Sessualità
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L’omofobia interiorizzata

L’omofobia interiorizzata
L’omofobia interiorizzatalogo-unobravo
Annunziata Cavallo
Annunziata Cavallo
Redazione
Psicologa ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il


Nessuno nasce omofobo. Con buona probabilità lo si diventa se si cresce in un ambiente nel quale sono costantemente veicolati messaggi eterosessisti. Attraverso l’educazione impartita dalla famiglia, dalla scuola, dalla religione e attraverso le esperienze maturate all’interno della società, gli individui acquisiscono un sistema di valori il quale, ritenuto assolutamente giusto, difficilmente viene messo in discussione.

In ottica cognitiva, tale sistema di valori contribuirà a formare le nostre credenze di base e intermedie, che sono le regole e gli assunti attraverso i quali ci approcciamo e valutiamo il mondo. Prima ancora di poter essere consapevole del proprio orientamento sessuale, un bambino infatti interiorizza un insieme di informazioni che possiamo definire “eterosessiste”, ovvero informazioni e atteggiamenti trasmessi dal sistema culturale di riferimento, che riflettono l’idea che vi sia un unico orientamento sessuale considerato giusto.

Tali informazioni vengono apprese costantemente dalla persona nell’arco del suo sviluppo e possono diventare convinzioni come, ad esempio, che essere gay o lesbica sia qualcosa di sbagliato, che va contro le norme del vivere comune o, addirittura, contro natura.

L’omofobia interiorizzata: cos’è

Possiamo definire l’omofobia, la bifobia e la transfobia interiorizzata nelle persone LGBTQ+ come “l’accettazione passiva dell’insieme di atteggiamenti, credenze, pregiudizi, opinioni e comportamenti, che risultano in una certa misura discriminatori, e che sono tipici della cultura omofobica.”

Spesso queste persone non sono consapevoli di quanto questo tipo di cultura sia responsabile e influenzi la percezione che hanno di loro stesse. Per esempio, le persone gay o lesbiche, tendono ad essere omofobiche come conseguenza del minority stress subito, che le porta ad avere una visione negativa e disprezzante dell’omosessualità stessa. Di conseguenza le persone omosessuali possono esperire emozioni e sentimenti negativi, in relazione al grado di omofobia interiorizzata, quali:

  • ansia
  • disgusto
  • ostilità
  • rabbia
  • paura
  • disagio.
Liza Summer - Pexels

Problematiche psicologiche connesse

L’omofobia interiorizzata è dunque una componente importante nel disagio vissuto quotidianamente dalle persone LGBTQ+ e ha un ruolo determinante nell’insorgenza di alcuni disturbi emotivi. Può causare infatti:

  • bassa autostima
  • difficoltà relazionali
  • isolamento sociale
  • sentimenti di colpa e vergogna

oltre ad avere un impatto profondo sull’individuo che penserà di essere sbagliato. Tutto ciò può contribuire a sviluppare pensieri suicidari e condotte ad alto rischio (ad esempio, sesso non protetto, abuso di sostanze).


L’omofobia interiorizzata, quindi, può portare a sviluppare alcuni problemi come:

  • ansia e depressione
  • disturbi sessuali
  • esclusione sociale
  • abuso di alcol e sostanze
  • elevata percezione dello stigma sociale
  • difficoltà nel fare coming out.


Coming out

Fare coming out è “un’affermazione” profonda della propria identità. Può essere considerato, in senso più ampio, il processo di accettazione del proprio orientamento sessuale e di “uscita allo scoperto” come persona omosessuale. Tale processo determina una radicale rivalutazione di se stessi e del proprio stile di vita. Per questi motivi, il processo del coming out può durare anche tutta una vita ed è oltremodo influenzato dall’omofobia diffusa nel contesto sociale in cui si vive.

Il coming out è dunque il processo di affermazione della propria identità sessuale rivolto:

  • verso se stessi
  • verso gli altri e la società.

Tutte le persone omosessuali, infatti, fanno il loro percorso di coming out prendendo consapevolezza delle proprie preferenze sessuali e, parallelamente, rivelandosi agli altri.

William Fortunato - Pexels


Coming out e supporto psicologico

Il terapeuta può semplificare e rendere meno traumatico questo percorso supportando la persona in tutte le delicate fasi che questo evento prevede. Non sempre, in un primo momento, il coming out potrebbe essere accolto in modo positivo.

Il compito dello psicoterapeuta è quello di condividere con chiarezza e affrontare in modo diretto i rischi connessi a tale processo. Andranno tenuti in considerazione e analizzati, allo stesso modo, sia i rischi che i benefici. Un passo fondamentale è comprendere che qualunque sia la reazione degli altri, essere diverso non significa essere sbagliato.


La psicoterapia

La psicoterapia con persone omosessuali prevede in primo luogo una presa di coscienza dell’esistenza dell’omofobia interiorizzata come problematica importante da affrontare. Il terapeuta in questi casi aiuta la persona omosessuale:

  • a vedere i pregiudizi che ha interiorizzato nel corso della propria esistenza;
  • a comprendere come questi influenzino e condizionino i suoi pensieri e le sue scelte.

L’obiettivo fondamentale in una terapia di questo tipo è aiutare la persona a sentirsi libera di autoaffermare la propria identità sessuale. Le ricerche effettuate negli ultimi anni ci dicono che gli omosessuali che riescono ad affermare la propria identità sessuale tendono a raggiungere un maggiore benessere psicofisico ed essere:

  • più soddisfatti di se stessi;
  • maggiormente propositivi verso gli altri;
  • più propensi a confrontarsi con il mondo circostante.


Riconoscendo le modalità dell’omofobia, gli psicoterapeuti possono agire in modo attivo per aiutare i propri clienti a rifondare l’autostima e ricostruire un’immagine positiva di sé.

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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