La diagnosi psicologica

La diagnosi psicologica
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Renata Pugliese
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Sistemico-Relazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
11.12.2023
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La tematica della diagnosi abbraccia un ambito di applicazione molto vasto, che spesso nel panorama professionale si è visto cadere in controversie e dubbi deontologici. Con questo articolo proverò a illustrare quali siano le competenze dello psicologo professionista relativamente al processo diagnostico.


Per chiarire in modo definitivo la posizione dello psicologo abilitato all’esercizio professionale (Albo A), sembra utile fare riferimento agli aspetti giuridici che definiscono e regolamentano la professione.


Citando integralmente l’art.1 della legge n.56 del 1989:


"La professione di psicologo comprende l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito".


La sentenza n. 767 del 5 giugno 2006 della Suprema Corte di Cassazione conferma che le psicodiagnosi, sia riguardo caratteristiche psicologiche e psico-attitudinali, sia riguardo la psicopatologia, sono interventi che attengono allo psicologo iscritto all’Ordine professionale


Che cos'è la diagnosi psicologica


La diagnosi psicologica rientra dunque tra le competenze professionali specifiche dello psicologo e dello psicoterapeuta. Fatte queste considerazioni, bisogna chiarire che cosa è la diagnosi dal punto di vista psicologico, tenendo conto che questo è uno strumento operativo che in modo trasversale viene applicato in differenti contesti professionali (forense, medico, della salute mentale, della psicologia scolastica e della psicologia del lavoro). 


La diagnosi psicologica si può definire come un processo conoscitivo e di osservazione che si realizza dentro una relazione interpersonale tra lo psicologo e l’utente, atto a individuare informazioni e dati su diversi livelli, tutti relativi al funzionamento psichico del soggetto implicato, fino all’eventuale individuazione di una psicopatologia, basandosi su una terminologia condivisa dalla comunità scientifica (APA). 


Il processo diagnostico si realizza attraverso l’osservazione del soggetto, il colloquio ed eventualmente la somministrazione di test. Viste e considerate le premesse di applicazione della diagnosi psicologica, può considerarsi come il primo tra gli atti psicologici di un percorso di intervento psicologico e può essere considerata essa stessa un intervento psicologico.


Diagnosi psicologica, diagnosi psichiatrica e diagnosi medica: differenze


Eseguire una diagnosi psicologica significa raccogliere informazioni sugli aspetti psicologici di un individuo, utilizzando una nomenclatura diagnostica riconosciuta dalla comunità scientifica


Il manuale di riferimento per gli operatori della salute mentale che più di frequente viene utilizzato per la procedura diagnostica è quello promosso dall’American Psychiatric Association (APA), ovvero il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders). 


Nella sua ultima edizione, DSM-5-TR, fornisce un sistema di classificazione che mira a suddividere le malattie mentali partendo dalla descrizione dei sintomi (espressioni che il soggetto riferisce ed esperisce sul suo disagio) e dal decorso della malattia. Tale modello segue nelle sue più recenti edizioni una logica di tipo dimensionale, secondo la quale i disturbi mentali vengono distinti all’interno un ampio spettro di dimensioni quali: 


  • psichiche
  • fisiche
  • psico-sociali. 


È chiaro che questo sistema di classificazione non può considerarsi di mera attinenza psicologica, in quanto la descrizione nosografica di un disagio mentale più frequentemente si vede associata alla sfera psichiatrica e medica. Pertanto è utile distinguere la diagnosi psicologica da questi altri due ambiti.


La diagnosi psicologica è tesa a descrivere il funzionamento psicologico (normale o patologico) di un soggetto e viene effettuata con strumenti specifici della professione dello psicologo, i quali rispondono in modo specifico ai modelli teorici di riferimento acquisiti durante la formazione professionale e, quindi, possono essere differenti tra i vari approcci alla disciplina della psicologia e/o psicoterapia.


La diagnosi psichiatrica, invece, mira al riconoscimento o all’esclusione di una condizione patologica dell’apparato psichico e al successivo inquadramento nosologico della stessa. Gli strumenti utilizzati a tal fine sono di competenza esclusivamente medica e includono l’osservazione, il colloquio clinico e l’eventuale somministrazione di test.


