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Città Loquaci: Le città più loquaci d’Italia

Città Loquaci: Le città più loquaci d’Italia
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
2.1.2026
Ultimo aggiornamento il
23.12.2025
Città Loquaci: Le città più loquaci d’Italia
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Che sia un commento sussurrato in ufficio, una chiacchierata con amici o un titolo su una rivista, parlare degli altri è parte integrante della vita quotidiana degli italiani. Serve a connettere le persone, intrattenerle e talvolta può creare tensioni, ma soprattutto riflette come comunichiamo e formiamo legami. Gli psicologi da tempo studiano perché ci interessi parlare degli altri e cosa queste conversazioni rivelino sulla fiducia, il senso di appartenenza e il benessere emotivo.

Per comprendere meglio questo comportamento, il team di Unobravo ha svolto un’indagine a seguito della quale ha sviluppato l’Indice delle Città Più Loquaci, che esplora come si sviluppano le conversazioni sociali in tutta Italia. Lo studio classifica 26 delle città più popolose del Paese in base al tempo che i residenti dedicano a parlare degli altri e ai temi principali trattati. Basandosi su dati di un sondaggio nazionale e su approfondimenti psicologici, l’indice mostra non solo dove le persone parlano di più, ma anche come queste conversazioni influenzino la cultura del lavoro, i livelli di stress e le relazioni nella vita moderna.

Perché parliamo degli altri?

Parlare degli altri è un’attività che molti di noi svolgono quasi automaticamente. Permette di sentirsi connessi e informati. La ricerca mostra che discutere di persone e situazioni dà un senso di possedere informazioni preziose, stimolando i centri di ricompensa del cervello.

Da un punto di vista cognitivo, parlare degli altri attiva i sistemi di gratificazione del cervello. Uno studio di Peng et al. (2015) ha rilevato che il nucleo caudato, area legata al piacere e alla motivazione, si attiva in risposta a queste conversazioni, soprattutto quando riguardano personaggi pubblici famosi. Questo spiega perché le storie di celebrità e gli scandali attirano così tanto interesse. Lo stesso studio mostra che le persone si sentono più felici quando sentono commenti positivi su se stesse, ma più a disagio se il discorso è negativo.

Dal punto di vista emotivo, parlare degli altri aiuta a elaborare le emozioni e a ridurre l’incertezza. Condividere esperienze o discutere delle scelte altrui fornisce prospettiva e aiuta a regolare le proprie emozioni. Se gestito con consapevolezza e attenzione, questo tipo di conversazione rafforza fiducia e cooperazione. Quando invece diventa giudicante o esclusivo, può rapidamente danneggiare le relazioni e aumentare lo stress.

Quanto spesso le persone parlano degli altri?

In media, un italiano dedica circa 45 ore all’anno a parlare degli altri, quasi due giorni interi di conversazione all’anno. Le donne trascorrono circa 47 ore, mentre gli uomini circa 42, con una differenza di circa il 12%.I giovani adulti sono il gruppo più loquace: tra i 18 e i 24 anni dedicano circa 101 ore all’anno a queste conversazioni, più del doppio della media nazionale e circa cinque volte più delle persone sopra i 65 anni. Il tempo speso in queste discussioni diminuisce gradualmente con l’età, man mano che cambiano le reti sociali e le routine.

Le città dove si parla di più

Trieste è la città dove si parla di più, con 130 ore annue dedicate a conversazioni su temi popolari, equivalenti a oltre cinque giorni interi. La città si distingue in quasi tutte le categorie, suggerendo una cultura locale dove narrazione, commento e osservazione fanno parte della vita quotidiana.

Seguono Roma e Milano con 85 e 77 ore rispettivamente. Le grandi metropoli offrono naturalmente molti contesti sociali, come luoghi di lavoro, trasporti pubblici, vita notturna e reti estese, creando numerose opportunità di conversazione. Napoli (73 ore) e Firenze (67 ore) completano la top five, grazie a comunità vivaci e quartieri strettamente interconnessi.

All’estremità inferiore della classifica, città come Messina, Livorno e Brescia registrano molte meno ore, dedicando meno di due giorni all’anno a queste conversazioni, segno di stili comunicativi più riservati o reti più piccole e tranquille.

Di cosa parlano di più gli italiani?

