Capita a tutte le persone di non avere voglia di fare niente e rimandare compiti più o meno importanti: le diete che iniziano sempre il lunedì, la palestra a settembre e quel controllo medico da fare la settimana prossima. Nel linguaggio comune, la procrastinazione viene intesa come l’atto di ritardare o rimandare attività fino all’ultimo momento. Ma si tratta solo di cattiva gestione del tempo o c’è dell’altro? Scopriamolo insieme, senza rimandare!
Il termine “procrastinare” affonda le sue radici nell’antica parola greca Akrasia, che significa “fare qualcosa contro il nostro miglior giudizio”. Successivamente, in latino, deriva da crastĭnus: dove cras sta per “domani” e pro “a favore di”, quindi “a favore di domani”. In psicologia, la procrastinazione viene considerata un fallimento nei processi di autoregolazione: consiste nel rimandare in modo irrazionale compiti o responsabilità, pur sapendo che tale comportamento può avere effetti negativi.
Chi è il procrastinatore?
Esistono due tipologie principali di procrastinatore: il profilo rilassato e quello preoccupato.
Il procrastinatore rilassato tende a:
- evitare le attività e gli impegni che ritiene noiosi o ripetitivi;
- essere efficiente ed energico verso tutto ciò che lo appassiona.
Questa modalità porta spesso a iniziare molte attività con entusiasmo, ma, una volta svanito il fascino della novità, può subentrare la stanchezza e la difficoltà a portare a termine gli obiettivi. Se questa tendenza viene portata all’estremo, la persona rischia di non trovare la propria strada nella vita, cambiando spesso percorso di studi o saltando da una relazione all’altra senza mai impegnarsi davvero.

Il procrastinatore preoccupato, invece:
- tende ad avere scarsa fiducia nelle proprie capacità;
- ha difficoltà a gestire lo stress;
- è spesso tormentato da una serie di paure e idee irrazionali che lo bloccano nell’azione.
Cause e motivazioni
Le motivazioni che portano a procrastinare sono molteplici e non si esauriscono nella semplice noia o nel disinteresse. Queste spiegazioni, infatti, risultano spesso insufficienti a comprendere la complessità di questo comportamento. Recenti evidenze empiriche hanno dimostrato che la procrastinazione è strettamente legata al funzionamento di tre reti cerebrali, mettendo in luce il ruolo cruciale dell’autocontrollo, della regolazione delle emozioni e della prospezione episodica tra le sue cause (Zhang et al., 2023). In quest’ottica, la procrastinazione non appare tanto come un problema di gestione del tempo, quanto piuttosto come una difficoltà nella gestione delle emozioni associate a uno specifico compito: rimandando l’attività, si cerca di evitare anche le emozioni spiacevoli che essa suscita.
Non solo pigrizia
Gli psicologi, oltre alla pigrizia – spesso la prima motivazione chiamata in causa – riconoscono una varietà di ragioni profonde che contribuiscono al procrastinare. Tra queste spicca il perfezionismo: molte persone tendono a rimandare un compito, come un esame, quando sentono di non poterlo svolgere in modo assolutamente perfetto, perché non si sentono mai abbastanza pronte o sicure delle proprie capacità. È interessante notare che la ricerca ha dimostrato come la procrastinazione sia positivamente correlata in modo specifico con il perfezionismo socialmente prescritto, ovvero la percezione di dover soddisfare standard elevati imposti dagli altri (Sommantico et al., 2024). Un altro fattore rilevante è la paura dell’insuccesso: il timore paralizzante di fallire può portare la persona a rimandare i compiti, preferendo di non tentare affatto piuttosto che rischiare una delusione. Alcune persone, invece, sperimentano la paura del successo: non si sentono meritevoli dei propri traguardi oppure sono circondate da aspettative altrui così forti da bloccare il raggiungimento degli obiettivi. Infine, la paura delle conseguenze e delle responsabilità può bloccare l’azione, poiché si teme ciò che potrebbe accadere una volta portato a termine un compito.

