Bullismo e strategie d’intervento nelle scuole

Bullismo e strategie d’intervento nelle scuole
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Ilaria Tonelli
Redazione
Psicologa a orientamento Psicodinamico
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
26.6.2024
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Il bullismo rappresenta un problema diffuso nelle scuole di tutto il mondo, con gravi conseguenze per le vittime e per l'intero ambiente educativo. È essenziale affrontare questo fenomeno con strategie d'intervento mirate per garantire un ambiente scolastico sicuro e inclusivo.


Tale fenomeno richiede un’attenzione condivisa da parte della scuola, delle famiglie e degli alunni stessi, al fine di essere tutti partecipi del sistema di prevenzione ed eventualmente della risoluzione di eventi conflittuali.


Il bullismo nelle scuole italiane


Come riportato dal Prof. Davide Viola nel suo libro del 2018 Non è una scuola per bulli. Strategie di prevenzione del bullismo, cyberbullismo e bullismo omofobico, “Una percentuale molto alta di ragazzi e ragazze riferisce di essere stata vittima di bullismo, basti pensare che il 41% di alunni nella scuola primaria e il 26% nella scuola secondaria dichiarano di aver subito prepotenze” (Viola, 2018).


In base a questi dati, la percentuale di bambini che subisce atti di bullismo diminuisce col crescere dell’età, soprattutto nel passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo grado e successivamente alla scuola secondaria di secondo grado. Tuttavia, possiamo sostenere che gli episodi più gravi di bullismo avvengono proprio durante gli anni di scuola superiore, nonostante siano meno frequenti.

Gli stessi studenti affermano che, in ogni classe, vi sono dalle tre alle sei vittime di bullismo. Questi dati pongono l’Italia tra i paesi europei in cui il fenomeno è più presente, nonostante si stima che solo il 25% degli episodi venga denunciato. Fanno seguito Regno Unito, Spagna e Finlandia.


“Il bullismo rimane, pertanto, nascosto per anni, determinando conseguenze profonde e talvolta difficilmente reversibili”, afferma ancora Fedeli.


Nel 2021, attraverso il Decreto Ministeriale 18 del 13 gennaio emanato con una nota del 18 febbraio 2021, vengono aggiornate le linee guida per quanto riguarda la prevenzione e il contrasto al bullismo e cyberbullismo. In seguito a questa novità viene data l’opportunità a dirigenti, docenti e operatori scolastici di comprendere, ridurre e contrastare i fenomeni di bullismo grazie a strumenti di comprovata evidenza scientifica. Per esempio, grazie al Progetto Safer Internet Centre - Generazioni Connesse si possono reperire informazioni e lezioni e-learning per docenti, nonché tutte le buone prassi per il contrasto al cyberbullismo. 


Un’altra novità messa a disposizione dal Governo e dal MIUR è la possibilità per i docenti di accedere alla piattaforma ELISA dove sono disponibili strategie in modalità e-learning sempre inerenti all’anti-bullismo.


Inoltre, sono stati introdotti Gruppi di Lavoro specifici per aumentare le conoscenze e la prevenzione riguardo questo fenomeno dilagante. In appendice a questo intervento integrato, ormai da molti anni, entrano in gioco anche le Autorità giudiziarie ed il Corpo di Polizia Nazionale, che offre giornate formative e di sensibilizzazione all’interno delle scuole.


Gli effetti del bullismo sul singolo e sulla classe


Il bullismo può avere una serie di effetti devastanti sulla vittima, sia a livello emotivo che fisico, e può influenzare negativamente la loro vita in molteplici modi.


Le vittime di bullismo spesso sperimentano ansia, depressione, bassa autostima e la sensazione di essere intrappolati nella situazione. Questi problemi emotivi sono spesso causa di isolamento e di sentimenti di impotenza che, a lungo termine, possono portare a disturbi psicologici più gravi.