1. Conflitti o discussioni familiari

Le conversazioni degli italiani ruotano attorno a temi che combinano emozione, legami e curiosità. L’argomento più discusso sono i conflitti familiari, con il 53% delle persone che ne parla almeno una volta al mese, dedicando circa quattro ore all’anno a questo tema. La famiglia occupa un ruolo centrale nella società italiana e parlare di disaccordi, dinamiche in evoluzione o tensioni di lunga data aiuta sia a elaborare le emozioni che a condividere comprensione.

2. Relazioni sul posto di lavoro

Le relazioni sul lavoro seguono con circa 3,4 ore all’anno, e il 55% delle persone discute dei colleghi almeno una volta al mese. Queste conversazioni aiutano a navigare la politica interna, comprendere gerarchie e interpretare cambiamenti, promozioni, conflitti o dinamiche di team.

3. Celebrità

Le celebrità restano una fonte costante di interesse, con circa 3,2 ore annue. Parlare delle vite dei personaggi famosi soddisfa la curiosità senza rischi personali, permettendo di esplorare questioni morali e confronti sociali in sicurezza. Queste storie stimolano emotivamente, attivando i sistemi di ricompensa del cervello come le conversazioni più personali, ma senza conseguenze sociali.

Altri temi legati all’amicizia, come relazioni ricominciate, litigi di gruppo o aggiornamenti su vecchi amici, vengono discussi per circa 3 ore l’anno. Le persone dedicano anche tempo a rivalità tra fratelli, comportamenti sui social, voci di quartiere e eventi importanti come rotture o tradimenti, mostrando come gli italiani usino le conversazioni per interpretare relazioni, gestire emozioni e mantenere coerenza nel loro mondo sociale.

Con chi parlano gli italiani?

Il partner è il principale interlocutore. Il 42% condivide con il coniuge o partner romantico, più degli amici stretti (40%), suggerendo che intimità, privacy e prossimità quotidiana giocano un ruolo chiave. Gli amici restano fondamentali, soprattutto tra i giovani, mentre fratelli (23%) e genitori (20%) giocano un ruolo importante per chi ha meno di 35 anni. Le conversazioni si svolgono più liberamente all’interno di relazioni emotivamente sicure, dove fiducia e riservatezza sono date per scontate.

Gli adulti più anziani mostrano un modello diverso: chi ha più di 65 anni tende a essere più riservato, limitando le conversazioni ai familiari più stretti e parlando meno con colleghi o vicini, riflettendo cambiamenti nelle reti sociali e una preferenza per la privacy.

Parlare degli altri sul lavoro

Il luogo di lavoro è un ambiente importante per queste conversazioni. Il 41% dei lavoratori ritiene che creino tensione, mentre il 36% pensa che riducano la produttività. Al contempo, il 38% dichiara che migliorino la comunicazione informando sulle novità, e il 42% che rendano la giornata più piacevole. Questi dati contrastanti mostrano che parlare degli altri può unire, ma anche generare stress.

Più della metà dei lavoratori evita certi colleghi a causa delle loro abitudini e molti cercano di non partecipare attivamente. I giovani percepiscono più danni rispetto agli adulti più maturi, mentre chi ha tra i 35 e i 44 anni registra i livelli più alti di ansia legata a queste conversazioni.

I settori dove si parla di più

I settori basati sulla comunicazione interpersonale registrano il maggior numero di conversazioni. In marketing, pubblicità e PR, il 58% degli impiegati dice che parlare degli altri è comune, seguito da sanità e assistenza sociale (57%), trasporti (53%) e formazione e recruiting (50%). Questi ambienti richiedono collaborazione stretta, ruoli flessibili e scambio rapido di informazioni, aumentando naturalmente le conversazioni informali.Nei settori come tecnologia, amministrazione, ingegneria e legge, le conversazioni di questo tipo sono meno frequenti (30–35%), riflettendo norme professionali e pratiche di riservatezza più rigorose.

Le città con più conversazioni sul lavoro

Differenze significative emergono anche a livello cittadino. Bologna, Verona, Reggio Emilia e Firenze mostrano i livelli più alti, con fino al 36% che ammette problemi legati a conversazioni e circa il 32–34% che le considera comuni in ufficio. A Trieste, parlare degli altri è normalizzato: 32% lo ritiene comune e 36% lo apprezza apertamente.Indipendentemente dal settore, gli psicologi sottolineano che queste conversazioni emergono spesso in contesti con lacune comunicative. Dove gli aggiornamenti formali sono limitati, le persone cercano chiarezza tra loro, anche quando le informazioni sono incomplete.

