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Psicologia della salute
5
minuti di lettura

La vulvodinia: dal dolore fisico al dolore emotivo

La vulvodinia: dal dolore fisico al dolore emotivo
Liliana D'Amato
Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Ultimo aggiornamento il
2.12.2025
La vulvodinia: dal dolore fisico al dolore emotivo
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I sintomi della vulvodinia la rendono una malattia invalidante, che può ridurre la qualità della vita della persona che ne soffre. Non solo: spesso ansia, stress e un basso tono dell’umore accompagnano chi convive con questa condizione. La vulvodinia può essere gestita sia a livello fisico che psicologico: scopriamo insieme come e qual è il ruolo dello psicologo.

Vulvodinia: cos'è?

Che cosa è la vulvodinia? La vulvodinia è una malattia neuropatica che può avere un’origine spontanea o provocata. Comporta forti dolori a livello vulvare e colpisce circa il 15% delle donne in età fertile.

Si distingue in:

  • generalizzata, quando il dolore interessa tutta la zona della vulva;
  • localizzata, quando il dolore riguarda una parte specifica, come ad esempio il vestibolo vulvare, dando luogo alla vestibolodinia (che è la forma di vulvodinia più frequente), o alla clitoralgia (quando il dolore si manifesta a livello del clitoride).

Fino a non molto tempo fa la vulvodinia era una patologia quasi sconosciuta e pertanto molto difficile da diagnosticare. Un sondaggio lanciato nel 2020 dall’Associazione Italiana Vulvodinia per indagare l’impatto della vulvodinia sulla vita delle donne italiane ha evidenziato che:

  • molte donne ricevono la diagnosi in ritardo e solo dopo aver consultato almeno 3 specialisti;
  • molte devono viaggiare per essere curate da un esperto;
  • il dolore è cronico e invalidante, costringendo spesso a importanti rinunce nella vita quotidiana;
  • i costi delle cure sono elevati e non tutte possono sostenerli.

Oggi la vulvodinia sta finalmente uscendo dal novero delle “malattie invisibili”. Già nel 2020 è stata posta l’attenzione sul tema da Le Iene, con lo scopo di rompere il silenzio su questa condizione attraverso le testimonianze di chi la vive sulla propria pelle. Il 3 maggio 2022, alla Camera dei deputati, è stata presentata una proposta di legge per il riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo nei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza del Servizio Sanitario Nazionale.

Anche Giorgia Soleri, modella e influencer affetta da vulvodinia, si è fatta promotrice della proposta di legge insieme all’ex fidanzato Damiano David, frontman dei Maneskin. Tra le azioni previste dalla proposta di legge ricordiamo:

  • il riconoscimento della vulvodinia tra le malattie croniche e invalidanti;
  • la creazione di centri specializzati nella cura della vulvodinia in ogni regione italiana;
  • l’istituzione di una Commissione nazionale che stili delle linee guida per diagnosi e cura.

Classificazione clinica della vulvodinia

La vulvodinia può manifestarsi in diverse forme cliniche, classificate in base alle caratteristiche del dolore e alla sua localizzazione. Comprendere questa classificazione può aiutare a orientare la diagnosi e il trattamento più adeguato.

  • Vulvodinia provocata: il dolore si manifesta in risposta a uno stimolo specifico, come il contatto o la pressione (ad esempio durante i rapporti sessuali, l'inserimento di tamponi o una visita ginecologica). Questa è la forma più comune.
  • Vulvodinia spontanea: il dolore compare senza che vi sia uno stimolo esterno evidente e può essere continuo o intermittente.
  • Vulvodinia generalizzata: il dolore interessa tutta la regione vulvare, senza una localizzazione precisa. Può essere costante o presentarsi a fasi alterne.
  • Vulvodinia localizzata: il dolore è circoscritto a una specifica area della vulva. Le forme più note sono:
  • Vestibolodinia: dolore localizzato al vestibolo vulvare, la zona che circonda l'ingresso della vagina. È la forma più frequente di vulvodinia localizzata.
  • Clitoridodinia: dolore localizzato al clitoride.
  • Forme miste: in alcuni casi, le caratteristiche sopra descritte possono coesistere, rendendo la diagnosi più complessa.

