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La psicologia dietro alla solitudine urbana, in Italia

La psicologia dietro alla solitudine urbana, in Italia
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
2.7.2025
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Lo stile di vita moderno, in Italia, sta cambiando. Nelle città più frenetiche, dove l’essere indipendenti viene spesso idealizzato, sta prendendo piede una nuova emozione: la solitudine. Sempre più persone vivono da sole, i legami personali diventano più distanti e gli effetti persistenti della pandemia continuano a ridefinire il modo in cui ci relazioniamo. Nonostante le città siano da un lato molto popolate, dall’altro in molti ammettono di sentirsi profondamente soli.

La solitudine può essere solo una sensazione momentanea di disconnessione, ma anche uno stato emotivo cronico, capace di  influenzare il benessere emotivo, la salute cognitiva e persino la resistenza fisica dell’individuo. Ricerche scientifiche hanno persino dimostrato un legame tra solitudine e sintomi fisici come pressione alta, livelli elevati di cortisolo e tassi di mortalità.

Per comprendere meglio la portata e l’impatto del fenomeno, Unobravo ha utilizzato l’expertise psicologica, dati di terze parti e approfondimenti di un sondaggio nazionale condotto su oltre 1.500 italiani per analizzare come si manifesta la solitudine nei centri urbani del Paese. Questo report individua le regioni più colpite, l’impatto psicologico della vita urbana moderna e propone possibili strategie per favorire la connessione con gli altri.

L’aumento dell’isolamento urbano e il suo impatto sulla salute mentale

Nonostante l’Italia sia il quinto Paese più popoloso d’Europa, la metà degli italiani afferma di sentirsi sola nella città in cui vive. Ancora più allarmante, il 6% dichiara di provare questa sensazione costantemente, aumentando così il rischio di ansia, depressione e anche malattie fisiche.

Una delle principali cause di questo fenomeno è l’aumento costante delle persone che vivono da sole. Dal 2020, i nuclei familiari mono componente, in Italia, sono aumentati del 14%, raggiungendo oltre 9,5 milioni di individui. Se da un lato alcuni scelgono di vivere da soli per la libertà e l’indipendenza che questo comporta, altri si trovano in questa condizione a causa di impegni lavorativi, della scelta di rimandare o evitare relazioni stabili, del trasferimento in città o dei cambiamenti nelle dinamiche familiari.

Anche il calo dei matrimoni sta modificando il tessuto sociale. L’Italia ha uno dei tassi di matrimonio più bassi d’Europa, e sempre più persone che posticipano o vi rinunciano del tutto. Questo cambiamento porta a periodi di vita da single più lunghi e a un allontanamento dai modelli familiari tradizionali. Il fenomeno è evidente anche nei 3 milioni di nuclei familiari mono genitoriali oggi presenti nel Paese, un gruppo che può sperimentare forme specifiche di isolamento sociale, soprattutto in assenza di reti di supporto locale. Tuttavia, le relazioni romantiche non proteggono necessariamente dalla solitudine: il 67% degli italiani con partner dichiara di sentirsi solo nella propria città, rispetto al 60% dei single, segno che la qualità delle connessioni sociali conta più dello stato relazionale.

L’invecchiamento della popolazione aggiunge un ulteriore livello di complessità. Quasi un italiano su quattro ha oggi 65 anni o più. Con l’avanzare dell’età, aumenta la probabilità di vivere da soli, sia per la perdita del coniuge, che per problemi di salute o la riduzione della rete sociale. Oltre 5,3 milioni di italiani over 60 vivono oggi da soli, spesso con una mobilità limitata e meno occasioni di socializzazione. Senza un supporto emotivo costante da parte della famiglia o della comunità, gli anziani sono particolarmente vulnerabili agli effetti della solitudine cronica.

Allo stesso tempo, i cambiamenti nei modelli lavorativi stanno trasformando la quotidianità. Il lavoro da remoto è diventato una realtà per il 29% degli italiani nel 2025, in forma part-time o full-time. Se da un lato il lavoro flessibile offre numerosi vantaggi, ha anche ridotto le interazioni sociali quotidiane. Più di un quarto (26%) dei lavoratori da remoto afferma di sentirsi isolato o solo, segno che la crescente individualizzazione della vita, sia domestica che professionale, sta amplificando il senso di disconnessione sociale.

Le città italiane più a rischio di solitudine

Sebbene la solitudine sia un problema nazionale che richiede maggiore empatia, la sua intensità varia tra i diversi centri urbani. Per individuare dove questa condizione è più diffusa, abbiamo analizzato il comportamento di ricerca online legato alla solitudine, il tasso di nuclei familiari monocomponente e i dati del nostro sondaggio.

Nonostante il ruolo di capitale culturale, Milano è la città più sola d’Italia. Con il numero più alto di ricerche online legate alla solitudine (154 ogni 100.000 abitanti) e una quota significativa di nuclei monocomponente (32%), il 43% dei milanesi dichiara di sentirsi solo. La discrepanza tra i dati suggerisce che molti stiano cercando aiuto o connessione in modo silenzioso.

Genova è al secondo posto, spinta soprattutto dall’alta percentuale di persone che vivono da sole (50%, la più alta nell’indice) e da un tasso di solitudine del 44%. I dati indicano che vivere soli può incidere direttamente sulla percezione della connessione sociale quotidiana.