Alcune vittime di bullismo, infatti, possono sviluppare comportamenti dannosi, come l'abuso di sostanze, l'autolesionismo o addirittura pensieri suicidari, come meccanismo per far fronte allo stress e al dolore emotivo. Comportamenti “limite” sicuramente, ma che non devono passare inosservati, né essere sottovalutati qualora venissero scoperti. La vittima deve avere in questo caso la possibilità di parlare liberamente senza il timore di essere giudicato. 

Essere vittime di bullismo può anche aumentare il rischio di sviluppare disturbo da stress post-traumatico (PTSD), ansia sociale e depressione. Tale impatto va sempre contestualizzato all’ambiente sociale e alla qualità dell’attaccamento che il bambino ha acquisito nei suoi modelli operativi interni.


Appare quindi chiaro come gli effetti del bullismo possano perdurare fino all'età adulta, influenzando le relazioni interpersonali, la carriera e il benessere generale della persona coinvolta. Si può ipotizzare che, in situazioni analoghe, l’adulto possa entrare in risonanza col vissuto doloroso interno della sua esperienza infantile senza riuscire a trovare una modalità di risposta funzionale in grado di spezzare lo schema con la possibilità di uscire dalla situazione penosa. È quindi importante affrontare tempestivamente il bullismo e fornire sostegno alla vittima per prevenire conseguenze gravi e a lungo termine.


Da alcuni dati raccolti tramite questionari anonimi dallo psicologo svedese Dan Olweus (1993) è emerso che, grazie agli interventi scolastici antibullismo, è possibile un significativo decremento del fenomeno ed un marcato incremento dei comportamenti prosociali. Infatti l’essere testimone di atti di bullismo può generare un vissuto ambivalente: tacere di fronte agli eventi genera un senso di colpa e frustrazione, mentre denunciare i fatti determina una responsabilità e un andare “contro il sistema” mettendosi a propria volta in una posizione scomoda.


Si sono rilevate anche modifiche degli atteggiamenti verso gli autori di bullismo, che sembravano ricevere più comprensione da parte dei compagni, e la tendenza degli adulti a porre più attenzione ai problemi della vittima che a quelli del bullo. I ragazzi stessi, grazie a questi percorsi istituiti nelle scuole, hanno potuto riflettere sul vissuto interno del compagno prepotente, comprendendo meglio il suo vissuto interno, la bassa autostima e la richiesta di “affermazione”. 


Il lavoro clinico con la classe e i singoli


L'intervento clinico con le vittime di bullismo è fondamentale per fornire loro supporto emotivo e strumenti per affrontare la situazione.


Il professionista, attraverso lo Sportello di ascolto psicologico, per esempio, può venire a conoscenza di atti di bullismo e attivare le procedure necessarie di un primo intervento preventivo. Tuttavia, è altrettanto importante lavorare con l'intera classe per promuovere una cultura di rispetto, empatia e solidarietà.


Questo può essere realizzato attraverso sessioni di sensibilizzazione, attività di gruppo e discussioni aperte sul tema del bullismo. Di grande utilità sono i laboratori basati sull’affettività, la gentilezza, il riconoscimento delle emozioni, all’interno dei quali il professionista può lavorare attraverso la mentalizzazione.

Un buon esempio di intervento curricolare viene riportato dalla Dott.ssa Marinella Liuzzo, che presenta un progetto della durata di 6 mesi suddiviso in due parti (Viola, 2018).


Nella prima parte dell’intervento l’obiettivo è sensibilizzare gli studenti rispetto al fenomeno del bullismo. Attraverso stimoli letterari e role-playing si aumenta la consapevolezza degli alunni circa il fenomeno e le sue possibili conseguenze. Si cerca inoltre di modificare i loro atteggiamenti e di stabilire un sistema di regole condivise contro le prepotenze.


Durante il secondo periodo, queste attività possono essere sostituite da stimoli audiovisivi, seguiti da momenti di discussione e rielaborazione circa le esperienze personali. Il focus è sulle emozioni vissute sia dalla vittima che dall’autore di bullismo. Vengono inoltre approfondite le implicazioni morali per chi osserva le prepotenze. I cambiamenti positivi prodotti da questo tipo d’intervento sono stati rilevati da varie ricerche, che hanno valutato i risultati mediante il questionario di Olweus e questionari di nomine dei pari. 


