Studi su musica e neuroscienze indicano che la pratica musicale può essere associata a migliori prestazioni in alcuni domini cognitivi. In particolare, una meta-analisi mostra che chi suona uno strumento presenta in media performance superiori nella memoria di lavoro rispetto a chi non ha esperienza musicale (g = 0,56; IC 95%: 0,33–0,80) e benefici anche sulla memoria verbale (Talamini et al., 2017).
Musica e memoria
I ricercatori Agnes S. Chan, Yim-Chi Ho e Mei-Chun Cheung, dell'Università di Hong Kong, hanno condotto uno studio su persone adulte che avevano ricevuto un'educazione musicale prima dei 12 anni. I risultati hanno mostrato che questa esperienza li ha resi più performanti nei compiti di memoria, confermando l’ipotesi che una formazione musicale possa avere effetti a lungo termine (Chan et al., 1998).
Successivamente hanno studiato 90 ragazzi di età compresa tra i 6 e i 15 anni. Metà avevano una formazione musicale appresa da lezioni individuali o dalla partecipazione all'orchestra scolastica, l'altra metà non aveva ricevuto un'istruzione di questo tipo: la performance dei giovani musicisti, nei test di memoria verbale, ha superato significativamente quella dei non-musicisti (Ho et al., 2003).
La musica è per tutti
L'approccio a uno strumento musicale può essere funzionale anche a livello trasversale, influenzando la capacità mnemonica nei bambini. Per molte persone, questa attività può risultare divertente e motivante, rispetto ad altri tipi di percorsi di potenziamento cognitivo che possono essere percepiti come più noiosi o ripetitivi.
Inoltre, l'apprendimento musicale richiede poche abilità linguistiche, quindi può essere molto adatto a chi incontra maggiori difficoltà in quest'area.

La musica è socialità
Suonare può rappresentare un forte incentivo per migliorare le funzioni sociali ed emotive nei ragazzi. Il desiderio di essere musicisti è un fattore motivante ed entrare a far parte di una band o di un gruppo può aiutare a ridurre l'isolamento e favorire la socializzazione, offrendo un potente veicolo espressivo e di auto-liberazione.
Come diceva ironicamente Steve Albini, produttore di tante straordinarie band tra cui i Nirvana, per proteggere la spontaneità musicale: “Trova persone che pensino come te e mettiti con loro. Fai solo musica che ti appassiona. Lavora solo con persone che ti piacciono e di cui ti fidi. Non firmare niente”.
Musica durante il lavoro o i compiti: aiuta o distrae?
Durante lo svolgimento delle proprie attività, molte persone utilizzano la musica di sottofondo per rilassarsi, motivarsi o concentrarsi meglio. Diversi studi hanno affrontato questa tematica, cercando di verificare l'effettiva utilità di questo comportamento, ma i risultati sono stati contrastanti. Secondo alcuni c'è un miglioramento nella qualità del lavoro (Fox & Embrey, 1972), secondo altri questo effetto non si riscontra (Lesiuk, 2005).
In generale, la ricerca concorda sull'efficacia positiva dell’ascolto in sottofondo, a volume basso, di musica strumentale o, per alcune persone, di rumori ambientali che non interferiscano con compiti linguistici, così da non sovraccaricare le stesse aree cerebrali (Zhou et al. 2024).
È vero che un po' di buona musica può far bene anche al corpo?
In uno studio del 2013, sono state coinvolte 60 donne divise in 3 gruppi:
- a un gruppo è stata fatta ascoltare della musica rilassante;
- a un secondo gruppo il suono di gocce d'acqua;
- a un terzo gruppo invece non è stata somministrata nessuna stimolazione sonora.
A tutte le partecipanti è stata poi presentata una situazione psico-socialmente stressante e si è potuto osservare che chi aveva ascoltato musica rilassante recuperava più in fretta un equilibrio emotivo rispetto agli altri gruppi, mostrando anche un minore rilascio di cortisolo.
Questo effetto è probabilmente dovuto a una “preparazione” del sistema nervoso autonomo che, di fronte allo stress, riesce a fornire una reazione più equilibrata e a favorire un ripristino più rapido (Thoma et al. 2013).

