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minuti di lettura

Depressione reattiva: cos’è, sintomi e cura

Depressione reattiva: cos’è, sintomi e cura
Kevin Cattivelli
Psicoterapeuta ad orientamento Costruttivista
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Ultimo aggiornamento il
9.11.2025
Depressione reattiva: cos’è, sintomi e cura
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Le esperienze dolorose e spiacevoli possono condurci a condizioni di profondo smarrimento e inquietudine. Quando la reazione a un evento stressante assume un significato clinico rilevante, si parla di una reazione “depressiva” e, nello specifico, di depressione reattiva.

Qual è il significato di depressione reattiva? Quanto dura? E come affrontarla o come aiutare una persona cara a superarla? In questo articolo approfondiremo cos’è la depressione reattiva, i sintomi e la possibilità di cura offerta dalla terapia psicologica.

La depressione reattiva: cos’è?

La depressione reattiva è una forma di depressione che può insorgere in risposta a un evento specifico, vissuto e interpretato dalla persona come fortemente stressante, tanto da condurla in uno stato di disperazione, smarrimento e senso di impotenza. È importante sottolineare che la depressione reattiva può colpire persone di tutte le età e classi sociali, professionalità e condizioni di salute (Biondi & De Michele, 2014). La peculiarità dell’evento e la possibilità di poterlo identificare e circoscrivere sono condizioni necessarie alla diagnosi psicologica di questo disturbo e alla sua distinzione dagli altri disturbi depressivi. Questi aspetti ci permettono infatti di distinguere la depressione reattiva da quella endogena, nella quale non si presenta un evento scatenante così specifico. L’evento specifico impone un cambiamento, una “ristrutturazione” per cui è richiesto un coinvolgimento “attivo” della persona, volto principalmente a una riorganizzazione del presente in cui, mutando i riferimenti e le abitudini, si viene a modificare anche la percezione della propria identità così come gli scenari e le aspettative per il futuro.

Le reazioni al cambiamento

Le nostre reazioni non dipendono tanto dall’evento in sé, quanto dalla nostra personale capacità e modalità di affrontare i mutamenti, dalle precedenti esperienze vissute e dal significato che quell’evento assume nella nostra vita. In sostanza, è il modo personale con cui interpretiamo e costruiamo l’esperienza che determina il suo impatto emotivo nel presente e come reagiremo ad essa.

Pensiamo ai cambiamenti che avvengono in una famiglia quando nasce un bambino: anche dal parto può scaturire una depressione reattiva situazionale. Quando una donna subisce violenza ostetrica, ad esempio, quell'evento può essere il fattore precipitante di una depressione post partum o di altri disturbi del post parto come la psicosi puerperale. Un evento generalmente considerato lieto può eccedere le risorse individuali della neomamma, che inizia a sperimentare sintomi tra cui perdita di energia, attacchi di ansia, senso di colpa persistente e desiderio di isolamento.

La sofferenza può diventare tanto pervasiva da:

  • compromettere la quotidianità
  • condizionare fortemente l’autonomia e le relazioni
  • condurre all’isolamento da familiari e amici.

Per questo motivo lo screening è molto importante: compilare un test sulla depressione post partum nelle settimane successive al parto può consentire di individuare tempestivamente eventuali sintomi prima che si cronicizzino.

Jeswin Thomas - Pexels

I rischi di una percezione distorta del cambiamento

Quando il cambiamento viene percepito come insormontabile, la persona rischia di perdersi in un presente di disperazione, dominato da sentimenti di tristezza, di rabbia e di colpa, in cui diventa difficile scorgere prospettive alternative, spesso bloccate dal rimuginio continuo, che alterna rimproveri verso se stessi e verso gli altri.

Affondare nel dolore provocato da un evento spiacevole può sembrare l’unica strategia in grado di darci sollievo, dandoci l’illusione di poter trovare, prima o poi, una spiegazione sopportabile. È importante sottolineare che l’evento specifico può essere:

  • singolo e circoscritto, come ad esempio la fine di una relazione sentimentale o la perdita di una persona cara;
  • oppure persistente nel tempo, come ad esempio scoprire di essere affetti da una malattia cronica.

Questi eventi non sono necessariamente eccezionalmente dolorosi, ma possono riguardare anche cambiamenti di vita “fisiologici”, come andare via di casa o diventare genitori. Questo perché, come detto, è il significato che attribuiamo all’evento che determina la sua influenza nel nostro presente.