Questa classificazione può essere importante per personalizzare il percorso terapeutico e contribuire a migliorare la qualità della vita di chi ne soffre.

Ketut Subiyanto - Pexels

Dati epidemiologici e impatto della vulvodinia

La vulvodinia è una condizione più diffusa di quanto si pensi, ma spesso sottodiagnosticata a causa della scarsa conoscenza e del tabù che ancora circonda il dolore vulvare. Oltre a ciò, la vulvodinia è frequentemente sottostimata e poco riconosciuta anche dagli operatori sanitari (Vasileva et al., 2020). Secondo una revisione pubblicata su "The Journal of Sexual Medicine" (2017), la prevalenza della vulvodinia nella popolazione femminile in età fertile varia tra l’8% e il 16%, con picchi che possono raggiungere il 28% in alcuni gruppi di donne. In Italia, una ricerca dell'Associazione Italiana Vulvodinia (2020) ha evidenziato che molte persone attendono anni prima di ricevere una diagnosi corretta, spesso dopo aver consultato diversi specialisti.

L’impatto della vulvodinia sulla qualità della vita può essere particolarmente significativo: studi recenti hanno evidenziato che questa condizione determina un peggioramento rilevante della qualità della vita nel 64,47% dei casi, dovuto soprattutto alla riduzione della capacità di svolgere le attività quotidiane (27,63%) e alla diminuzione della soddisfazione sessuale (27,63%) (Patla et al., 2023). La vulvodinia può influenzare profondamente la sfera sessuale, relazionale, lavorativa ed emotiva, e in alcuni casi portare a isolamento sociale e disagio psicologico. Riconoscere la diffusione di questa condizione rappresenta un passo fondamentale per promuovere una maggiore consapevolezza e favorire l’accesso a cure adeguate.

Vulvodinia: le cause

Le persone che soffrono di vulvodinia presentano alterazioni della risposta infiammatoria e dell’attività muscolare vulvo-perineale. La vulvodinia è una malattia con un’origine multifattoriale, per cui non si conosce un’unica causa scatenante. Tuttavia, i sintomi emergono spesso a seguito di infezioni (vaginali o vescicali), abuso di antibiotici, traumi (come cadute, visite o interventi ginecologici, pap test).

Vulvodinia: le cause psicologiche

L’assenza di evidenti lesioni cliniche ha fatto sì che per molto tempo si considerasse la vulvodinia come una patologia esclusivamente di origine psicologica. I modelli neuropatici attualmente esistenti permettono una maggiore comprensione della vulvodinia, nonché un trattamento più efficace.

Per quanto riguarda i fattori psicologici coinvolti, sappiamo che tutte le patologie con sintomatologia dolorosa, compresa la vulvodinia, sono influenzate da pensieri, emozioni e comportamenti che contribuiscono all’eziologia e al mantenimento dell’iper-reattività muscolare in presenza di un fattore di stress. Un aspetto particolarmente rilevante è che un livello elevato di stress può aggravare significativamente il dolore vulvare (Patla et al., 2023), rendendo il dolore stesso un’ulteriore fonte di stress personale. Vulvodinia e stress possono quindi essere collegati in modo bidirezionale, rafforzandosi reciprocamente e creando un circolo vizioso che coinvolge sia la sfera fisica sia quella emotiva.

Tra i fattori di origine psicologica predisponenti alla vulvodinia, Dionisi e colleghi (2010) sostengono che traumi sessuali e la familiarità per disturbi psicologici e della sfera sessuale possano essere fattori predisponenti. Lo studio di Khandker e colleghi (2018) ha invece mostrato il ruolo della ruminazione mentale a seguito di un trauma tra le cause della vulvodinia.

