In questa meravigliosa ma impegnativa professione di cura, ciò che facciamo va ben oltre le sedute di terapia: per questa ragione è fondamentale rivolgere la nostra attenzione non solo ai bisogni delle persone che seguiamo, ma anche a quelli che risiedono profondamente in noi.
Concederci una pausa per prenderci cura di noi assume quindi un significato ancora più importante, anche se può essere difficile quando siamo noi le figure che si prendono cura del benessere degli altri e possiamo sentire di “venire meno” al nostro compito. Esploriamo insieme il paradosso della cura di sé e come possiamo abbracciarlo con gentilezza.
Il paradosso della cura di sé
Il paradosso della cura di sé è una realtà che tocca ogni terapeuta. Mentre siamo concentrati sull’accogliere e sostenere le persone e le loro storie, a volte possiamo dimenticarci delle nostre necessità, rischiando di andare incontro al burnout dello psicologo.
Non di rado possiamo trovarci in un delicato equilibrio tra le esigenze delle persone che seguiamo e le nostre: questo bilanciamento può rivelarsi un atto di alta funambolica, dove la nostra dedizione rischia di trasformarsi in stress accumulato.
Perché la cura di sé è un atto rivoluzionario
Prendersi una pausa è più che un diritto: è un atto di rivoluzione personale. Riconosciamo senza riserve che prendersi una pausa non è un atto di egoismo, ma un gesto di cura di sé fondamentale, perché solo da una base interna solida possiamo offrire il massimo supporto alle persone che seguiamo.
È il carburante che alimenta la nostra lampada terapeutica ed è a volte dal nostro stare che chi si affida a noi può trovare coraggio e ispirazione.
Navigare le emozioni complesse
Prendersi una pausa non è una scelta facile e comporta non poche sfide sul piano emotivo. Può suscitare sentimenti di colpa, ansia e persino un senso di inadeguatezza.
È qui che la condivisione diventa il nostro faro, illuminando il percorso attraverso le acque tumultuose delle nostre stesse emozioni. Parlarne con colleghi e colleghe può aiutare: condividere queste emozioni e vederle rispecchiate nelle parole e nel sentire delle altre persone ne alleggerisce il peso e ci aiuta ad accoglierle con maggior delicatezza.

Come prendersi cura di sé: strategie di auto-cura
Prenderci una pausa dalla cura è esso stesso un atto di cura, sia verso di noi che verso le persone che abbiamo in terapia. Si tratta di un tempo in cui possiamo concederci lo spazio amorevole e attento in cui normalmente ospitiamo le altre persone.
La pausa può essere dunque un’occasione per:
- ascoltare il nostro Io: la dedizione non deve tradursi in auto-negazione. Ascoltiamo le nostre esigenze come faremmo con un amico prezioso. Darci un abbraccio di gentilezza significa impegnarci ogni giorno a essere comprensivi e premurosi verso noi stessi, riconoscendo che la gentilezza rappresenta una pratica rivoluzionaria che inizia dal nostro mondo interno. Studi recenti hanno evidenziato che i partecipanti che hanno compiuto atti di gentilezza verso gli altri hanno mostrato una significativa riduzione di depressione, ansia e solitudine rispetto ai gruppi di autocura e controllo (Naclerio et al., 2024), suggerendo che la gentilezza, sia rivolta a sé stessi sia agli altri, può avere un impatto profondo sul benessere emotivo.
- coltivare la nostra gioia personale: dedichiamo del tempo a ciò che ci riempie di gioia. Che sia un hobby, una passeggiata o la lettura di un libro, lasciamoci avvolgere dalla gioia personale.
Il paradosso della cura di sé: dati e ricerche
Il paradosso della cura di sé non è solo una percezione individuale, ma un fenomeno riconosciuto anche dalla ricerca scientifica. Diversi studi mostrano che, sebbene i professionisti della salute mentale riconoscano l’importanza della cura di sé, molti faticano a praticarla con costanza: livelli più elevati di cura di sé risultano associati a minore stress e burnout e a un maggiore benessere (Rupert & Dorociak, 2019). Inoltre, anche in ambito clinico i livelli adeguati di comportamenti di cura di sé possono essere molto bassi: ad esempio, in uno studio su pazienti italiani con scompenso cardiaco solo tra il 7,6% e il 18,0% mostrava livelli adeguati di self-care (Dellafiore et al., 2018).
Questi dati mettono in luce una discrepanza significativa tra consapevolezza e azione, che può tradursi spesso in un senso di frustrazione e auto-giudizio. In effetti, questi risultati evidenziano un paradosso della cura di sé: una maggiore fiducia nella propria capacità di autogestione non si traduce necessariamente in comportamenti di cura di sé più adeguati (Dellafiore et al., 2018). La difficoltà nel mettere in pratica la cura di sé, pur conoscendone il valore, è un aspetto centrale del paradosso che molti terapeuti possono vivere quotidianamente.
