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Personalità e rapporti interpersonali: l’influenza delle relazioni dell’infanzia

Personalità e rapporti interpersonali: l’influenza delle relazioni dell’infanzia
Personalità e rapporti interpersonali: l’influenza delle relazioni dell’infanzialogo-unobravo
Sofia Collatina
Sofia Collatina
Redazione
Psicologa a orientamento Analitico Transazionale Socio-Cognitivo
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il

Le esperienze relazionali dei primi anni di vita costituiscono la base del modo in cui l’individuo, una volta adulto, darà senso alle situazioni che vive, risponderà agli eventi e vivrà i legami significativi. Saranno la base della sua personalità e del modo in cui starà in relazione con gli altri. I rapporti interpersonali ci influenzano sin dall’infanzia: vediamo come.

A seconda delle interazioni all’interno delle relazioni che la persona ha avuto sin da piccolissima, essa svilupperà un certo modo di pensare, sentire, agire verso e gli altri.

Il bambino ha due inclinazioni innate:

  • mettersi in relazione con un’altra persona, specialmente quelle per lui importanti, come i genitori;
  • esplorare e distanziarsi dalla figura di accudimento.

Queste due inclinazioni naturali, in situazioni relazionali sufficientemente buone, danno all’individuo di età adulta la capacità di dipendere e allo stesso tempo di differenziarsi dalla persona che gli dà sicurezza, il tutto con una tonalità affettiva positiva. Naturalmente ogni età richiede dosi differenti di dipendenza e di differenziazione. Pensiamo a un neonato: la dipendenza è praticamente totale, mentre in un adulto è parziale.


In che modo le prime relazioni importanti ci influenzano?

Il modo in cui le prime relazioni importanti influenzano la personalità di un adulto, avviene grazie a uno o più fra tre cosiddetti “processi di copia”: identificazione, ricapitolazione e introiezione.


L' identificazione

L’individuo tende ad agire, pensare, sentire come le persone importanti che incontra, una forma di imitazione che dura nel tempo; ad esempio, il bambino che è biasimato o vede biasimare, tenderà a diventare un adulto che biasima. È possibile anche che la persona si identifichi per opposto agendo, sentendo o pensando tutto il contrario rispetto ad una persona significativa.

L'introiezione

La persona tratta se stesso come è stata trattata da altri per lei importanti; ad esempio, se il genitore trascura il bambino, è molto probabile che questi diventi un adulto che si trascura.

La ricapitolazione

Il bambino crea delle rappresentazioni mentali di altre persone importanti e da adulto si comporta, pensa e sente come se queste persone fossero presenti. Assume, cioè, le loro regole e i modi di pensare. Oppure li respinge e tiene in considerazione tutto il contrario.

Thiago Cerquiera - Unsplash

Ogni bambino è unico

Il bambino non è come un contenitore che riceve passivamente gli stimoli: il suo modo di essere adulto non sarà la somma di tutte le interazioni che ha avuto con i suoi genitori. Ogni bambino interpreterà il messaggio in maniera diversa, individuale, proprio perché ognuno è unico e diverso dagli altri, con un carattere e una sensibilità diversi.

La psicologa Lorna Smith Benjamin, nell’analizzare il comportamento degli individui, ha sviluppato dei “modelli circomplessi” che descrivono come le persone si comportano nelle relazioni e qual è la percezione di sé che l’individuo costruisce partendo dalle prime relazioni importanti.


Comportamenti che io metto in atto con l’altro di mia iniziativa

Partiamo da come io mi comporto e in che modo prendo iniziativa verso l’altro.

Posso interagire dando libertà all’altro o togliendogli libertà, quindi controllandolo. Posso farlo con ostilità o con un affetto positivo. Per esempio, se ascolto l’altro, gli sto dando libertà in maniera affettivamente positiva. Se invece inizio a criticarlo, è come se lo stessi controllando in maniera ostile.

Comportamenti che io metto in atto nel rispondere all’altro

Come rispondo nell’interazione con l’altro? Posso rispondere affermandomi, quindi dandomi potere, oppure sottomettendomi, quindi togliendomi potere. Posso fare l’una o l’altra cosa con odio o con amore.

Per esempio, se nel rispondere ad una richiesta dell’altro mi adeguo con risentimento, mi sto togliendo potere con ostilità. Se invece a una richiesta dell’altro rispondo aprendomi e comunicando ciò che desidero, mi sto dando potere amorevolmente.

Comportamenti che metto in atto verso me stesso

Come mi tratto? E com’è il mio mondo interiore? Posso trattarmi dandomi libertà o controllandomi in maniera ostile o amorosa. Se per esempio, nel mio dialogo interno, quando succede qualcosa mi giudico aspramente, mi sto togliendo potere con ostilità. Se nella vita di tutti i giorni tendo a proteggermi e a prendermi cura di me, mi sto togliendo potere perché mi controllo, ma in maniera amorevole.


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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