Fattori di rischio e meccanismi alla base della vulvodinia

La vulvodinia è una condizione complessa, la cui origine può essere il risultato dell'interazione di diversi fattori. Approfondire questi aspetti può aiutare a comprendere meglio la malattia e a ridurre lo stigma che spesso la circonda.

  • Fattori biologici: alterazioni della risposta infiammatoria locale e della funzione immunitaria possono contribuire all'insorgenza del dolore vulvare. Alcune persone con vulvodinia presentano una maggiore sensibilità delle terminazioni nervose nella zona vulvare.
  • Fattori genetici: la predisposizione familiare a disturbi del dolore cronico o a condizioni infiammatorie può aumentare il rischio di sviluppare vulvodinia.
  • Fattori neurologici: la presenza di una ipersensibilità dei nervi periferici (in particolare del nervo pudendo) può portare a una percezione alterata del dolore, anche in assenza di lesioni visibili.
  • Fattori comportamentali: abitudini come l'uso eccessivo di detergenti intimi aggressivi, l'impiego frequente di indumenti sintetici o troppo stretti e l'abuso di antibiotici possono favorire l'irritazione e l'infiammazione locale.
  • Fattori psicologici: lo stress cronico, l'ansia e la presenza di eventi traumatici possono influenzare la percezione del dolore e contribuire al mantenimento dei sintomi.

Secondo una revisione pubblicata su "The Journal of Sexual Medicine" (2017), la vulvodinia è considerata una sindrome multifattoriale, in cui nessun singolo elemento è responsabile, ma piuttosto la combinazione di più fattori che agiscono insieme nel tempo.

Valeria Boltneva - Pexels

Vulvodinia: i sintomi

Quali sono i sintomi della vulvodinia? La vulvodinia si caratterizza per la presenza di allodinia, ovvero un dolore provocato da uno stimolo che in condizioni normali non provocherebbe dolore. Nello specifico, i principali sintomi della vulvodinia sono:

  • dolore vulvare persistente
  • dolore provocato da pressione o spontaneo
  • segni di ipertono del pavimento pelvico
  • dolore durante i rapporti sessuali
  • impossibilità di avere rapporti sessuali
  • sensazione di scariche elettriche a livello della vulva.

Come capire se è vulvodinia? La diagnosi di vulvodinia presuppone la permanenza dei sintomi dolorosi per almeno tre mesi. L’accertamento dell’allodinia vulvare avviene attraverso lo swab test, cioè la stimolazione di punti specifici della vulva con un cotton fioc inumidito.

Criteri diagnostici e strumenti per la diagnosi della vulvodinia

La diagnosi di vulvodinia si basa su una valutazione attenta dei sintomi e sull'esclusione di altre possibili cause di dolore vulvare. Non esistono esami di laboratorio specifici, ma vengono utilizzati diversi strumenti clinici per supportare il percorso diagnostico.

  • Swab test: consiste nella stimolazione delicata di punti specifici della vulva con un cotton fioc inumidito, per valutare la presenza e la localizzazione del dolore. Questo test aiuta a distinguere tra forme localizzate e generalizzate.
  • Elettromiografia: può essere utilizzata per valutare l'attività muscolare del pavimento pelvico e identificare eventuali contratture o iperattività muscolare associate al dolore.
  • Vulvagesiometro: uno strumento che misura la soglia di percezione del dolore nella zona vulvare, utile per oggettivare la sensibilità e monitorare l'andamento dei sintomi nel tempo.

Il percorso diagnostico prevede anche l'esclusione di altre condizioni che possono causare sintomi simili, come infezioni, dermatiti, lichen sclerosus o altre patologie ginecologiche. Solo dopo aver escluso queste cause, e in presenza di dolore persistente per almeno tre mesi, si può porre diagnosi di vulvodinia, come indicato dalle linee guida della International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD, 2015).

