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Disturbi psichici
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minuti di lettura

Il lutto: quando diventa patologico?

Il lutto: quando diventa patologico?
Vanessa De Tommaso
Psicoterapeuta ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Ultimo aggiornamento il
28.11.2025
Il lutto: quando diventa patologico?
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Il lutto è un processo di reazione alla perdita e di ricerca di un nuovo equilibrio, che comprende momenti di sofferenza acuta e, talvolta, una parziale o totale compromissione della funzionalità lavorativa o sociale.

Non esiste un modo unico o giusto per tutti di vivere il lutto. L’elaborazione di una perdita è un percorso che ogni persona affronta in modo diverso e personale. Questa unicità è fondamentale perché ciascuno possa accogliere il dolore e trovare un nuovo modo di vivere una vita piena e soddisfacente.

Tuttavia, presentare un modello di elaborazione del lutto in modo definitivo e non critico può portare chi sta vivendo una perdita a pensare che esista un solo modo corretto di affrontare il dolore, con possibili conseguenze negative (Avis et al., 2021).

La durata e l’intensità della reazione alla perdita dipendono in larga parte dalla relazione che si aveva con chi è venuto a mancare. Un lutto può durare diversi mesi per chi aveva un legame stretto, oppure molto meno per chi conosceva appena la persona scomparsa. Inoltre, la reazione alla perdita può essere più intensa se la scomparsa è stata inaspettata.

Foto di cottonbro studio – Pexels

Le fasi del lutto

Quando ci troviamo ad affrontare la morte di una persona cara, le reazioni possono essere molteplici: dalla chiusura in se stessi al desiderio di condividere pensieri ed emozioni con amici e familiari.

Nel 1982 John Bowlby, medico e psicoanalista britannico, ha proposto un modello per descrivere le fasi che si presentano in un normale processo di lutto. Queste quattro fasi del lutto costituiscono un percorso che, una volta attraversato nella sua interezza, porta a elaborare la perdita e ha una durata di circa 6-12 mesi:

  1. Fase di incredulità: è la prima del percorso di elaborazione. In questo momento, il desiderio di fuggire dal dolore e fare finta di niente è comune. È la fase dello shock, della disperazione acuta, della negazione della realtà della perdita. I sentimenti più frequenti sono tristezza, paura, rabbia o angoscia.
  2. Fase di protesta: la consapevolezza della perdita è ancora discontinua. Si ricerca nella propria mente la persona scomparsa e si desidera ricongiungersi con essa. Sono frequenti vissuti di ansia e rabbia, che possono associarsi a manifestazioni fisiche dello stress: elevati livelli di arousal, vigilanza e agitazione.
  3. Fase di disorganizzazione e di disperazione: si fa sempre più forte la consapevolezza che qualunque sforzo per riavere con sé il caro defunto è inutile. L’emozione più frequente in questa fase è la tristezza.
  4. Fase di riorganizzazione: gli aspetti acuti del dolore lentamente si riducono, inizia la rielaborazione della perdita e della relazione con il defunto. La persona “riorganizza” la sua vita e torna a investire energie verso il mondo esterno.

Approfondimento sulle fasi del lutto: vissuti ed esempi concreti

Ogni fase del lutto può essere vissuta in modo diverso da persona a persona, ma esistono alcuni vissuti emotivi e comportamentali che ricorrono frequentemente. Di seguito, una descrizione più dettagliata di ciascuna fase, accompagnata da esempi concreti:

  • Fase di incredulità (shock e negazione): In questa fase, molte persone riferiscono di sentirsi come "sospese nel tempo", incapaci di accettare la realtà della perdita. È comune provare un senso di stordimento, come se tutto fosse irreale. Alcuni possono continuare a comportarsi come se la persona cara fosse ancora presente, ad esempio apparecchiando il tavolo anche per lei o aspettando una sua telefonata.
  • Fase di protesta (rabbia e ricerca): Qui emergono spesso emozioni intense come rabbia, senso di ingiustizia o colpa. Si può provare rabbia verso se stessi, verso chi si ritiene responsabile della perdita, o anche verso la persona scomparsa. È frequente il bisogno di "cercare" la persona amata, ad esempio visitando luoghi a lei cari o conservando oggetti che la ricordano.
  • Fase di disorganizzazione e disperazione: In questo momento, la consapevolezza della perdita si fa più profonda e può manifestarsi con tristezza intensa, apatia, difficoltà a concentrarsi e perdita di interesse per le attività quotidiane. Alcune persone tendono isolarsi socialmente o avere difficoltà nello svolgimento delle attività quotidiane.
  • Fase di riorganizzazione: Con il tempo, il dolore acuto può attenuarsi e si può cominciare a trovare un nuovo equilibrio. Le persone possono iniziare a investire nuovamente energienelle attività, a ristabilire relazioni sociali e a dare un nuovo significato alla propria vita, pur mantenendo un legame affettivo con la persona scomparsa.
Foto di Mart Production – Pexels

Le principali teorie sulle fasi del lutto: Bowlby, Freud e altri autori

Il concetto di "fasi del lutto" è stato sviluppato nel tempo da diversi studiosi, ognuno dei quali ha contribuito a una comprensione più ampia di questo processo.