Il ruolo degli insegnanti e dei genitori


Gli insegnanti svolgono un ruolo chiave nell'identificare e affrontare il bullismo in classe. Il corpo docente dovrebbe essere adeguatamente formato e supportato nel saper riconoscere i segni del bullismo, attivare e attuare adeguati interventi di prevenzione. Un corpo docente preparato e consapevole diventa un punto di riferimento chiaro e sicuro per le vittime di atti di bullismo o testimoni di tali condotte di sopruso. La scuola è un ambiente in cui si sperimentano le prime relazioni sociali e la sicurezza è uno dei cardini sui quali poggiano le relazioni sane.

Il coinvolgimento dei genitori diventa un momento fondamentale di coesione e condivisione degli interessi tra scuola e famiglia. Gli adulti di riferimento dovrebbero condividere gli stessi obiettivi ed offrire un supporto coeso ai ragazzi. Non è da sottovalutare, infatti, il vissuto emotivo dei genitori che vengono messi al corrente delle azioni prepotenti messe in atto dal proprio figlio. Talvolta la reazione di queste famiglie è di sorpresa e incredulità, vergogna e paura del giudizio. 


Strategie d'intervento efficaci contro il bullismo


Appare chiaro come la conoscenza e la prevenzione siano caratteristiche fondamentali per un progetto efficace nel contrasto al bullismo.


Sicuramente le politiche anti-bullismo chiare e rigorose dovrebbero essere accompagnate da contributi economici sufficienti a favorire l’apertura di progetti nelle scuole. La figura dello psicologo scolastico è un altro punto cruciale che può espletare la promozione di programmi di educazione emotiva e resilienza, adeguatamente integrati alle attività educative scolastiche.


La scuola diventa quindi una palestra di apprendimento inclusivo e rispettoso grazie al coinvolgimento attivo degli studenti. A tal proposito, sono molto interessanti tre progetti di prevenzione riportati dal Prof. Davide Viola nel suo libro Non è una scuola per bulli. Strategie di prevenzione del bullismo, cyberbullismo e bullismo omofobico (2018):


  • Il gioco è una cosa seria, proposto in una scuola dell’infanzia 
  • Antibullo con il judo, applicato a una scuola primaria
  • Non è una scuola per bulli, sviluppato in una secondaria. 


Questi tre progetti pilota sono stati creati e messi in pratica in scuole di tre gradi diversi, pertanto ogni intervento è esclusivo e mirato all’età degli studenti.


Tutti e tre i progetti hanno come denominatore comune la prevenzione del bullismo e coinvolgono docenti e alunni. La prevenzione mira alla valutazione dello sviluppo inteso come un percorso individuale, personale e soggettivo. Si tratta di un processo che alterna fasi di continuità a fasi di discontinuità, ossia a “battute di arresto” e crisi che sconvolgono i fragili equilibri evolutivi. 


Alcuni elementi sono comuni ai tre progetti: un modello ecologico-sociale che riconosce il bullismo come una forma relazionale e contestuale tra studenti all’interno della scuola e che pertanto coinvolge professori, personale scolastico e famiglie. Un’altra caratteristica comune dei progetti è la formazione agli insegnanti, che diventano parte attiva del progetto stesso, e il ruolo partecipativo di studenti e famiglie.


Solitamente le prime condotte aggressive si conclamano a scuola, il primo vero luogo di incontro strutturato e disciplinato da regole e da ruoli. Pertanto, da queste premesse, nasce il progetto di prevenzione Il gioco è una cosa seria, finalizzato a ridurre relazioni di tipo aggressivo tra bambini della scuola dell’infanzia.


L’obiettivo è quello di individuare e correggere i comportamenti aggressivi già in età prescolare al fine di trasformarli in comportamenti socialmente adattativi. Il progetto prevede un momento iniziale di formazione degli insegnanti, che acquisiranno le competenze necessarie all’individuazione dei primi comportamenti “a rischio” e che poi, successivamente, cercheranno di modificare con l’obiettivo di avere con gli alunni una relazione proattiva e partecipativa. 