Le conseguenze psicologiche della vulvodinia

La vulvodinia comporta anche conseguenze sul piano psicologico, perché compromette il benessere di chi ne soffre influenzando la qualità della vita. Ci sono diverse ripercussioni a livello emotivo, che nei casi più gravi includono anche la depressione reattiva.

Anche se fino a poco tempo fa si è parlato poco di vulvodinia, la psicologia può essere un valido aiuto per tutte le persone a cui viene diagnosticata la patologia; queste ultime si sentono troppo spesso incomprese e giudicate come esagerate, perché si tende a minimizzare i loro sintomi, oppure questi vengono ricondotti a una sindrome psicosomatica.

Molte hanno inoltre il pensiero di essere “difettose”, con importanti ripercussioni sull’immagine di sé e sull’autostima. La malattia ha dunque dei risvolti negativi anche a livello relazionale. I sintomi di cui si soffre a livello psicologico possono comportare:

Vulvodinia e sessualità

Il piacere e il desiderio, normalmente connessi all’attività sessuale, sono inevitabilmente inibiti dai forti dolori provati, impedendo la possibilità di vivere serenamente l’intimità. I dolori che la vulvodinia comporta durante i rapporti sessuali possono indurre la persona che ne soffre ad evitare di avere rapporti sessuali quando il dolore è intollerabile; ciò ha conseguenti ripercussioni anche nella relazione col partner, già intaccata dai pensieri di inadeguatezza legati alla malattia, che possono minare l’autostima in amore.

La vulvodinia si può curare?

Come si guarisce dalla vulvodinia? Una diagnosi precoce è quanto di più auspicabile, sia per dare un nome e dunque riconoscere l’esistenza del quadro sintomatologico di cui si soffre, sia per:

  • uscire dallo stato di incomprensione che spesso accompagna chi soffre di vulvodinia;
  • iniziare il trattamento specifico della malattia e dunque limitarne le conseguenze.

Sul sito dell’associazione no profit Cistite.info, che si occupa di dare supporto a tutte le persone che soffrono di patologie uro-genitali tra cui la vulvodinia, si trovano anche alcune testimonianze di guarigione.

Quando si guarisce dalla vulvodinia? Una domanda molto frequente tra chi riceve la diagnosi riguarda i tempi di guarigione. Dire in quanto tempo si guarisce dalla vulvodinia non è semplice. Sebbene in media siano sufficienti dai 6 ai 9 mesi di trattamento per lenire i principali sintomi, il percorso non è uguale per tutte e nei casi più gravi la vulvodinia può diventare cronica.

MART PRODUCTION - Pexels

Vulvodinia: la terapia

I passi fondamentali per curare la vulvodinia prevedono che si intervenga sulla malattia a diversi livelli:

  • livello farmacologico attraverso la somministrazione di antidepressivi, che in genere vengono prescritti anche per altre patologie neuropatiche, e creme anestetiche locali;
  • livello fisioterapico attraverso la riabilitazione del pavimento pelvico, che prevede l’apprendimento di alcuni specifici esercizi per vulvodinia;
  • livello alimentare: una dieta bilanciata è tra i rimedi naturali per la vulvodinia. È bene prediligere alimenti ricchi di fibre (utili al funzionamento intestinale e dunque prevenendo stipsi) ed escludere lieviti, zuccheri, glutine e latticini, per evitare stati infiammatori;
  • livello psicologico: parlare di ciò che si prova, anche attraverso la psicoterapia online, può essere sicuramente importante.