Guida alla conversazione costruttiva

Parlare degli altri fa parte della natura umana e serve a connettersi, restare informati e interpretare il mondo. Piuttosto che eliminarlo, possiamo concentrarci su come farlo in modo da costruire fiducia anziché indebolirla.

Un buon primo passo è riflettere sull’intenzione: prima di parlare di qualcuno, fermati e chiediti perché lo stai facendo. Questo aiuta a prevenire che le conversazioni diventino dannose.

Puntare su informazioni oneste e rispettose: gli esperti distinguono tra conversazioni costruttive, che condividono notizie positive o informazioni utili, e quelle basate su negatività, speculazioni o esclusione. Le prime rafforzano la connessione, le seconde tendono a danneggiare fiducia e benessere personale.

Nel contesto lavorativo: le conversazioni possono avere funzioni utili: svelare canali informali, evidenziare problemi non comunicati formalmente e rafforzare i legami tra colleghi, se fatte correttamente. Tuttavia, ci sono rischi come informazioni errate, sentimenti feriti, esclusione e calo del morale.

Alcuni spunti utili:

  • Dare uno scopo alla conversazione: se parlare di qualcuno aiuta a capire il contesto, risolvere un problema o rimanere connessi, è un buon segnale. Se invece il discorso serve principalmente per intrattenere o giudicare la vita privata altrui, è meglio fare un passo indietro.
  • Mettere il rispetto al centro: parla degli altri come vorresti che parlassero di te. Se non ti piacerebbe sentirlo su di te, scegli un altro argomento.
  • Fare attenzione al contesto e al pubblico: corridoi, pause caffè e chat di gruppo possono diventare momenti caldi per le chiacchiere. Considera se il contesto e i destinatari siano appropriati per questo tipo di conversazione.
  • Creare alternative trasparenti: nei team, creare l’ambiente per un dialogo aperto e trasparente riduce la necessità di parlare degli altri. Quando la leadership condivide aggiornamenti, chiarisce cambiamenti e invita al feedback, il “vuoto di informazioni” diminuisce.
  • Affrontare discorsi dannosi: se senti che la conversazione vira verso commenti negativi, mette in discussione qualcuno o riporta informazioni in modo distorto, fermati un attimo. Poni domande chiarificatrici (“Cosa sappiamo per certo?”) o guida delicatamente la conversazione verso contenuti costruttivi.
  • Se sei il soggetto della conversazione: quando percepisci che si parla di te, resisti all’impulso di reagire. Piuttosto, chiarisci i fatti, affronta eventuali malintesi e concentra l’attenzione su ciò che puoi controllare. Spesso, il nostro modo di rispondere determina come si risolve la situazione.

Trattando le conversazioni sociali come uno strumento di comunicazione e non come semplice chiacchiera, possiamo trasformarle in un mezzo per connettersi, chiarire e promuovere il benessere. Comprendere quando costruiscono fiducia e quando diventano dannose ci permette di scegliere consapevolmente come interagire con gli altri.

Parlare degli altri è una parte naturale della nostra vita sociale. Ma quando queste conversazioni iniziano a creare disagio, dubbi o tensioni relazionali, può essere utile fermarsi e riflettere su cosa ci stanno dicendo. La psicologia può offrire strumenti per comprendere meglio noi stessi e il nostro modo di comunicare.

Nota metodologica

Per identificare le città più loquaci, Unobravo ha condotto un sondaggio nazionale su quanto spesso gli italiani parlano degli altri e sui temi trattati. Lo studio ha analizzato le risposte di 1.503 adulti in 30 comuni più popolosi d’Italia. Ai partecipanti è stato chiesto quanto frequentemente parlano di 18 argomenti sociali comuni, con chi condividono le informazioni e come queste conversazioni li fanno sentire. I dati sono stati convertiti da minuti al mese a ore annuali per mostrare quanto tempo ogni città dedica a parlare degli altri. Le città sono state classificate in base al totale di ore annue dedicate a queste conversazioni, formando l’Indice delle Città Loquaci. Ulteriori domande hanno esplorato il ruolo delle conversazioni sul lavoro, compreso il loro impatto percepito su soddisfazione, fiducia e comunicazione.