Psicologia infantile
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L’ingresso all’asilo: una sfida per genitori e figli

L’ingresso all’asilo: una sfida per genitori e figli
L’ingresso all’asilo: una sfida per genitori e figlilogo-unobravo
Maria Giglio
Maria Giglio
Redazione
Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il

Il momento dell’inserimento all’asilo nido rappresenta un momento delicato, tanto per il bambino quanto per i genitori. Ansia e preoccupazione sono sicuramente i sentimenti più comuni per i primi e anche, o soprattutto, per i secondi. Sebbene il bambino appaia come il principale attore dell’ingresso all’asilo, questo è un processo di cambiamento e un percorso di adattamento che riguarda e coinvolge tutta la famiglia.

Il bambino

Molti studi di psicologia infantile ci informano di quanto la scuola dell’infanzia possa ampliare e incentivare lo sviluppo sociale, cognitivo ed emotivo dei nostri figli. I bambini iniziano una vera e propria socializzazione con i pari verso i 3 anni, età che non a caso coincide con l’inizio dell’asilo. In generale, il comportamento sociale si arricchisce notevolmente in questo periodo e, tra i 3 e i 6 anni, i bambini hanno bisogno di avere opportunità di contatti sociali, in particolare con i coetanei.

L’ingresso a scuola, aumentando le possibilità di interazione con altri bambini:

  • promuove e sostiene lo sviluppo delle competenze relazionali;
  • aumenta le capacità di comunicare, collaborare e condividere abilità;
  • amplifica la competenza nel “leggere” stati emotivi, intenzioni e motivazioni dell’altro.

L’esposizione a piccole ma indispensabili frustrazioni, inoltre, aiuta il bambino a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e dei propri limiti e quindi una maggiore autonomia, mentre il graduale distacco dai genitori li aiuta a sviluppare fiducia anche verso altri adulti di riferimento. Certo, il momento della separazione è inevitabilmente doloroso e, da adulti, non possiamo che accettare la frustrazione, proprio per poter meglio contenere quella del bambino. Difficilmente non si assiste a una protesta da parte dei piccoli soprattutto le prime volte. Del resto non è di certo allettante separarsi da mamma e papà per andare in un luogo che non si conosce, con altri adulti ancora poco familiari e che non potranno essere rassicuranti quanto i propri genitori se non con il tempo.

I genitori

Man mano che un figlio cresce diventa sempre meno dipendente dai genitori, i quali iniziano a trattarlo riconoscendo lo sviluppo delle sue competenze e capacità. Riconoscere il bambino come un individuo sempre più autonomo, aiuta i genitori a affrontare uno degli eventi più critici che caratterizzano questa fase, ovvero l’inizio della separazione tra genitori e figli che avviene con l’ingresso a scuola.

Ma diciamoci la verità, non sempre è facile e più spesso si ha difficoltà, complice la storia personale o familiare attuale o attualizzata di ognuno, nel riconoscere:

  • il proprio figlio come un’entità autonoma;
  • la separazione da sé come un atto necessario al suo, ma anche al più generale benessere e sviluppo familiare.

L’età del bambino, o meglio l’età in cui l’adulto ritiene che egli sia in grado di partecipare attivamente alle situazioni è una variabile fondamentale.

Yan Krukov - Pexels

Comportamenti e sentimenti più comuni

Nel corso dello sviluppo coesistono vecchie e nuove modalità comportamentali, connesse a livelli di sviluppo precedenti e successivi. È auspicabile che gli scambi relazionali regolino i comportamenti a un livello appropriato di competenza, in cui si oscilla tra sostegno e autonomia. Di contro, possiamo osservare come spesso si ripetano comportamenti inadeguati che favoriscono il mantenimento di modalità relazionali a un livello di sviluppo precedente o superiore.