Oltre ai trattamenti specialistici, per la gestione della vulvodinia è bene seguire alcune linee guida di condotta che riguardano:

  • l’abbigliamento: usare biancheria intima di colore bianco e di cotone e vestiti non troppo stretti;
  • l’igiene intima: usare solo detergenti delicati oppure solo acqua, usare carta igienica morbida e priva di profumi;
  • lo sport: evitare attività fisiche che comportino una pressione sulla vulva, come andare a cavallo o in bicicletta;
  • i rapporti sessuali: evitare di avere rapporti sessuali con penetrazione o usare un lubrificante a base di acqua fino alla riduzione dell’infiammazione.

Panoramica aggiornata sui trattamenti della vulvodinia

Il trattamento della vulvodinia richiede un approccio multidisciplinare, che tenga conto delle molteplici cause e delle diverse manifestazioni della malattia. Le opzioni terapeutiche vengono personalizzate in base alle caratteristiche della persona e alla gravità dei sintomi, con l’obiettivo di migliorare sia la qualità della vita fisica sia quella psicologica.

Le terapie farmacologiche possono includere l’uso di antidepressivi triciclici o anticonvulsivanti, che agiscono modulando il dolore neuropatico; in alcuni casi, vengono prescritti anestetici locali in crema per ridurre la sensibilità della zona vulvare.

Un aspetto particolarmente rilevante riguarda la riabilitazione del pavimento pelvico: la fisioterapia specifica, oltre ad aiutare a rilassare i muscoli contratti e migliorare la consapevolezza corporea, ha dimostrato di avere un impatto positivo e significativo sul benessere psicologico delle persone, contribuendo in modo sostanziale al miglioramento dei domini fisico e psicologico della qualità della vita (Patla et al., 2023). Tecniche come il biofeedback e il massaggio perineale possono essere utili per ridurre il dolore e migliorare la funzionalità.

Le terapie comportamentali e psicologiche, in particolare l’approccio cognitivo-comportamentale, risultano efficaci per la gestione di ansia, stress ed emozioni negative legate al dolore cronico; il supporto psicologico si conferma fondamentale per affrontare l’impatto della vulvodinia sulla qualità della vita e sulle relazioni.

Anche le modifiche dello stile di vita, come l’adozione di abitudini che riducano l’irritazione locale (ad esempio, l’uso di biancheria in cotone, l’evitare detergenti aggressivi e la pratica di attività fisica non traumatica), possono contribuire a migliorare i sintomi. Secondo le raccomandazioni della International Society for the Study of Vulvovaginal Disease, la combinazione di più trattamenti, adattati alle esigenze individuali, può offrire risultati migliori nel controllo del dolore e nel recupero del benessere (ISSVD, 2015).

Vulvodinia: a chi rivolgersi?

Il primo passo per avere la diagnosi di vulvodinia è sicuramente il consulto col proprio ginecologo, con il quale, dopo l’accertamento diagnostico, ci si confronta per il trattamento. Rispetto ai risvolti psicologici che spesso accompagnano questa malattia sul piano sessuale, relazionale ed emotivo, può essere necessario chiedere un supporto psicologico.

Attraverso un percorso psicoterapeutico o psicologico è infatti possibile lavorare:

  • sui sintomi emotivi che derivano dalla vulvodinia
  • sull’accettazione della malattia in parallelo col trattamento a livello organico
  • su percorsi di coppia per promuovere un’intimità soddisfacente.

GAV, il gruppo d’ascolto per la vulvodinia

Confrontarsi con persone che vivono lo stesso malessere, per sentirsi comprese e condividere il dolore, le paure, ma anche ciò che le ha aiutate a stare meglio, può essere molto utile. Parlare di vulvodinia può:

  • consentire di ampliare la divulgazione sulla malattia;
  • dare ad altre persone la possibilità di riconoscere i propri sintomi e sottoporsi agli adeguati esami per confermare o meno la diagnosi.

Con questo obiettivo è nato GAV, un gruppo di ascolto dell’associazione torinese “Casa Maternità Prima Luce” per persone con vulvodinia o che sospettano di averla anche se non hanno ancora ricevuto una diagnosi.

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