Psicofarmaci nella psicoterapia: quando sono necessari?

Psicofarmaci nella psicoterapia: quando sono necessari?
Nicola Zingaro
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
7.10.2025
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L'uso degli psicofarmaci nel contesto di un percorso di psicoterapia è un argomento che suscita spesso domande e preoccupazioni. Negli ultimi decenni, la ricerca ha sviluppato farmaci sempre più mirati per trattare diversi disturbi psichici, offrendo un supporto prezioso a molte persone.

È del tutto normale, però, avere dubbi o timori riguardo a un percorso che integra farmaci e psicoterapia. Molte persone si pongono domande importanti:

  • a cosa servono esattamente?
  • come funzionano nel nostro cervello?
  • quali sono i reali effetti collaterali e le controindicazioni degli psicofarmaci?
  • quando sono davvero necessari?

In questo articolo faremo chiarezza su questi punti, esplorando cosa sono gli psicofarmaci, come agiscono e quale ruolo possono avere all'interno di un percorso di benessere psicologico, sempre in affiancamento alla psicoterapia.

Prima di iniziare, è fondamentale una premessa: una terapia farmacologica psichiatrica deve essere sempre e solo intrapresa dopo un'accurata diagnosi e sotto la stretta supervisione di un medico.

Ma chi può prescrivere gli psicofarmaci? La risposta è chiara: solo un medico. Figure come lo psichiatra, il neuropsichiatra, il neurologo o, in determinate situazioni, il medico di base possono prescrivere psicofarmaci. Psicologi e psicoterapeuti non hanno questa facoltà, ma sono figure cruciali per valutare la necessità di un consulto medico e collaborare attivamente con lo specialista per il benessere della persona.

Cosa sono gli psicofarmaci?

Nel corso degli anni sono stati sviluppati diversi tipi di psicofarmaci, ciascuno appartenente a una classificazione e ad un uso specifico. Treccani li definisce come:

“Gruppo di farmaci capaci d'influenzare l'attività psichica, normale e patologica. Sono sostanze difficilmente classificabili, perché a somiglianza di struttura molecolare e di effetti d'ordine neurologico possono corrispondere proprietà terapeutiche differenti.”

La storia degli psicofarmaci è piuttosto recente, ma già nell’antichità gli uomini utilizzavano una serie di sostanze naturali in grado di alterare la percezione della realtà (spesso con effetti allucinatori), modificare i pensieri e curare alcune patologie.

La psicofarmacologia moderna può essere collocata intorno agli anni ‘50 del Novecento, quando vennero scoperte le proprietà antipsicotiche della reserpina e quelle calmanti della clorpromazina.

Le ricerche chimiche e farmacologiche si ampliarono ulteriormente fino a comprendere numerosi farmaci utilizzati per il trattamento degli sbalzi d’umore e del disturbo bipolare, dei disturbi depressivi, degli attacchi d’ansia, degli attacchi di panico o dei disturbi di personalità come il disturbo borderline.

Molti problemi di salute emotiva e mentale, tuttavia, non sono riducibili a uno squilibrio biochimico. Come ben sappiamo, le preoccupazioni psicologiche hanno origine e sono influenzate dagli eventi della vita.

È importante capire che, poiché non modificano i nostri schemi di pensiero e di relazione con le esperienze, i farmaci da soli raramente possono risolvere la radice di un problema psicologico. Usando una metafora, assumere solo farmaci sarebbe come ricucire una ferita da proiettile senza prima estrarre il proiettile: si interviene sul sintomo, ma la causa del dolore rimane.

Tipologie di psicofarmaci

Gli psicofarmaci agiscono principalmente regolando l'attività di alcuni neurotrasmettitori nel nostro cervello, come la dopamina e la serotonina, che influenzano umore, pensieri ed emozioni. Sebbene ogni farmaco abbia indicazioni specifiche, possiamo raggrupparli in 4 macro-categorie principali:

  • gli antipsicotici: come suggerisce il nome, questi farmaci hanno come indicazione per lo più le condizioni psicotiche (come la schizofrenia, un grave disturbo caratterizzato da deliri e allucinazioni), ma, per alcuni, c’è anche indicazione per la stabilizzazione del tono dell’umore
  • gli ansiolitici: sono farmaci indicati in prima battuta per i disturbi d’ansia ma anche, per esempio, per contrastare gli effetti dell’astinenza provocati dalla dipendenza da alcol o altre sostanze d’abuso. Tra gli psicofarmaci più “famosi” ci sono le cosiddette benzodiazepine
  • gli antidepressivi: sono psicofarmaci utilizzati soprattutto nel trattamento dei disturbi dell’umore, come la depressione maggiore o la depressione reattiva. L’antidepressivo ha però un utilizzo molto ampio e, per questo, può essere utilizzato anche nel trattamento di disturbi alimentari, del disturbo ossessivo compulsivo o del disturbo da stress post traumatico
  • gli stabilizzatori del tono dell’umore: sono psicofarmaci utilizzati soprattutto nel trattamento dei disturbi dell’umore caratterizzati da oscillazioni timiche importanti, come la ciclotimia e il disturbo bipolare.

