quando ci spostiamo da un paese all’altro, ancor più se ci spostiamo da un continente all’altro, la complessità degli stimoli è grande. E questo vale ancora, anche se viviamo in un mondo sempre più globalizzato. Se conosciamo la lingua locale siamo agevolati, ma il processo comunicativo è fatto anche di messaggi non verbali, a volte ancora più difficili da interpretare rispetto alla lingua stessa.

Un ruolo importante può essere giocato anche dalla percezione di avere un corpo straniero, cioè di portare tratti somatici che indicano immediatamente un’appartenenza estranea. Capiamo bene come spostarsi da un luogo ad un altro non sia tutto rose e fiori. 

Daniel Tong - Unsplash

Mi sono trasferito. E ora?

Oberg ha descritto le 4 fasi che si possono attraversare nel processo di adattamento ad una nuova cultura. Eccole di seguito:

  1. Luna di miele: è quello che ci può’ capitare anche quando facciamo un viaggio. Arriviamo in un posto nuovo e ci sentiamo profondamente curiosi, affascinati e siamo interessati alla cultura locale. 
  2. Crisi: le differenze comunicative e culturali portano a sperimentare sentimenti di inadeguatezza e frustrazione, in qualche caso anche rabbia. In questa fase è molto comune sentire il bisogno di stare con persone della nostra stessa nazionalità.
  3. Ripresa: iniziamo a conoscere meglio la nuova cultura e i sentimenti negativi iniziano a perdere intensità. In questa fase è molto comune iniziare a trattare le proprie difficoltà con un pizzico di ironia.
  4. Adattamento: ci sentiamo a nostro agio nel nuovo contesto e stiamo “bene nei nostri panni”.


Mi sento un pesce fuor d’acqua: cosa fare?

Riconoscere le nostre emozioni e dare loro un senso è un punto di partenza fondamentale per il nostro benessere. Sapere che ansia, disagio, stress, tristezza e rabbia possono essere comuni quando ci si sposta da un paese all’altro ci aiuta ad accettarle.

In questo modo abbassiamo il volume di quella voce interiore che in Analisi Transazionale chiamiamo Genitore Critico e che potrebbe suonare più o meno così: “Hey, ma hai realizzato il tuo progetto? Cosa vuoi di più!” oppure “Hai voluto la bicicletta, adesso pedala!!!” o ancora “Non sei mai contento, non starai bene da nessuna parte”. Questi sono solo alcuni esempi delle critiche che potremmo muoverci una volta realizzato un progetto di relocation, di solito preparato a lungo e desiderato.

Alexandra Kirr - Unsplash

Per affrontare lo shock culturale, potrebbe essere utile anche:

  • Partecipare ad incontri sulla cultura del paese ospitante prima di partire. Di solito le istituzioni universitarie e le aziende multinazionali ne propongono alcuni, così come i consolati e le camere di commercio.
  • Leggere libri e guardare film scritti e diretti da autori del paese ospitante può aiutare a prendere confidenza in maniera piacevole e in un contesto “protetto” con gesti, rituali e tradizioni.
  • Cercare gruppi per expat nel paese ospitante. In molte realtà esistono gruppi per facilitare la rete e lo scambio di esperienze tra stranieri. Sono spesso associazioni che organizzano incontri periodici (anche on line in epoca covid), gite e momenti di condivisione nel tempo libero.
  • Fare conoscenza con qualcuno del posto. Avere la possibilità di parlare con qualcuno del luogo nei momenti di incertezza è come avere un porto sicuro. 
  • Contattare uno psicologo dall'estero: nel team Unobravo abbiamo molti psicologi per italiani all'estero pronti a sostenerti nel percorso per trovare un nuovo equilibrio e un rinnovato benessere all'estero!

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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