Psicologia della salute
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La psicologa risponde: intervista di Cistite.info

La psicologa risponde: intervista di Cistite.info
La psicologa risponde: intervista di Cistite.infologo-unobravo
Annachiara Miano
Annachiara Miano
Redazione
Psicologa ad orientamento della Psicologia della Salute
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il


La cistite è un'infiammazione della vescica, causata non solo da batteri presenti nelle vie urinarie, ma da un insieme di fattori scatenanti, che vanno eliminati se si vuole risolvere il problema alla radice. Colpisce prevalentemente le donne in età fertile. 


Il sintomo più comune delle cistiti è il bisogno continuo e doloroso di urinare, l'andamento può essere acuto o cronico e i sintomi variano, poiché non vi è una sola cistite, ma diversi tipi che variano in base alle cause che la provocano. Senza scendere nel dettaglio delle cause scatenanti della cistite e nelle diverse terapie, possiamo dire che i fattori comuni sono:

  • il dolore pelvico, descritto anche come "pesantezza";
  • l'urgenza di urinare;
  • il dolore.

Anche se la cistite colpisce tantissime donne, spesso la diagnosi non arriva alla prima visita e la cura definitiva avviene dopo anni. Il motivo è che spesso la cistite si accompagna ad altre patologie uro-genitali come:

  • la vulvodinia;
  • la neuropatia del nervo pudendo;
  • l’ipertono pelvico. 

Il ritardo nella diagnosi causa cronicizzazione dei sintomi e difficoltà di cura, oltre che spese altissime sostenute dalle pazienti. Il continuo dolore e l'incertezza della cura, inoltre, provocano un deterioramento nello stato mentale di chi soffre di cistite. In questo articolo la psicologa Annachiara Miano dialoga con Cistite.info APS, l’associazione che si occupa della cura di cistite e altre patologie pelviche.


Che cosa succede alla mente quando una malattia diventa cronica e lo stato normale è il dolore continuo?

Come evidenziato già nella domanda, la cronicità pone delle specifiche sfide di riadattamento della persona. Quando siamo minacciati improvvisamente da qualcosa, sia che si tratti di un’intrusione esterna, sia che si tratti di un improvviso e acuto sintomo fisico, buona parte delle nostre energie è spesa a fronteggiare la minaccia del momento, per poi ritornare gradualmente allo stato di equilibrio precedente.

Nelle situazioni di cronicità, sia che si tratti del dover vivere in un ambiente che propone continuamente una minaccia, sia che si tratti di un sintomo fisico continuo, ci ritroviamo a dover andare incontro ad un riadattamento alla nuova condizione.

Nella cronicità è come se ci fosse un rumore continuo di sottofondo. Distogliere l’attenzione comporta tanto impegno, soprattutto in un primo momento in cui può essere molto doloroso e frustrante farci i conti, perché il desiderio è quello di voler ritornare ad una condizione precedente, quando le cose erano in un diverso equilibrio e si sentiva di stare meglio.

Artem Podrez - Pexels


Le patologie pelviche non sono molto conosciute e tante donne si sentono dire che non hanno nulla, che il dolore se lo stanno immaginando. Che cosa rispondere ad una frase del genere?

Cerco di rispondere sia pensando al professionista che può aver detto una tale affermazione che alla persona che può aver ricevuto un tale commento. Penso che questo tipo di risposta dipenda dalla concezione che il professionista ha di salute e di malattia ed in questo caso ipotizzo che faccia riferimento ad un modello biomedico tradizionale. Mi spiego meglio. 

Per il modello biomedico tradizionale, la salute si rifà a variabili biologiche misurabili. In quest’ottica, la malattia è l’insieme dei segni e dei sintomi che si possono osservare e questa visione è centrata sulla malattia che è classificata in termini causa-effetto. In questi termini viene anche determinata la cura

Il modello tradizionale è però ormai superato perché ritenuto concettualmente fragile, ed è sostituito da quello bio-psico-sociale. In questo modello ogni condizione di salute o di malattia è considerata come conseguenza dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali ed emerge una visione più complessa dell’individuo come un sistema integrato tra mente, corpo e ambiente.