Roma è terza: il 53% dei residenti si sente solo, il dato più alto tra le grandi città. Con il 40% dei nuclei composti da una sola persona, la capitale dimostra come anche una metropoli vibrante possa risultare isolata.

Anche città più piccole come Livorno (50%), Trieste (62%) e Padova (68%) rientrano nella top 10. Padova, in particolare, presenta il tasso più alto di solitudine nonostante una quota relativamente bassa di nuclei monocomponente (29%), suggerendo che altri fattori, come la rete sociale o le differenze generazionali, contribuiscono al senso di disconnessione.

Essere connessi digitalmente non significa sentirsi supportati emotivamente

La solitudine non colpisce tutti allo stesso modo: è influenzata dalla fase della vita, dai ruoli sociali e dalle condizioni dell’ambiente urbano moderno. Anche se spesso è associata alla vecchiaia, i dati recenti raccontano un’altra storia: sono i giovani italiani a segnalare i livelli più alti di solitudine nelle città, nonostante siano la generazione più connessa online.

Gli italiani tra i 25 e i 34 anni riportano i livelli più alti di solitudine: il 70% afferma di sentirsi solo nel proprio contesto locale. A seguire, la fascia 18–24 anni (69%). Al contrario, i livelli di solitudine diminuiscono con l’età: il 45% tra i 55 e i 64 anni, e solo il 33% tra gli over 65. A livello di genere, il 53% delle donne italiane si sente sola, contro il 46% degli uomini.

Strategie per contrastare la solitudine urbana

La solitudine nelle città può essere disorientante, ma non è inevitabile. Con le giuste strategie, le persone possono ricostruire connessioni significative, anche in ambienti in cui ci si sente isolati.

1. Riconnettiti con la rete più ampia

Anche se la distanza fisica può rendere difficile mantenere contatti frequenti, restare connessi emotivamente con le nostre persone significative può portare grandi benefici psicologici. Telefonate regolari, videochiamate e abitudini condivise con fratelli, cugini, parenti o amici  lontani aiutano a mantenere un senso di continuità e appartenenza.

2. Crea micro-comunità nella tua città 

Le grandi città possono sembrare impersonali, ma anche piccole interazioni quotidiane creano un senso di comunità. Stringere relazioni con i vicini, scambiare due chiacchiere con i negozianti o con i volti familiari al bar può risultare davvero utile. Questi gesti, nel tempo, costruiscono familiarità e connessioni reali.

3. Progetta una routine orientata alla connessione

La vita urbana privilegia la comodità, ma creare relazioni richiede intenzionalità. Lavorare in uno spazio condiviso invece che da casa, fare una passeggiata invece di guidare, o passare 10 minuti nel parco vicino per osservare la vita attorno a te può essere importante.

4. Rivedi il tuo rapporto con la solitudine

Solitudine e isolamento non sono sinonimi. Se la solitudine è una sofferenza emotiva, scegliere di vivere una fase di maggiore isolamento può essere, invece, rigenerante. Cambiare la narrativa interna su cosa significhi stare soli può ridurre il peso psicologico dell’isolamento urbano.

Come spiega la Dott.ssa Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo:  “Il dolore della solitudine è psicologico: non è essere soli, ma sentirsi soli. Sentire di avere il potere di modificare questa condizione, o di poterla gestire apprezzando dei momenti solo propri, può trasformare la sofferenza in una risorsa.”

Usare il tempo da soli per attività creative o riflessive rafforza l’identità personale e migliora le relazioni future.

5. Regola le tue abitudini digitali

La tecnologia facilita la connessione, ma lo scrolling passivo peggiora la solitudine. L’interazione consapevole, invece, migliora il benessere cognitivo e i legami sociali.

Secondo la Dott.ssa Fiorenza Perris: “Non è il tempo davanti allo schermo a causare solitudine, ma il modo in cui lo usiamo. L’interazione attiva può essere positiva, mentre il consumo passivo spesso lascia un senso di isolamento.”

Imposta limiti all’uso digitale. Invece di fare doomscrolling, inviare un messaggio a un amico, unirsi a forum su argomenti d’interesse o programmare videochiamate con chi si ama può risultare essenziale per una connessione reale e reciproca.

Fonti e metodologia 

Per comprendere meglio la solitudine urbana in Italia, Unobravo ha analizzato 28 tra le principali città del Paese, combinando dati da sondaggio e fonti esterne per individuare dove la solitudine è più concentrata e perché.

I dati demografici e relativi ai nuclei familiari sono stati ricavati da ISTAT, mentre i comportamenti di ricerca online sono stati analizzati tramite Google Keyword Planner per termini come “Affrontare la solitudine”, “La solitudine”, “Mi sento solo”, “Perché mi sento solo”, “Sentirsi soli” e “Solitudine”.

A supporto, Unobravo ha condotto un sondaggio nazionale su 1.527 italiani, raccogliendo insight auto-riferiti su quanto spesso le persone si sentono sole nella propria città. Le risposte sono state analizzate per fascia d’età, genere, stato relazionale e regione, aiutandoci a identificare i gruppi più colpiti dall’isolamento urbano.

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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