In questo caso, diversamente dalla diagnosi psicologica, i criteri di riferimento sono di carattere statistico e nosografico e non relativi all’applicazione teorica della professione.


La diagnosi medica, infine, si differenzia da quelle precedenti poiché finalizzata al riconoscimento di uno stato morboso fisico e/o fisiologico di cui un soggetto è affetto, entro una spiegazione patologica (con eventuale correlazione psichiatrica o neurologica). 


Essa è effettuata attraverso la storia clinica del soggetto, l’esame fisico e l’uso di test diagnostici che, come per la diagnosi psichiatrica, hanno riferimenti nosografici ed eziologici. 


Aree di indagine della diagnosi psicologica


Fatte queste considerazioni, si potrebbe definire la diagnosi psicologica come un processo descrittivo e sistematico dei processi mentali che deve rispondere a requisiti specifici dell’individuo (idiografici) e generalizzabili (nomotetici) rispetto a delle categorie di funzionamento psicologico. 

Le aree di indagine che vengono esplorate durante un processo diagnostico sono:


  • il funzionamento cognitivo (attenzione, memoria, problem solving, pianificazione e controllo del comportamento) 
  • il funzionamento emozionale
  • il funzionamento relazionale
  • gli aspetti sintomatologici presentati dal soggetto (di natura psico-fisica). 


Il quadro diagnostico, pertanto, osserva su diversi livelli il funzionamento dell’individuo, dagli aspetti prettamente cognitivi a quelli psico-sociali, ivi compresa una mappatura della personalità.


Considerato l’ampio spettro di applicazione della psicologia, la diagnosi psicologica è uno strumento di cui si può avvalere il professionista psicologo non solo nell’ambito clinico e psicopatologico. 


In ambito clinico la diagnosi è da considerarsi lo strumento elettivo da cui diparte l’intervento clinico stesso. Effettuare una diagnosi clinica pertanto, non significa solamente raccogliere informazioni sulla storia dell’utente. Piuttosto, permette di anteporre le basi per il processo relazionale psicologico/psicoterapeutico, di ipotizzare e progettare un eventuale intervento, di lavorare sulla prevenzione di un disagio psicologico.


La diagnosi può essere parte di un processo di assessment (o valutazione) che di solito prevede un arco di 4-5 colloqui, le cui finalità sono l’identificazione e la definizione del disagio riportato dalla persona, nonché la struttura di personalità sottostante. Tale valutazione prevede anche una fase di anamnesi (che guarda sia al decorso del disagio, ma anche alla narrazione biografica del paziente), nonché la somministrazione di test psicologici standardizzati.


Tipi di diagnosi in psicologia


Che diagnosi può fare lo psicologo?


In base alla Legge n. 56 del 1989, si limita allo psicologo il compito di effettuare la diagnosi psicologica. Anche la Suprema Corte di Cassazione, con una sentenza del 2006, ha specificato che “ogni operazione funzionale a valutare caratteristiche psicologiche e/o psicoattitudinali degli individui e che si perfezioni in affermazioni, profili o decisioni basati su tali caratteristiche è riservata esclusivamente allo psicologo iscritto all’Ordine professionale” (CNOP, 2009).


La diagnosi psicologica, in base al livello di osservazione e di analisi che opera sul quadro di consultazione, può essere classificata in diverse tipologie. Vediamole in dettaglio.


La diagnosi funzionale descrive in modo analitico la compromissione funzionale e lo stato psicofisico dell’individuo disabile, finalizzata al riconoscimento delle potenzialità dell’individuo e al recupero delle competenze psico-fisiche.


La diagnosi categoriale viene prettamente utilizzata nell’ambito medico e psichiatrico, in quanto permette di inquadrare una condizione clinica all’interno di una classificazione nosologica, che per quanto riduttiva rispetto alla singolarità dell’individuo, ha il vantaggio di riferirsi a costrutti specifici che semplificano il confronto tra i professionisti.


La diagnosi dimensionale si contrappone a quella categoriale, in quanto permette al clinico di elaborare un quadro diagnostico più complesso, che tiene conto di uno spettro più ampio di variabili. Viene più comunemente utilizzata per descrivere tratti di personalità e la struttura personologica dell’individuo.