Ascoltare musica aiuta anche la gestione del dolore fisico
Uno studio effettuato su persone che convivono con la fibromialgia ha scoperto che chi ascoltava musica per almeno un'ora al giorno poteva beneficiare di una riduzione significativa nella percezione del dolore. Dopo quattro settimane, chi aveva ascoltato musica tutti i giorni mostrava anche una riduzione dei sintomi depressivi correlati al disturbo (Garza-Villarreal, 2014).
Una review del 2015 su pazienti che avevano subìto un intervento chirurgico ha confermato questi benefici. Lo studio ha evidenziato come il prepararsi all'intervento ascoltando musica avesse effetti migliori rispetto all'ascolto effettuato durante o dopo l’operazione (Hole et al., 2015).
Cent'anni di melodie?
Bree Gordon, direttore della Creative Arts Therapies di Palm Beaches ed esperto musico-terapeuta, sottolinea come avvicinarsi alla musica e imparare a suonare sia un’abilità che può essere coltivata in qualsiasi fase della vita, indipendentemente dall’età o dalle condizioni di salute.
Persone che vivono con il morbo di Alzheimer o di Parkinson possono trarre benefici significativi da queste attività, a patto che vengano loro dedicate attenzione, tempo e pazienza. È interessante notare che la memoria musicale implicita, in particolare quella procedurale, come la capacità di suonare uno strumento musicale, può essere preservata anche in chi vive con l’Alzheimer (Baird & Samson, 2009), offrendo così un canale prezioso per l’espressione e la connessione personale anche in presenza di gravi difficoltà cognitive.
Musica e memoria nelle diverse fasi della vita
Il legame tra musica e memoria si manifesta in modo diverso a seconda dell'età, offrendo benefici specifici a bambini, adulti e anziani.
- Nei bambini, l'apprendimento musicale può favorire lo sviluppo della memoria verbale e della concentrazione. Secondo uno studio dell'Università di Hong Kong, i bambini che hanno seguito lezioni di musica per almeno un anno hanno ottenuto risultati migliori del 17% nei test di memoria verbale rispetto ai coetanei senza formazione musicale (Ho et al, 2003).
- Negli adulti, la pratica musicale può aiutare a mantenere attive le funzioni mnemoniche e a migliorare la capacità di apprendere nuove informazioni. Ad esempio, adulti che hanno ricevuto un'educazione musicale prima dei 12 anni hanno mostrato una maggiore efficienza nei compiti di memoria anche a distanza di anni (Chan et al, 1998).
- Negli anziani, l'ascolto e la pratica musicale possono stimolare la memoria autobiografica e, in alcuni casi, contribuire a rallentare il declino cognitivo. In persone con malattie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer, la musica può contribuire a riattivare ricordi e favorire la comunicazione emotiva, offrendo momenti di connessione e benessere (Baird & Samson, 2009).
Questi effetti suggeriscono come la musica possa essere un valido alleato per la memoria in ogni fase della vita, adattandosi alle esigenze e alle potenzialità di ciascuno.

Esercizi pratici per stimolare la memoria con la musica
Integrare la musica nella propria routine può diventare un modo piacevole ed efficace per stimolare la memoria. Ecco alcuni esercizi pratici che possono essere svolti da soli o in gruppo:
- Ascolto attivo: Scegliere una canzone e provare a ricordare l'ordine degli strumenti che entrano durante il brano. Questo esercizio allena l'attenzione e la memoria di lavoro.
- Memorizzazione di testi: Imparare a memoria il testo di una canzone, magari cantandolo senza la musica di sottofondo, aiuta a rafforzare la memoria verbale e la capacità di richiamo.
- Ripetizione ritmica: Battere le mani o suonare uno strumento seguendo un ritmo ascoltato. Ripetere sequenze ritmiche stimola la memoria procedurale e la coordinazione.
- Creazione di playlist tematiche: Associare playlist a momenti specifici della giornata (studio, relax, attività fisica). Riascoltare le stesse canzoni in determinati contesti può aiutare a fissare ricordi e abitudini.
- Attività di gruppo: Partecipare a cori, band o semplici sessioni di canto collettivo favorisce la memorizzazione attraverso la ripetizione e la condivisione sociale.
Sperimentare questi esercizi può rendere l'allenamento della memoria più coinvolgente e motivante, adattandolo alle proprie preferenze musicali.
Testimonianze: la musica che può riaccendere i ricordi
Le esperienze personali mostrano quanto la musica possa essere potente nel risvegliare la memoria. Ad esempio, molte persone anziane con difficoltà cognitive riferiscono di riuscire a ricordare parole di canzoni ascoltate in gioventù, anche quando faticano a ricordare eventi recenti. Questo fenomeno trova una spiegazione scientifica nell’interazione tra i centri fronto-parietali, responsabili dell’elaborazione strutturale della musica, e le aree sottocorticali, coinvolte nell’emozione e nel contesto: tale interazione rende la musica facilmente memorizzabile e le permette di fungere da forte informazione contestuale per l’archiviazione e il recupero di informazioni non musicali (Ren & Brown, 2024).
Questo è stato osservato anche in contesti di musicoterapia, dove l'ascolto di brani significativi ha, in alcuni casi, permesso a persone con Alzheimer di riconoscere familiari o di raccontare aneddoti legati alla loro storia personale. Anche tra i più giovani, la musica può diventare un ponte per la memoria: studenti che associano una determinata playlist allo studio di una materia spesso riferiscono di riuscire a richiamare più facilmente le informazioni ascoltando la stessa musica durante una verifica o un esame.
Queste testimonianze sottolineano come la musica non sia solo un piacere, ma anche uno strumento che può contribuire a mantenere vivi i ricordi e rafforzare la memoria nella vita quotidiana.
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