Cause e barriere del paradosso: fattori interni ed esterni
Il paradosso della cura di sé nasce dall'intreccio di diversi fattori che possono ostacolare la capacità di prendersi cura di sé, anche quando se ne riconosce l'importanza. Questi fattori possono essere distinti in:
- Fattori interni: spesso includono il senso di colpa, la tendenza al perfezionismo e l'auto-esigenza. Molti terapeuti sentono di dover essere sempre disponibili, temendo che prendersi una pausa possa essere interpretato come una mancanza di dedizione. Questo può portare a trascurare i propri bisogni emotivi e fisici.
- Fattori esterni: comprendono le pressioni sociali, le aspettative culturali e i ruoli multipli che spesso i professionisti della salute mentale ricoprono, sia nella sfera lavorativa che personale. La società tende a vedere chi si prende cura degli altri come "instancabile", alimentando l'idea che la cura di sé sia un lusso o addirittura un segno di debolezza.
Queste barriere, sia interne che esterne, possono contribuire a rendere la cura di sé un compito complesso, alimentando il paradosso e rendendo difficile trovare un equilibrio sostenibile. Nel contesto della salute mentale, soprattutto durante situazioni di emergenza o crisi, l’attribuzione della responsabilità personale può accentuare tali paradossi, poiché i comportamenti delle persone spesso non corrispondono agli ideali del “consumatore responsabile” (Lakeman, 2016).

Conseguenze psicologiche e sociali del paradosso della cura di sé
Ignorare il paradosso della cura di sé può avere ripercussioni significative sia a livello personale che professionale. Alcuni studi hanno evidenziato che la mancata attenzione ai propri bisogni può essere associata a un aumento del rischio di burnout, esaurimento emotivo e riduzione dell'efficacia terapeutica (Shanafelt et al., 2015).
Le principali conseguenze includono:
- Aumento dello stress e del burnout: la difficoltà a prendersi cura di sé può portare a un accumulo di stress cronico, con conseguente esaurimento delle risorse emotive.
- Riduzione della qualità della relazione terapeutica: quando il terapeuta è affaticato o emotivamente distante, può diminuire la capacità di essere presente e autentico nella relazione con il paziente.
- Impatto sulla vita personale: il paradosso della cura di sé può estendersi anche fuori dal contesto lavorativo, influenzando negativamente le relazioni personali e la soddisfazione di vita.
Riconoscere queste conseguenze può essere il primo passo per affrontare il paradosso con maggiore consapevolezza e per promuovere una cultura della cura di sé che sia sostenibile e rispettosa dei propri limiti.
Come trasformare le pause in ricchezza terapeutica
Le pause non sono solo necessarie, ma possono diventare i gioielli nascosti del nostro arsenale terapeutico:
- riflettere in profondità: utilizziamo le pause per riflettere sul nostro lavoro. Un diario personale può essere il nostro confidente silenzioso in cui lasciar sedimentare quei pensieri che nella pratica clinica trovano poco spazio.
- esplorare nuove frontiere: sperimentiamo nuove attività che stimolano la nostra curiosità. La crescita personale si traduce in un arricchimento della nostra pratica professionale e ci consente di tornare nella stanza di terapia con una nuova ricchezza da portare nella relazione terapeutica.
- condividere le emozioni in terapia: apriamoci con le persone che seguiamo, parliamo con loro delle nostre esperienze di cura di sé. Questa autenticità rafforza il legame terapeutico e può essere uno spunto di condivisione umana molto importante.
- sperimentare la fiducia: parlare apertamente con chi abbiamo in terapia può aprire uno spazio di sperimentazione che potrebbero non aver mai avuto modo di abitare nelle altre relazioni. Confrontarsi sulle preoccupazioni reciproche e su come gestire la sospensione della terapia può essere un’occasione per le persone di vedere con i loro occhi la strada percorsa insieme e quello che abbiamo costruito lungo il percorso.
Prendersi cura di sé è una parte fondamentale del nostro viaggio come figure di cura. Affrontare il paradosso della cura di sé è un atto di coraggio che produce benefici sia su di noi che sulle persone che seguiamo. Possiate trovare equilibrio e serenità nel vostro prezioso cammino terapeutico.
Prenditi cura di te, oggi: Unobravo può essere al tuo fianco
Ricordati che la cura di sé non è solo un gesto di gentilezza, ma può rappresentare il primo passo per essere più presenti anche per gli altri. Se senti che il paradosso della cura di sé ti appartiene, sappi che non sei solo: chiedere supporto può essere un atto di forza e consapevolezza. Con Unobravo puoi trovare uno spazio che può aiutarti ad ascoltare i tuoi bisogni, ricaricare le energie e riscoprire il piacere di prenderti cura di te. Inizia ora a investire sul tuo benessere: inizia il questionario per trovare il tuo psicologo online e concediti la possibilità di essere la tua priorità.