La diagnosi descrittiva è finalizzata all’individuazione di un quadro clinico e psicopatologico sulla base della sintomatologia manifesta del paziente. Secondo questo approccio, si dà maggiore rilievo alla variabile sintomatologica, rispetto agli altri elementi soggettivi e contestuali.


La diagnosi inferenziale si differenzia da quella descrittiva perché è rivolta all’individuazione (fare inferenze) dei processi di funzionamento psicologico che sono specifici di un determinato individuo e che sono alla base della sua individualità.


La diagnosi nosografica, infine, similmente a quella categoriale, si origina dal modello medico diagnostico, pertanto mira a descrivere una situazione clinica sulla base di segni e sintomi e, quindi, etichettandola secondo i criteri del sistema nosografico. 


Come fare una diagnosi psicologica: metodi, modelli e strumenti


Come già anticipato, la diagnosi psicologica si realizza come un processo che si svolge attraverso l’osservazione del soggetto, il colloquio clinico ed eventualmente la somministrazione di test psicodiagnostici (in base all’orientamento professionale del professionista).


In questa fase diagnostica, lo psicologo/psicoterapeuta può anche utilizzare una serie di strumenti come:


  • self-report
  • interviste semi-strutturate/strutturate/non strutturate
  • questionari
  • batterie di test che indagano aree più o meno specifiche del funzionamento psichico. 


Questi ultimi si possono distinguere in base all’area di applicazione: neurologici, di sviluppo, di personalità, proiettivi. 


Chiaramente, bisogna tenere conto che il professionista, per effettuare la diagnosi psicologica, sceglierà gli strumenti e le modalità pertinenti al suo modello teorico di riferimento. Tra i principali modelli di approccio alla psicologia e psicoterapia vi sono:


  • psicoanalitico
  • psicodinamico
  • sistemico-relazionale
  • gestaltico
  • cognitivo-comportamentale. 


Ognuno di essi si differenzia dall’altro per i principi teorici di riferimento che delineano un metodo di osservazione ed esplicazione della realtà del paziente in modo specifico.


Nonostante la divergenza tra i vari modelli, si può definire una linea generale che li accomuna tutti per realizzare un assessment adeguato sul soggetto. Infatti si possono definire delle principali aree di funzionamento del soggetto che in sede del processo diagnostico bisogna rilevare:


  • abilità cognitive 
  • motricità e percezione
  • comunicazione e linguaggio
  • affettività e umore 
  • comportamento e regolazione emotiva
  • immagine del sé
  • autonomia personale e sociale 
  • abilità interpersonali e sociali. 


Un esempio di diagnosi psicologica


Al colloquio si presenta un uomo di 56 anni, su iniziativa della moglie. Ha due figli quasi adolescenti, da circa 2 anni è disoccupato. Ha lavorato per circa 25 anni in un’azienda che è fallita dopo la pandemia di Covid-19. 


Riferisce di avere difficoltà a dormire da qualche tempo e ci tiene a chiarire che si è presentato al colloquio solo per far felice la moglie. Sa di essere la causa di molti problemi coniugali e familiari.


Per esempio, da anni ormai non ha rapporti sessuali con la moglie. Sa di essere “il colpevole di tutto… un fallimento” dice, ma non vede via d’uscita, non trova la forza di andare avanti e trovare un altro lavoro. 


L’umore sembra basso e negativo, si muove lentamente, l’aspetto è trascurato. Racconta inoltre che a causa del Covid-19 ha perso anche suo padre, verso il quale aveva una fortissima stima. Dai dati emersi, si ipotizza un lavoro terapeutico sulle tematiche del lutto e della perdita.


Il paziente sembra vivere una condizione di umore depresso comprovato dal ritiro socio-relazionale, dai disturbi del sonno e dai pensieri negativi e di colpa. Tuttavia è importante contestualizzare il caso e tenere conto della rilevanza che possono avere alcuni fattori, quali il Covid-19 e la perdita del padre, rispetto alla sintomatologia presentata.


In ultimo, sembra importante tenere conto della motivazione del paziente ad affrontare un percorso di terapia. 


Consigli di lettura


Per approfondire il tema della diagnosi psicologica si consiglia la lettura dei seguenti testi:


Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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