Mobbing e depressione reattiva

Non è raro imbattersi in casi di depressione reattiva al lavoro. Pensiamo a persone che perdono improvvisamente il lavoro o che subiscono mobbing, una situazione in cui ci si ritrova vittima di azioni, perpetrate dai colleghi o dai superiori, che ledono sistematicamente la propria reputazione e autostima. Il mobbing mette seriamente in pericolo la salute psicofisica della persona, oltre che la possibilità di svolgere adeguatamente il proprio lavoro.

La depressione reattiva al mobbing è solo una delle conseguenze possibili, che possono includere anche disturbi d’ansia, il disturbo post traumatico da stress e il disturbo da stress acuto.

Cause e fattori di rischio della depressione reattiva

La depressione reattiva si sviluppa spesso in risposta a eventi percepiti come particolarmente stressanti o traumatici, ma non tutte le persone che attraversano esperienze difficili manifestano questo disturbo: la vulnerabilità individuale dipende infatti da molteplici fattori di rischio. Tra le cause principali della depressione reattiva si annoverano eventi di vita stressanti, come la perdita di una persona cara, la fine di una relazione, difficoltà lavorative o economiche, malattie fisiche gravi o cambiamenti improvvisi nella routine quotidiana, che possono agire da fattori scatenanti. Inoltre, fattori ambientali come lo stress, anche durante la fase prenatale o nell’infanzia, possono interagire con una predisposizione genetica, aumentando la probabilità di sviluppare una depressione reattiva (Showraki, 2019).

La vulnerabilità personale può rendere più complesso il processo di adattamento allo stress, soprattutto in presenza di alcuni specifici fattori:

  • L’assenza di supporto sociale, ovvero la mancanza di una rete di sostegno composta da amici, familiari o colleghi, incrementa il rischio di depressione reattiva, poiché la persona si sente più isolata nell’affrontare le difficoltà.
  • Una storia familiare di disturbi dell’umore rappresenta un elemento importante: chi ha parenti stretti che hanno sofferto di depressione può essere maggiormente predisposto a sviluppare una reazione depressiva di fronte a eventi stressanti.
  • Strategie di coping poco efficaci, come l’incapacità di gestire lo stress attraverso modalità adattive quali la comunicazione o la ricerca di aiuto, possono favorire l’insorgenza di sintomi depressivi.

Riconoscere e comprendere questi fattori è fondamentale per individuare precocemente i segnali di disagio e intervenire tempestivamente, promuovendo un percorso di recupero più efficace.

Depressione reattiva: sintomi

Ogni persona può reagire in modo diverso e in tempi diversi ma, in generale, la depressione reattiva è caratterizzata dai sintomi tipici della depressione endogena. Questi sintomi possono presentarsi in maniera diversa in ciascuna persona e subire delle fluttuazioni giornaliere. Ad esempio, poiché con la depressione si sta meglio la sera, sul finire della giornata i sentimenti di sconforto possono diminuire e aumentare le energie.

Vediamo quali sono i principali sintomi fisici, comportamentali, cognitivi ed emotivi.

La depressione reattiva: sintomi fisici

La depressione reattiva: sintomi emotivi

  • tristezza
  • anedonia
  • senso di sconforto
  • sentimenti di disperazione e di impotenza
  • senso di colpa
  • ansia (in questo caso parliamo di depressione ansiosa reattiva)
  • irritabilità.
Masha Raymers - Pexels

La depressione reattiva: sintomi cognitivi

La depressione reattiva si caratterizza per la presenza di bias cognitivi o distorsioni cognitive che portano a una visione negativa di sé, del mondo e del futuro. Inoltre sono frequentemente presenti anche:

  • difficoltà di concentrazione
  • difficoltà di memoria
  • idee di rovina e di colpa
  • pensiero rallentato
  • ruminazione
  • difficoltà nel prendere decisioni.

Nella depressione reattiva lucida i sintomi compromettono in maniera meno evidente il pensiero, perché la persona mantiene le capacità introspettive per riflettere sulla propria condizione. Al contrario, nella depressione inconsapevole, i sintomi di inibizione, apatia e abulia sono particolarmente invalidanti, comportando un generale rallentamento psicomotorio.

La depressione reattiva: sintomi comportamentali

  • isolamento sociale
  • ritiro dalle attività che erano fonte di piacere
  • diminuita attività sessuale

Nella depressione reattiva grave, i sintomi possono comprendere comportamenti legati all’uso o all’abuso di sostanze, spesso con la funzione di “auto-medicamento” e di fuga dalla realtà. Oltre a queste manifestazioni, la depressione reattiva può portare a un peggioramento delle condizioni fisiche preesistenti e aumentare il rischio di suicidio (Biondi & De Michele, 2014). Nei casi più estremi, il senso di vuoto e l’assenza di prospettive possono condurre la persona a maturare pensieri o agiti suicidari.