Già cinquant’anni orsono, gli studi sulla connessione tra stress e sistema immunitario avevano dimostrato il legame mente-corpo. Questi studi dimostrano che, in condizioni vissute dalla persona come stressanti, il sistema immunitario dell’individuo subisce dei disequilibri che rendono la persona anche fisicamente più vulnerabile. Ma solo negli anni Ottanta il modello tradizionale è stato sostituito dal più complesso e integrato modello bio-psico-sociale.

È però evidente che si fa fatica ad interiorizzarlo anche tra i professionisti della salute. Rispetto al “cosa rispondere”, si potrebbe suggerire di aggiornarsi, come tutti i professionisti. Immagino che per la persona che è andata in consultazione da questo professionista, deve essere stato molto frustrante sentire un disagio e non sentirsi ascoltata ed accolta, sentirsi non creduta.


La cistite mette in crisi anche la sessualità. Il dolore genitale diventa anche paura nei rapporti con il partner. Come si possono affrontare queste tematiche nella coppia?

Anche se sembra una cosa banale da dire, ma il dialogo su questi temi è la cosa fondamentale ed allo stesso tempo la più difficile. Quando la propria sintomatologia ed i vissuti ad essa connessi limitano altri aspetti di vita, come per esempio la relazione di coppia, le cose si complicano. Si rischia di rimanere intrappolati in insicurezze e sensi di inadeguatezza.

Il partner potrebbe avere timore di non essere più desiderato, la persona potrebbe sentire la pressione di dover rispondere ai bisogni del partner anche quando questo mette a disagio. Il “non detto” è la causa di queste incomprensioni e la comunicazione onesta ed aperta è la scelta vincente. Rassicurare il partner su questi aspetti e aprirsi a lui per le proprie fragilità potrebbe anche creare una maggiore vicinanza.

Andrea Piacquadio - Pexels


Dalla cistite si guarisce, o almeno si migliora al punto di riuscire ad avere una vita normale: che cosa possiamo fare nei momenti in cui crediamo di non farcela?

Chiedere l’aiuto di un professionista che sappia ascoltare, supportare e indirizzare verso non solo un nuovo modo di convivere con la cronicità, ma anche lo sviluppo di altre risorse che si riferiscono ad altri aspetti della vita che nutrono la persona nella sua complessità.

Come detto prima, la cronicità è un rumore di sottofondo, stare sempre ad ascoltarlo non è di aiuto, ma se ci mettiamo un pianoforte ad accompagnare le nostre giornate ne guadagna il nostro benessere.
Oltre questo, confrontarsi con persone che vivono la tua stessa situazione fa sentire compresi e meno soli. Il gruppo è molto potente nell’aiutare a superare i momenti difficili perché, nei gruppi, ci sono sempre persone che si trovano all’inizio del tunnel ma anche persone che sono fuori e ti indicano la strada.


Quanto è importante la condivisione nelle patologie croniche e che cosa può fare la psicologia?

La condivisione è molto importante, sia con professionisti che con persone che stanno affrontando lo stesso problema, perché aiuta a sentirsi meno soli e più forti. Mi rendo conto che questa può avvenire più facilmente quando si stabiliscono relazioni di fiducia in cui ci si sente accolti e non giudicati. Lo spazio psicologico ha queste caratteristiche e tante altre potenzialità.


Quanto è importante avere una rete di ascolto e supporto nelle patologie croniche?

È importante per tutti, non solo per le persone che hanno una cronicità. Nel modello bio-psico-sociale, la salute passa anche attraverso la rete sociale e la presenza di servizi che prendono in carico la persona con tutta la sua complessità, garantendo non solo servizi per la cura ma anche per la promozione della salute e vedendo nella salute non qualcosa che abbiamo tutti e che si può perdere, ma qualcosa che si costruisce attivamente dal momento che in tutti noi c’è una compresenza di salute e di malattia.


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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