Successivamente a questa prima parte, gli insegnanti sono formati all’osservazione del comportamento interattivo di ciascun bambino nel gioco libero, con l’aiuto di una griglia di osservazione per categorie che imparano a compilare. Vengono quindi selezionati bambini con un comportamento pro sociale e bambini che, al contrario, hanno la tendenza o l’abitudine a comportamenti disfunzionali e aggressivi.


Nel secondo progetto Antibullo con il judo il focus è spostato sul corpo come veicolo di comunicazione nei giovani. In particolare, il judo è una disciplina marziale che oltre a favorire l’armonico sviluppo del sistema muscolo-scheletrico, aumenta il senso di autoefficacia e il rispetto delle regole. Il fine ultimo del progetto è coinvolgere sia la vittima che il bullo.


La disciplina e l’educazione all’utilizzo della forza, possono infatti insegnare al bullo a provare piacere attraverso un suo utilizzo ordinato. Inoltre, attraverso il contatto, si ha la possibilità di misurare la propria forza. Per quanto riguarda la vittima, invece, la disciplina e la crescita fisica aiutano a prendere fiducia in se stessi e acquisire consapevolezza di sé.


Un altro gruppo importante sono gli spettatori, ossia i compagni che osservano ma non intervengono o addirittura coadiuvano il bullo. Attraverso l’attività si educa lo spettatore a non provare piacere dagli atti di sopraffazione.


Il metodo prevede l’insegnamento di tecniche basilari, tra le quali spiccano le tecniche di caduta necessarie per salvaguardare la propria incolumità in caso di aggressione. Inoltre, come tutte le arti marziali, il judo insegna il rispetto dell’ordine, della disciplina e dei ruoli.


L’obiettivo del progetto è migliorare la percezione di se stessi e, di conseguenza, innalzare l’autostima. Inoltre si vuole sviluppare un senso positivo di autoefficacia e la capacità di sapersi confrontare con l’altro nel rispetto dei propri limiti e senza l’utilizzo della violenza. La concentrazione della pratica aiuta a gestire i momenti di tensione e fatica, oltre che sperimentare la reciprocità con l’obiettivo di sviluppare empatia e riflessione sull’altro. 


Nell’ultimo progetto Non è una scuola per bulli, ci si concentra prevalentemente sul riconoscimento e la comprensione delle emozioni che accompagnano ad agire o subire violenze. I ragazzi sono guidati a riflettere sulle motivazioni che inducono un comportamento violento e prepotente cercando di porre l’attenzione alle conseguenze delle proprie azioni.


Il progetto mira a sviluppare empatia, attraverso un processo di elaborazione di strategie problem solving per incrementare i comportamenti pro sociali. I ragazzi sono essi stessi agenti di cambiamento, protagonisti nell’offrire aiuto ai loro coetanei. Attraverso una prima somministrazione di un questionario sulla percezione del proprio autocontrollo, viene avviato un percorso che prevede un vero e proprio training pratico con esercizi di autocontrollo (respirazione, contare alla rovescia…), che vengono denominati “riduttori di collera”. 


In un secondo momento, si passa all’educazione morale attraverso la riflessione sui “dilemmi etici” che aiutano a formare una coscienza più strutturata. L’ultimo step prevede il coinvolgimento degli studenti in una ricerca e nella messa a punto di un progetto da presentare durante un convegno dedicato al tema.


Il bullismo è un fenomeno serio che richiede un approccio integrato e multidisciplinare per essere affrontato con successo. È fondamentale promuovere una cultura di rispetto e tolleranza nelle scuole e fornire sostegno adeguato alle vittime. Solo attraverso l'azione congiunta di insegnanti, genitori, studenti e comunità possiamo sperare di creare un ambiente scolastico sicuro e inclusivo per tutti.


BIBLIOGRAFIA


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Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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