Possibili soluzioni
Anche se procrastinare è un meccanismo presente nella vita di tutti, può diventare molto invalidante se si ripete in diversi contesti. Ecco alcuni consigli per affrontare la procrastinazione:
- Identifica piccoli obiettivi: portare a termine piccoli compiti ogni giorno può aiutarti a realizzare un progetto completo. Ricorda il proverbio del filosofo Lao Tzu: "Un viaggio di mille miglia comincia con un passo".
- Stabilisci una priorità nella lista delle cose da fare: suddividi i tuoi compiti per avere uno schema mentale con cui affrontarli. Un modo utile può essere differenziare per urgenza e importanza.
- Affronta le tue paure: Spesso, le motivazioni che impediscono di portare a termine un’attività affondano le loro radici nella paura; imparare a riconoscere e accogliere le proprie emozioni, con il supporto di uno psicologo, può favorire lo sblocco di situazioni apparentemente ferme.
- Fai le cose anche quando non hai voglia: aspettare di sentirsi pronti e motivati può essere controproducente, perché non lo si sarà mai del tutto. A volte è necessario far precedere l'azione alla motivazione, attivando in anticipo il proprio impegno.
Procrastinazione psicologica: quanto può essere diffusa?
La procrastinazione psicologica è un fenomeno sorprendentemente comune, che interessa persone di tutte le età e contesti sociali. Secondo una ricerca pubblicata sul "Psychological Bulletin" (Steel, 2007), circa il 20% degli adulti considera la procrastinazione un tratto abituale del proprio comportamento, mentre tra gli studenti universitari la percentuale può salire fino al 50-70%.
Questi dati suggeriscono che rimandare i compiti non è solo una questione di pigrizia occasionale, ma può diventare una vera e propria abitudine che incide sulla qualità della vita, soprattutto nei periodi di maggiore pressione come esami, scadenze lavorative o cambiamenti importanti.

Come può manifestarsi la procrastinazione psicologica: sintomi e segnali
La procrastinazione psicologica si esprime attraverso una serie di segnali che possono coinvolgere diversi aspetti della persona. Riconoscere questi segnali è il primo passo per affrontare il problema in modo consapevole.
- Sintomi emotivi: spesso chi procrastina sperimenta ansia, senso di colpa, frustrazione o vergogna per non riuscire a portare a termine i compiti. Queste emozioni possono diventare ricorrenti e influenzare il benessere generale.
- Sintomi cognitivi: la procrastinazione si accompagna a pensieri come "non sono abbastanza bravo", "inizierò domani" o "non riuscirò mai a finire". Questi pensieri auto-sabotanti alimentano il ciclo del rimandare.
- Sintomi comportamentali: si manifestano con l'evitamento attivo dei compiti, la ricerca di distrazioni (come social network, TV o altre attività piacevoli) e la tendenza a dedicarsi a compiti meno urgenti ma più gratificanti.
Questi segnali, se persistenti, possono portare a una riduzione della produttività e a un aumento dello stress quotidiano.
Le conseguenze della procrastinazione cronica
Quando la procrastinazione psicologica diventa una modalità abituale, può avere effetti significativi sulla salute mentale e sulla qualità della vita. Diversi studi hanno evidenziato che la procrastinazione cronica è associata a livelli più elevati di stress, ansia e sintomi depressivi (Sirois, Melia-Gordon & Pychyl, 2013). Inoltre, recenti ricerche hanno dimostrato che la procrastinazione cronica non solo si associa a livelli più elevati di stress, ma anche a comportamenti di salute meno salutari in ciascun momento valutato (Sirois et al., 2023).
Stress e ansia: il continuo rimandare può generare una pressione crescente, soprattutto in prossimità delle scadenze, che può sfociare in ansia generalizzata.
Riduzione dell'autostima: il senso di fallimento e la percezione di non essere in grado di gestire i propri impegni possono minare la fiducia in sé stessi.
Impatto sulla qualità della vita: la procrastinazione può compromettere il rendimento scolastico o lavorativo, le relazioni personali e la capacità di raggiungere obiettivi importanti.
Affrontare la procrastinazione non significa solo migliorare la produttività, ma anche prendersi cura del proprio benessere psicologico.

Strategie pratiche validate per fronteggiare la procrastinazione
Oltre ai consigli pratici già menzionati, la letteratura scientifica suggerisce alcune strategie efficaci per gestire la procrastinazione psicologica. Ad esempio, la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), sia in formato di gruppo che auto-guidata via Internet (ICBT), ha dimostrato di produrre una riduzione significativa della procrastinazione negli studenti universitari, con effetti di grande entità (Cohen's d = 1.29 per ICBT e d = 1.24 per CBT di gruppo) (Rozental et al., 2018). Ecco alcune tecniche che puoi sperimentare:
- Tecnica del "Pomodoro": consiste nel suddividere il lavoro in intervalli di 25 minuti, seguiti da brevi pause. Questo metodo può aiutare a mantenere la concentrazione e a ridurre la percezione di fatica.
- Timeboxing: prevede di assegnare a ciascun compito un tempo preciso nel proprio calendario, rendendo più difficile rimandare e più facile monitorare i progressi.
- Auto-compassione: secondo uno studio pubblicato su "Personality and Individual Differences", trattarsi con gentilezza e comprensione quando si fallisce può aiutare a interrompere il ciclo della procrastinazione, riducendo il senso di colpa e favorendo la ripresa dell'attività (Sirois, 2014).
- Visualizzazione degli obiettivi: immaginare in modo concreto i benefici che si otterranno portando a termine un compito può aumentare la motivazione e rendere più gestibili le emozioni negative associate all'inizio dell'attività.
Applicare queste strategie con costanza può aiutare a ridurre la tendenza a rimandare e a recuperare il senso di controllo sulle proprie azioni.
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