Dalle parole di Trevarthen possiamo intuire quanto la musica sia insita dentro di noi e possa essere un forte strumento di comunicazione, riflessione, trasformazione a impatto emotivo e cognitivo. Ma la musicalità è presente in ogni individuo? Cosa succede nei casi in cui la sfera relazionale è compromessa e la comunicazione viene meno, come nel caso dell’autismo?
La musicoterapia è un approccio che utilizza la musica:
Essa agisce specificatamente nell’area pre-verbale o non verbale rendendola adatta a quelle situazioni in cui non c’è comunicazione verbale o quando essa risulta alterata. Attraverso le produzioni sonore spontanee avviene una riattivazione delle modalità espressive originarie, mettendo in comunicazione l’attore, il ricevente e i loro mondi emotivi.
Émile Jaques-Dalcroze, compositore, pedagogo e direttore d’orchestra, ci suggerisce che il corpo del bambino possiede del tutto naturalmente l’elemento essenziale del ritmo, ovvero il senso del tempo. L’attività musicale può essere vista quindi come un percorso integrato che parte dalle basi del movimento e del ritmo per acquisire successivamente un significato di tipo emotivo attraverso la melodia.
Viene a realizzarsi ciò che il ricercatore K. Bruscia chiama “rispecchiamento”: il momento in cui il terapista improvvisa per unirsi agli stati d’animo o ai sentimenti che il bambino sta esprimendo mediante la musica, il linguaggio del corpo o le verbalizzazioni. Il terapista può riflettere sentimenti e stati d’animo ed amplificarli musicalmente, evidenziando allo stesso tempo un tratto distintivo unico del bambino o di ciò che sta facendo.
Parlando di autismo, sappiamo che le maggiori difficoltà possono avvenire a livello sociale e interattivo, nonostante si osservi la presenza di competenze e doti molto sviluppate ed eccezionali, che in genere riguardano:
Considerando la grande varietà e diversità di caratteristiche presenti nella categoria diagnostica dello spettro autistico, l’intervento con la musica è adatto ad attivare processi di relazione intersoggettiva, attraverso il riconoscimento delle caratteristiche del funzionamento percettivo, della ritmicità e delle modalità di espressione del soggetto.
Per poter collaborare con chi ha un disturbo dello spettro autistico, è necessario:
Per tutti coloro che si chiedono se una persona con disturbi dello spettro autistico potrà suonare uno strumento, la risposta è: con i loro tempi, con i loro mezzi e con le loro attitudini.
Quando emerge una richiesta spontanea da parte del bambino con cui si sta entrando in relazione, è utile a mio avviso operare un’integrazione tra le teorie di riferimento, per avere un quadro completo delle possibili modalità di intervento. Per costruire una buona relazione terapeutica bisogna tenere sempre presenti:
Un possibile percorso di intervento con la musica si costruisce attraverso:
La musica riveste un ruolo importante in tutti quegli interventi che si pongono al limite fra il verbale e il non verbale. Qualsiasi approccio terapeutico si scelga, è fondamentale entrare in relazione empatica con il soggetto, con il suo stile di vita e con le sue modalità di comunicazione, comprese le sue risposte affettive ed emotive.
Utilizzare la musica come canale comunicativo e di crescita personale e rendere competente il bambino a livello musicale, secondo le sue corde, le sue risorse, i suoi interessi e le sue possibilità è l’obiettivo da raggiungere attraverso questa terapia.