Inquadramento diagnostico della depressione reattiva

Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5) la depressione reattiva rientra nei “Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti”, ovvero quei disturbi in cui l’esposizione a un evento traumatico o stressante è elencato esplicitamente come criterio diagnostico.

In particolare, in relazione alla depressione reattiva, nel DSM si fa riferimento alla categoria diagnostica dei Disturbi dell’adattamento (con umore depresso, ansia e umore depresso misti) quando a un evento stressante identificabile seguono “sintomi emotivi e comportamentali di tipo depressivo che si manifestano entro tre mesi dall’insorgenza dell’evento e non persistono oltre i sei mesi dalla cessazione dello stesso”.

Per “evento stressante” si fa riferimento a qualsiasi evento vissuto dalla persona come destabilizzante, a prescindere dalla gravità oggettiva dell’evento stesso.

Sebbene il quadro sintomatologico della depressione maggiore reattiva sia per molti aspetti sovrapponibile a:

  • quello del Disturbo dell’adattamento (AD), di cui rappresenta una sotto-categoria;
  • quello del Disturbo da Stress Post-Traumatico (ptsd),

le differenze riguardano l’intensità percepita dalla persona dell’evento stressante, che può portare a risposte allo stress qualitativamente diverse. Quando la depressione reattiva è cronica, cioè i sintomi persistono per due anni o più senza remissione, si parla di Disturbo depressivo persistente (distimia).

Kat Smith - Pexels

Ansia e depressione reattiva

Ansia e depressione sono due condizioni cliniche che possono coesistere ed essere l’una conseguenza dell’altra. In alcuni casi, infatti, a sintomi d’ansia che perdurano nel tempo può aggiungersi anche umore depresso: si può parlare quindi di depressione reattiva all’ansia. Nel caso della solastalgia, ad esempio, all'ansia per i recenti cambiamenti climatici può aggiungersi un senso di impotenza e tristezza, che potrebbe tramutarsi in una depressione reattiva.

In altri casi, invece, la condizione di partenza è quella depressiva: nella depressione ansiosa reattiva, a sintomi come calo del tono dell’umore, perdita di interessi e autosvalutazione, si aggiungono stati d’ansia e irritabilità.

Lutto e depressione: come distinguerli?

Talvolta, soprattutto tra i non esperti, viene fatta confusione tra lutto e depressione.

Il lutto è il naturale processo di elaborazione che fa seguito alla perdita di una persona cara. Tuttavia anche il decorso del lutto può complicarsi: tra le conseguenze di un lutto non elaborato troviamo anche la depressione reattiva da lutto, come può accadere nel caso di una madre che non riesce a perdonarsi dopo un aborto spontaneo.

In ogni caso, è rimandato al clinico valutare l’intensità della sintomatologia (avvalendosi eventualmente anche di test sulla depressione) e, qualora si tratti di depressione reattiva grave e siano rispettati tutti i criteri, si predilige la diagnosi di episodio depressivo maggiore.

Depressione reattiva e criteri diagnostici secondo il DSM-5

Nel contesto clinico, la depressione reattiva viene inquadrata principalmente all’interno della categoria dei Disturbi dell’adattamento secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione). Questo significa che la diagnosi si basa su criteri specifici che aiutano a distinguere la depressione reattiva da altre forme di depressione.

Secondo il DSM-5, i criteri principali per il disturbo dell’adattamento con umore depresso sono:

  • Presenza di sintomi emotivi o comportamentali che si sviluppano in risposta a uno o più eventi stressanti identificabili, insorti entro tre mesi dall’evento.
  • Sofferenza marcata che risulta sproporzionata rispetto all’intensità o alla gravità dell’evento stressante, tenendo conto del contesto e delle norme culturali.
  • Compromissione significativa del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti della vita della persona.
  • I sintomi non rappresentano un normale lutto e non soddisfano i criteri per un altro disturbo mentale più grave, come la depressione maggiore.
  • La durata dei sintomi non supera i sei mesi dalla cessazione dell’evento stressante o delle sue conseguenze.

Questa classificazione aiuta i professionisti a individuare la depressione reattiva e a differenziarla da altre condizioni, come la depressione maggiore o il disturbo post-traumatico da stress, garantendo così un intervento mirato e appropriato.

