Psicologia infantile
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Diversità: come spiegarla ai bambini?

Diversità: come spiegarla ai bambini?
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Virna Fusaro
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Sistemico-Relazionale
Unobravo
Pubblicato il
7.2.2020

Rispetto al passato, in cui predominava la visione della diversità come qualcosa di vergognoso, da evitare o addirittura da eliminare (di esempi storici ne abbiamo a iosa), oggi si parla di ciò che è considerato “diverso da sé” con approcci differenti: la diversità può essere causa di discriminazione e commiserazione, ma anche una risorsa. Tuttavia, è importante riconoscere che esperienze di discriminazione e pregiudizio possono lasciare traumi significativi, che richiedono attenzione e supporto per essere superati.

Diverso da chi?

La società in cui viviamo è costituita da differenze sostanziali e necessarie: le diversità di genere, di età, di generazioni, di appartenenze sociali sono quelle che consideriamo la normalità.

Ampliando la visione al macrosistema ci imbattiamo in culture, religioni, colore della pelle, tempi e modi di vivere diversi da noi. La diversità non riguarda solo l’aspetto esteriore ma anche i nostri modi di pensare, di vedere la realtà, di sentire le emozioni che orientano i nostri comportamenti. Le differenze possono separare ma anche unire le persone, perché ci rendono unici e definiscono la nostra identità.

L’influenza della cultura sul concetto di diversità

Ognuno di noi è influenzato dal sistema sociale e culturale in cui vive, che è caratterizzato da stereotipi condivisi. L’apprendimento degli atteggiamenti verso ciò che è diverso da sé avviene attraverso il processo di inculturazione, cioè l’assimilazione della cultura sociale a cui ogni individuo appartiene.

La fase dei perché

Nel processo di crescita il bambino attraversa vari stadi di sviluppo e di apprendimento. Tra i due e i tre anni inizia la “fase dei perché”, che nasce da una curiosità verso ciò che non conosce o per attirare l’attenzione. All’inizio l’interesse è di stabilire un’interazione con l’adulto e il bambino si accontenterà anche di risposte sommarie: l’importante è che si sia stabilito un contatto.

Artem Kniaz - Unsplash

L’inserimento del bambino nel gruppo dei pari

Con l’ingresso nella scuola i “perché” saranno alimentati da un interesse diverso e i bambini si aspetteranno risposte più articolate. Nel rapporto con i propri pari emergeranno le differenze e tutti quegli aspetti che caratterizzano ognuno di noi.

In questa fase le domande più frequenti riguardano l’aspetto fisico, il modo di parlare e di comportarsi, il colore della pelle. Il bambino per esempio si chiederà: “perché quel bimbo scrive con la sinistra?”, “perché piange continuamente?” e così via. Queste domande saranno rivolte ai propri genitori e agli adulti che fanno parte del suo sistema di riferimento come nonni, fratelli o sorelle maggiori, insegnanti.

Le risposte che alimentano il pregiudizio

“Perché quel bambino ha un colore della pelle diverso dal mio?”: se di fronte questa domanda l’adulto vuole evitare l’argomento, oppure si sente colto di sorpresa, in imbarazzo o impreparato, tenderà ad abbozzare una risposta generica. Questa sarà accompagnata anche da un linguaggio non verbale, come guardare da un’altra parte o zittire il bambino. La conseguenza sarà che il bambino vedrà l’argomento come tabù, e il pregiudizio sarà ancora alimentato e tramandato.

Le risposte dell’adulto sono importanti per un bambino nel suo periodo evolutivo perché la sua visione iniziale del mondo si basa sugli insegnamenti e sui consigli dei genitori e degli adulti del suo sistema di appartenenza.

Le risposte che aiutano a crescere in modo inclusivo

Il bambino è scevro da pregiudizi ed è curioso dinanzi alla diversità. È un attento osservatore, nota le differenze e vuole comprenderle, non giudicarle. Ma l’adulto può spiegare la diversità senza cadere nel pregiudizio? È possibile, facendo attenzione ad affrontare l’argomento nel modo giusto. Ecco qualche consiglio:

  • Informatevi sui temi della diversità e della disabilità, per capire come affrontarli e rispondere con naturalezza proprio come fareste per qualsiasi altro argomento;
  • Fate capire al bambino che è normale che ci siano differenze tra gli esseri umani e che sono le differenze a renderci unici;
  • Parlate in modo chiaro e autentico, con parole semplici che non neghino la diversità;
  • Aiutate il bambino a comprendere la diversità con esempi pratici: spiegate la differenza tra chi porta gli occhiali e chi no, chi ha i capelli e chi è calvo, tra chi cammina sulla sedia a rotelle e chi no, chi è sordo e chi sente;
  • Parlate non solo delle differenze, ma anche di ciò che le persone hanno in comune;
  • Alternate risposte con domande: chiedere al bambino, per esempio, cosa condivide con l’altro lo aiuterà a trovare un modo per riconoscersi e creare vicinanza;
  • Riconoscete le abilità in ogni bambino, valorizzando le peculiarità di ognuno e sottolineando come ciascuno può essere bravo in qualcosa e meno in qualcos’altro;
  • Nel caso di disabilità, spiegate che il disabile ha tempi e modi differenti ma potrà comunque fare le cose che fanno gli altri, anche se in modo diverso.

La diversità è fonte di arricchimento e crescita. Insegnare quindi a conoscere e rispettare le differenze, stimolando l’interazione con l’altro, sarà il punto di partenza per un atteggiamento inclusivo e libero dai pregiudizi.

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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