Sentimenti più comuni all’alba, ma anche nel corso di questo importante passo tra i genitori, sono:

  • il senso di colpa per dover lasciare il bambino al di fuori del proprio ambiente familiare;
  • ansia, paura e angoscia, che si amplificano soprattutto se si incorre in qualche difficoltà di ambientamento molto frequente, e più che lecito, da parte del bambino.

Le reazioni dei bambini

Un bambino non potrà vivere serenamente l’ingresso a scuola, o in qualunque altro contesto, se avverte che il genitore non è sereno. Rassicurare il bambino a parole non sarà sufficiente se non vi è congruenza emotiva: i bambini colgono infatti, molto di più le emozioni che le parole.

In realtà i bambini sono molto più competenti di quanto si creda nel capire le relazioni e il cambio di situazione e colgono benissimo gli stati d’animo dei genitori. Sebbene abbiano inoltre, una gran capacità di adattamento, il modo in cui possono reagire all’inserimento è una variabile che dipende, come si sarà intuito, da molti fattori:

  • individuali;
  • familiari;
  • contestuali, legati cioè anche alla scuola scelta.

Gli educatori

In questo scenario la scuola, e con essa gli educatori, hanno un compito molto delicato: riconoscere e accogliere le caratteristiche e i bisogni del bambino e della famiglia, conquistandone la fiducia e con essa la delega affettiva. Più i genitori saranno sereni, favorevoli e collaborativi, ma anche rassicurati, e più facile sarà anche per il piccolo metabolizzare quest’importante cambiamento.

Quando queste condizioni vengono attivamente ricercate con continuità e pazienza sia dal personale educativo che dalla famiglia, molto raramente le possibili difficoltà dei primi giorni, persisteranno a lungo.

Yan Krukov - Pexels

Ambientamento e comunicazione

Gli educatori dovrebbero aver presente che l’ambientamento inizia già nel momento in cui una famiglia viene anche solo a prendere informazioni. La relazione che si instaura con essa sin dai primi momenti di conoscenza, entrerà inevitabilmente nella relazione con il bambino. La famiglia rimane centrale e con essa va costruita una relazione a partire dalla consapevolezza che la fiducia va conquistata non per contratto.

Il ruolo dell’educatore è complesso e comporta una grande responsabilità, se non altro perché parliamo di relazioni intime e connotate affettivamente. Sarà decisivo durante l’ambientamento leggere le emozioni e i vissuti sperimentati a contatto con le diverse famiglie, che inevitabilmente si riverseranno nella relazione con gli alunni, ma anche cogliere le emozioni:

  • del bambino;
  • della famiglia;
  • del gruppo classe;
  • degli altri genitori

 per contenerli e poi restituirli in modo accettabile.

Per fare ciò è utile curare la comunicazione, che deve essere accogliente e non giudicante. Altri strumenti sono poi sicuramente la formazione e il coordinamento lavorativo. Tutto ciò si esplica in un complesso

  • “saper essere”;
  • “saper interagire”;
  • “saper fare”.

Cosa possiamo fare?

Approcciare l’ingresso a scuola con più consapevolezza da parte dei genitori, permette al bambino di vivere un’esperienza globale che può stimolare una crescita per tutta la famiglia. Può essere utile:

  • chiedersi cosa si pensa di questa realtà, quali sono le credenze a riguardo, le aspettative, i desideri, e non da meno lo è il confronto tra i genitori a riguardo;
  • curare la comunicazione in famiglia, con il partner e con gli educatori, parlando delle paure e delle difficoltà in modo diretto;
  • parlare con il bambino di ciò che si prova e cercare di rispecchiare le emozioni che sta provando, affinché il rapporto di fiducia sia circolare e coinvolga l’intero nucleo familiare.

Ascolto empatico, condivisione e disponibilità sono le principali chiavi d’accesso per un ingresso di successo, la vera e propria strategia educativa che risulta efficace nella relazione educativa trasversale ai diversi sistemi connessi tra loro.


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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