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Regretting Motherhood: un tabù infranto

Regretting Motherhood: un tabù infranto
Regretting Motherhood: un tabù infrantologo-unobravo
Maria Esposito
Maria Esposito
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Sistemico-Relazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il

Uno degli aspetti psicologici della gravidanza e della maternità di cui si parla decisamente poco è la regretting motherhood.

“Se tornassi indietro non vorrei avere figli”. Non è facile ammetterlo: spesso molte donne nascondono questo loro sentire anche agli affetti più cari o al partner poiché per “natura e cultura” si è abituati a definire un figlio come la cosa più bella della propria vita e come colui che va amato a prescindere.

In realtà, in queste situazioni, non è l’amore che manca. Le mamme, seppur pentite, amano visceralmente il proprio figlio, solo che non riescono a essere felici e vorrebbero riavvolgere il nastro all’indietro.


Un pensiero diffuso, ma ancora un tabù

Pentirsi della propria maternità è un pensiero che in pochissime riescono a confessare, a sé stesse e agli altri. La sensazione è quella di sentirsi dei “mostri” e, in effetti, è così che la maggior parte della gente considera una donna che ammette il proprio pentimento.

Questo giudizio così duro, probabilmente, deriva dal fatto che questa possibilità sfida lo stereotipo radicato secondo cui essere madri sia la cosa più bella del mondo e che la maternità completi l’identità femminile.

Non è semplice, per la società, accettare quest’idea tanto che viene ancora rifiutata, negata. Molto facilmente si mette in dubbio il sentire di queste madri, rifiutando a priori la possibilità che sia la condizione di madre in sé ad essere vissuta negativamente, confermando in questo modo il senso di inadeguatezza delle “mamme pentite”.

Helena Lopes - Pexels

Regretting Motherhood

Nessuno prima della sociologa Orna Donath aveva approfondito questa difficile e delicata tematica. L’autrice, con il libro Regretting Motherhood, ha deciso di infrangere questo tabù svolgendo un'indagine sociologica basata su interviste a 23 donne.

L’autrice ha descritto l'universo del pentimento materno, che però è tutt’altra cosa rispetto all'amore per i propri figli. Tutte le donne intervistate, infatti, distinguono il pentimento dall’amore materno.

Queste donne, pur amando i propri figli, ammettono di non amare la condizione dell’essere madre e si nascondono, preoccupate e spaventate dal loro stesso sentire, convinte di essere “sbagliate”, le sole a provare questi sentimenti. Attraverso la condivisione con altre donne riescono a sentirsi accolte, comprese e sollevate.


Cosa provoca questo pentimento?

Ciò che diventa difficile da accettare sembra essere il cambiamento del loro stile di vita. È come se la maternità desse loro la sensazione che non ci sia più spazio per altro al di fuori dei figli, vivendo così il loro ruolo di madre con frustrazione. Alcune donne, dopo essere diventate madri, semplicemente:

  • non provano quel trasporto travolgente che credevano avrebbero vissuto;
  • provano una noia e una tristezza che non immaginavano.

È come se la maternità reale si scontrasse contro le aspettative della maternità immaginata, rendendo evidente ai loro occhi che, anche senza figli, la loro vita avrebbe avuto un senso.

“Non tutti siamo uguali, forse non tutti sono fatti per essere genitori, e, per quanto tu ti possa preparare lo scoprirai solo dopo. A chi parla di maternità dico: smettete di idealizzarla.” Valentina Maran

La maternità non è soltanto gioia e amore assoluto. Negare i sentimenti contrastanti, ambivalenti, conflittuali e aggressivi che ne fanno parte, può spingere la madre che li percepisce a sentirsi “diversa” o “anomala”. Il suo sentire, scaturito dalle difficoltà e dal carico dell’essere madre, è percepito come un qualcosa che non si dovrebbe provare, qualcosa di cui vergognarsi e da nascondere ad ogni costo.

Ketut Subiyanto - Pexels

Riflettere, parlarne, condividere le esperienze

Una madre che prova questi sentimenti, deve poter condividere tale visione con altre mamme pentite e dare voce al fatto che essere madri non renda necessariamente felici. Questo potrebbe rendere tale condizione meno dolorosa per ognuna di loro e certamente potrebbe alleviare il gigantesco senso di colpa.

Affinché ciò avvenga, potrebbe essere opportuno:

  • allargare la visione della maternità a cui siamo abituati ad una più realistica, complessa e sfaccettata;
  • alleggerire gli stereotipi ad essa legati, che la vedono solo con occhi romantici e idealizzanti;
  • abbattere il muro del silenzio
“Amo i miei bambini… solo non vorrei essere la loro madre”
Charlotte, una delle donne intervistate da Orna Donath


Ritratto di donna

Le donne pentite di essere madri:

  • non sono donne con patologie mentali;
  • non fanno mancare le cure ai propri figli;
  • assolvono il loro ruolo di madre ma vivono con difficoltà tale condizione.

Esse vogliono bene ai propri figli, ma non si sentono appagate dalla loro condizione e, se potessero, non rifarebbero tale scelta, probabilmente condizionata da aspetti antropologici e sociali. Si tratta di madri che, per svariati motivi, non si sentivano adatte, non volevano cambiare la propria vita o volevano farlo in percorsi diversi escludendo la maternità.

Cosa dovrebbe fare la società? Probabilmente accettare la pluralità e la diversità dell’universo femminile, nel rispetto e nella promozione di ogni scelta consapevole e spontanea.

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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