La cura della depressione reattiva

La depressione reattiva, proprio per la sua natura prevalentemente “transitoria” ed eccezionale, è un tipo di depressione che solitamente risponde meglio alla psicoterapia piuttosto che alla cura con psicofarmaci. Questo è stato confermato anche da uno studio condotto da psichiatri giapponesi, che hanno valutato i casi di depressione reattiva come più appropriati per la psicoterapia rispetto ai casi di depressione melanconica (Mizushima et al., 2013). I farmaci ansiolitici e antidepressivi possono certamente “tamponare” il problema, dando un sollievo momentaneo ai sintomi; ecco perché in alcuni casi un intervento farmacologico può essere indicato come supporto alla psicoterapia in fase di avvio.

Una terapia per la depressione reattiva, avviata a seguito di un’accurata valutazione psicologica iniziale definita “assessment”, può aiutare la persona a rielaborare l’esperienza lavorando nelle direzioni più coerenti per lei. In generale, l’impatto che questi eventi hanno sulla vita della persona dipende proprio:

  • dalla storia individuale
  • dagli strumenti e dalle abilità sviluppate per affrontarlo
  • dal sostegno percepito
  • dal supporto proveniente dalle persone vicine, come il partner.

Un partner depresso può evocare, nella persona che gli è vicino, sentimenti di impotenza e rabbia, che potrebbero logorare col tempo la relazione di coppia. La psicoterapia, in questi casi, dovrebbe sempre prevedere interventi psicoeducativi volti ad aiutare la persona a recuperare informazioni sull’evento vissuto e sui condizionamenti familiari e sociali che può aver assimilato nell’ambito della propria cultura di appartenenza.

Depressione reattiva: quanto dura?

Nella depressione reattiva il decorso non è uguale per tutti: in alcuni casi i sintomi regrediscono in poco tempo, mentre in altri possono durare anche per anni. Non è possibile quindi stabilire a priori, per la depressione reattiva, una durata univoca. Intervenire tempestivamente con l’aiuto di un professionista, psicoterapeuta o psicologo che si occupa di depressione, e, laddove sia necessario, di un supporto farmacologico, è il modo più efficace per affrontare la depressione reattiva e guarire il prima possibile.

George Milton - Pexels

L’approccio della psicoterapia nel trattamento della depressione reattiva

Una psicoterapia efficace dovrebbe porre al centro del suo lavoro l’interpretazione e il significato che l’evento ha assunto per quella persona. Gli aspetti che compongono la psicoterapia sono:

  • la personale strategia con cui la persona dà un senso a ciò che le sta succedendo (o che le è successo);
  • il modo con cui “costruisce” l’esperienza;
  • il ruolo che sente di aver ricoperto;
  • i sentimenti che accompagnano le narrazioni del paziente (come il senso di colpa e l'impotenza appresa).

La psicoterapia online si è dimostrata un trattamento efficace per la depressione, almeno alla pari con la tradizionale terapia in presenza. Uno psicologo online può quindi aiutare la persona a riprendere il controllo della propria vita, partecipando attivamente all’elaborazione dell’esperienza in grado di favorire un cambiamento costruttivo, anziché abbandonarsi passivamente all’esito degli eventi.

L’obiettivo di andare dallo psicologo è quello di permettere alla persona di promuovere una sua personale ridefinizione identitaria, legittimandola in questo e permettendo all’evento traumatico di trovare uno spazio e un “senso” coerente con la propria storia.

Strategie pratiche per affrontare la depressione reattiva

Oltre al supporto psicoterapeutico, esistono alcune strategie pratiche che possono aiutare a gestire i sintomi della depressione reattiva e favorire il benessere quotidiano. Queste strategie, sebbene non sostituiscano l’intervento di uno specialista, possono rappresentare un valido complemento al percorso terapeutico.

  • Mantenere una routine regolare: stabilire orari fissi per il sonno, i pasti e le attività quotidiane aiuta a dare struttura alle giornate e a ridurre il senso di smarrimento.
  • Praticare attività fisica: anche una breve passeggiata quotidiana può contribuire a migliorare l’umore e a ridurre la tensione emotiva.
  • Coltivare relazioni sociali: cercare il contatto con persone di fiducia, anche solo per una chiacchierata, può alleviare il senso di isolamento e favorire la condivisione delle emozioni.
  • Dedicarsi ad attività piacevoli: riscoprire hobby o interessi personali, anche se inizialmente si fatica a provare piacere, può aiutare a riattivare la motivazione.
  • Praticare tecniche di rilassamento: esercizi di respirazione, mindfulness o meditazione possono aiutare a gestire l’ansia e a ritrovare un po’ di calma interiore.
  • Evitare l’uso di sostanze: l’alcol o altre sostanze possono sembrare un sollievo temporaneo, ma rischiano di peggiorare i sintomi nel lungo periodo.

Ricorda che ogni piccolo passo verso il benessere è importante e che chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma un atto di cura verso se stessi.

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