  • John Bowlby (psicoanalista e medico): Ha individuato quattro fasi principali del lutto, sottolineando l'importanza dell'attaccamento e della relazione con la persona scomparsa.
  • Sigmund Freud (fondatore della psicoanalisi): Nel suo saggio "Lutto e melanconia" (1917), Freud ha descritto il lutto come un processo necessario per "sciogliere" i legami affettivi con la persona perduta, distinguendolo dalla depressione patologica.
  • Elisabeth Kübler-Ross (psichiatra): Ha proposto il modello delle cinque fasi (negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione), inizialmente riferito ai malati terminali ma poi applicato anche al lutto.

Le teorie sul lutto, pur diverse tra loro, condividono un punto fondamentale: vivere una perdita è un percorso unico e complesso, che richiede tempo e ascolto di sé. Le fasi o i passaggi che ognuno attraversa non sono rigidi, ma rappresentano tappe che possono aiutare a dare un senso a ciò che accade e a integrare gradualmente l’assenza nella propria vita.

Negli ultimi anni, però, molti professionisti hanno superato la visione tradizionale delle cinque fasi del lutto proposta da Kübler-Ross, scegliendo di adottare modelli più flessibili e vicini all’esperienza reale delle persone. Tra questi, troviamo i legami continuativi (che valorizzano il modo in cui restiamo connessi alla persona amata), i compiti del lutto, la ricostruzione del significato, le sei R del lutto e il modello del doppio processo di Stroebe e Schut, che descrive come si alternino momenti di dolore e momenti di adattamento alla vita che continua (Daniel, 2025).

Le fasi del lutto possono non essere lineari

Le fasi del lutto non seguono necessariamente un ordine rigido o prestabilito: molte persone possono sperimentare un’alternanza o una sovrapposizione delle diverse fasi, talvolta tornando a una fase già vissuta anche a distanza di mesi. Inoltre, non tutte le persone attraversano le stesse fasi del lutto né le vivono con la stessa tempistica (Flatt, 1987). Questa variabilità è del tutto normale e non rappresenta necessariamente un segno di difficoltà o di problematicità. Ogni percorso di elaborazione del lutto è unico e può essere influenzato da fattori personali, culturali e dalla natura della relazione con la persona scomparsa.

Foto di Alain Frechette – Pexels

Il cambiamento personale dopo un lutto

Attraversare le fasi del lutto può comportare una trasformazione profonda della propria identità, delle abitudini quotidiane e delle relazioni. Dopo una perdita significativa, molte persone si trovano a dover ridefinire le proprie routine, le aspettative sul futuro e il modo di relazionarsi con gli altri. Questo processo di cambiamento può essere doloroso, ma in alcuni casi rappresenta anche un'opportunità per scoprire nuove risorse interiori e costruire un nuovo equilibrio, pur mantenendo vivo il ricordo della persona amata.

Quando si parla di lutto patologico?

Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5-TR, 2022), si parla di disturbo da lutto prolungato quando il dolore per la perdita di una persona cara rimane molto intenso nel tempo — oltre 12 mesi negli adulti e 6 nei bambini — al punto da interferire con la vita quotidiana e con le relazioni..

È importante sottolineare che, secondo recenti studi, gli indicatori negativi del lutto tendono a raggiungere il loro picco entro circa sei mesi dalla perdita; pertanto, chi continua a presentare valori elevati oltre i sei mesi potrebbe necessitare di una valutazione aggiuntiva (Maciejewski et al., 2007). Trascorso questo lasso di tempo, il lutto non è più considerato “fisiologico”, ma si configura come un lutto patologico e la persona può continuare a soffrire intensamente per la perdita, mostrare segni di ritiro dalla vita e dal mondo esterno, compromettere la propria vita sociale e lavorativa, sentire di aver perso, insieme al defunto, una parte di sé, soffrire di disturbi del sonno, perdita dell’appetito e astenia, oppure adottare comportamenti disfunzionali come l’uso di alcool o droghe.

Perché chiedere una consulenza psicologica?

Iniziare un percorso con un professionista può essere utile nei casi in cui:

  • ci sentiamo bloccati nel processo di elaborazione della perdita;
  • il lutto sembra non risolversi;
  • tornare a vivere in un “mondo senza quella persona” sembra troppo faticoso;
  • c'è il rischio di possibili complicanze derivanti dalla concomitanza con altri quadri psicopatologici.

Se senti che il dolore per la perdita sta diventando troppo difficile da affrontare da solo, puoi rivolgerti a Unobravo. Insieme a uno psicologo o una psicologa potrai trovare uno spazio sicuro per elaborare il lutto, comprendere le tue emozioni e iniziare un percorso di supporto personalizzato. Fai il primo passo: inizia il questionario e trova il professionista più adatto alle tue esigenze.

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