Parole, parole, parole… ma come comunichiamo veramente?

Parole, parole, parole… ma come comunichiamo veramente?
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Livia Sasso D'Elia
Redazione
Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
7.2.2020
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Già da piccoli ci viene insegnato a non dire le bugie, ad esprimere i nostri pensieri e sentimenti in forma verbale e ad aspettarci lo stesso dagli altri. Tuttavia, ben presto, iniziamo a sperimentare le contraddizioni di questi insegnamenti:

  • alcune parole non si possono o non si devono dire anche se le sappiamo, le capiamo, le manifestiamo;
  • altre volte ci affanniamo a dire parole che gli altri sembrano non prendere in considerazione, come se credessero di sapere quello che non abbiamo mai detto.

Parole e azioni

Quando qualcuno nega a parole qualcosa che sembra comunicare in modo diverso, dicendo per esempio “io non l’ho mai detto” o “ti sei immaginato tutto”, ci si può sentire traditi o confusi. Queste frasi possono essere molto difficili da digerire quando si ha la certezza di aver ricevuto un messaggio differente a livello non verbale.

Allo stesso tempo può essere abbastanza irritante quando qualcuno pretende di non credere alle nostre parole, basandosi magari su sensazioni che noi non abbiamo fatto nulla per suscitare.

Come districarci nel mondo della comunicazione umana?

Un gruppo di studiosi della scuola di Palo Alto, in California, 60 anni fa ha studiato in modo originale la comunicazione, descrivendone le caratteristiche in un libro diventato un cult per gli psicologi di tutto il mondo: “Pragmatica della comunicazione umana”. In questo saggio viene spiegato come gli aspetti pragmatici, cioè pratici e spesso impliciti, coinvolti nella comunicazione, tendano ad avere una grande rilevanza nella trasmissione di un messaggio, nonostante vengano poi spesso ignorati o disconosciuti a livello esplicito.

In particolare, la scuola di Palo Alto ha definito cinque regole fondamentali che ci permettono di capire in che modo gli aspetti verbali e non verbali della comunicazione interagiscono tra loro.

Quino Al - Unsplash

1) Non si può non comunicare

Qualsiasi comportamento costituisce un messaggio, anche il dire “non voglio parlare” veicola un messaggio, in questo caso di chiusura verso l’interlocutore.

2) Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione

L’aspetto di contenuto riguarda il messaggio che vogliamo inviare, per esempio “voglio andare via”, mentre l’aspetto di relazione riguarda il modo, il contesto e l’interlocutore. Sussurrare “voglio andare via” al proprio partner alla fine di una cena romantica è decisamente diverso dal gridare la stessa frase al culmine di un litigio, sulla porta di casa.

Il contenuto può modificare la relazione e viceversa ed è importante essere consapevoli dell’importanza che hanno entrambi gli aspetti.

3) La natura di una relazione dipende dalle sequenze di comunicazione tra i comunicanti

In questo caso ci si occupa del rapporto tra azione e reazione: chi sta reagendo al comportamento dell’altro? Spesso le crisi di coppia nascono da questo genere di incomprensione, in cui ognuno è convinto di star “rispondendo” al comportamento dell’altro: “faccio così perché il partner fa così”, in un loop infinito di ripicche e vendette.

Può essere utile allora prendersi un momento per esplicitare cosa sta succedendo a livello comunicativo.

4) La comunicazione umana è composta da codici analogici e digitali

I primi corrispondono prevalentemente ad aspetti relazionali e i secondi ad aspetti di contenuto. Il mezzo attraverso cui comunichiamo può essere “digitale”, cioè codificato come la lingua parlata o scritta, oppure “analogico” cioè non codificato, pratico.

Questo aspetto della comunicazione diventa evidente quando siamo di fronte a qualcuno che non parla la nostra lingua: in questo caso il codice digitale (la lingua) è inutilizzabile. Tuttavia possiamo usare il codice analogico: sorridere gentilmente o tirare un pugno in faccia fa capire immediatamente che tipo di relazione intendiamo instaurare.

Quando utilizziamo uno di questi due codici è importante non smentirci per non mandare in confusione l’interlocutore: per esempio insultare qualcuno anche pesantemente, ma sorridendo, è una forma molto diffusa e fastidiosa di contraddizione tra i due codici.

Eren Li - Pexels

5) Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull'uguaglianza o sulla differenza

Anche in una relazione apparentemente paritaria ci sono dei ruoli complementari, flessibili e sani, in cui ognuno dei due interlocutori riconosce all’altro la legittimità di parola e opinione. In questi casi nessuno mette in discussione la posizione dell’altro o, se lo fa, la cosa appare eclatante, assurda e comica, per esempio il bambino che dice al genitore “vai a dormire che è tardi” o l’alunno che dice alla professoressa “non ti ho dato la parola perché non hai alzato la mano”.

Gli scambi comunicativi maggiormente problematici sono invece quelli basati sulla simmetria, quando cioè i due comunicanti non accettano la posizione relazionale dell’altro, a prescindere dal contenuto del messaggio e cercano di mettersi in una posizione di superiorità che non viene reciprocamente riconosciuta “chi sei tu per dirmi questo?”.

Si assiste dunque a quella che è stata definita “escalation simmetrica” in cui ognuno dei comunicanti cerca di affermare la propria superiorità rispetto all'altro. Renderci conto che si sta discutendo sulla posizione piuttosto che sul contenuto può aiutarci a relazionarci in modo costruttivo.

Concludendo

Non è facile non lasciarci trascinare dalle parole o dalla contraddizione tra parole e comportamenti tuttavia, avere bene in mente come funziona la comunicazione e quali leggi segue, può decisamente aiutarci a muoverci nel mondo delle relazioni in modo più maturo.


Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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