Il Rapporto OsMed pubblicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco ha indagato l’uso degli psicofarmaci in Italia, riportando una statistica su quanti italiani assumono psicofarmaci:

“Nel 2021 il consumo di antidepressivi rappresenta il 3,4% del consumo totale di farmaci in Italia (tra gli antidepressivi gli SSRI costituiscono il 70 % del consumo). [...] Circa il 7% della popolazione italiana, nel 2021, ha utilizzato antidepressivi, con un aumento di uso nel sesso femminile e all’aumentare dell’età. La durata media di trattamento è 8 mesi, anche se un’elevata percentuale di soggetti rimane in trattamento per meno di 6 mesi ed il 12,2% riceve una sola prescrizione.”

psicofarmaci effetti sul cervello
Kendal - Unsplash

Gli psicofarmaci fanno male? Rischi ed effetti collaterali

La paura di prendere psicofarmaci è una delle preoccupazioni più comuni e comprensibili. Molte persone temono gli effetti collaterali e questo può diventare un ostacolo persino all'idea di iniziare una psicoterapia. È importante chiarire che un percorso psicologico non implica automaticamente l'assunzione di farmaci; questa opzione viene considerata solo quando può rappresentare un aiuto concreto e necessario.

Domande come "gli psicofarmaci fanno male?" o "possono danneggiare il cervello?" sono assolutamente lecite. Come ogni farmaco, anche gli psicofarmaci possono avere effetti collaterali, sia a breve che a lungo termine. Proprio per questo, la loro assunzione deve avvenire esclusivamente sotto un attento e costante controllo medico.

Il ruolo dello specialista è proprio quello di valutare il quadro completo della persona, soppesando con attenzione i benefici attesi rispetto ai possibili rischi, per proteggere la salute mentale e il benessere generale del paziente.

Gli effetti collaterali degli psicofarmaci variano molto a seconda della molecola, del dosaggio e della risposta individuale. Tra quelli più comuni si possono riscontrare:

  • vertigini, stanchezza, reazioni rallentate, sonnolenza
  • deficit mnemonici, rush cutanei, ipotensione arteriosa.

A pensarci bene, tutti i farmaci in generale (anche la più comune tachipirina) presentano effetti collaterali. Se si soffre di disturbi che si ritengono invalidanti, il lavoro dello psichiatra, insieme a quello dello psicologo, è necessario.

Un ulteriore e raro effetto collaterale è l’effetto paradosso: con questa espressione si intende la produzione di effetti indesiderati diversi e/o opposti rispetto a quelli previsti e, nel caso in cui si verificasse, è necessario allertare il proprio medico.

Una ricerca svolta da un gruppo di neuroscienziati ha indagato il fenomeno, delineando le basi per produrre farmaci con un maggiore indice terapeutico e minori effetti collaterali. Tra questi può anche esserci un’ eventuale dipendenza, i cui effetti possono essere tenuti sotto controllo anche grazie alla psicoterapia.

Prescrizione e assunzione: chi, come e quando

Come abbiamo visto, la prescrizione di una terapia farmacologica psichiatrica è un atto di competenza esclusivamente medica. Ma, nel dettaglio, chi prescrive gli antidepressivi o altri psicofarmaci? Le figure autorizzate sono lo psichiatra e il neuropsichiatra infantile. In alcuni contesti, anche il medico di base può prescrivere psicofarmaci, spesso su indicazione specialistica o per terapie consolidate. È importante ribadire che psicologo e psicoterapeuta non possono prescrivere farmaci, ma il loro ruolo è fondamentale per indirizzare a un consulto medico quando necessario.

Una domanda frequente è legata alla durata del trattamento: "Dovrò prendere psicofarmaci per tutta la vita?". La risposta è che non esiste una regola universale. Ogni terapia farmacologica è personalizzata: la durata dipende dalla diagnosi, dalla risposta individuale e dagli obiettivi concordati con il medico. Per alcuni può essere un supporto temporaneo, per altri un trattamento più a lungo termine.

Gli effetti degli psicofarmaci, come già precisato, possono essere immediati o arrivare dopo del tempo ma, in ogni caso, una terapia farmacologica va eseguita sotto stretto controllo medico e per il tempo e con le modalità stabilite dal professionista.

Attenersi alle indicazioni di un professionista può inoltre scongiurare un’eventuale dipendenza da psicofarmaci. Un rischio che, come riporta questa ricerca sul consumo di alcol e altre sostanze, vede il 15,4% degli adolescenti farne uso senza prescrizione e “oltre il 52% degli studenti a cui sono stati prescritti almeno una volta”, continuare ad assumerli senza controllo medico.

Cosa succede se si smette di prendere gli psicofarmaci all'improvviso? Interrompere bruscamente una terapia è fortemente sconsigliato. Farlo senza supervisione medica può portare a sintomi da sospensione (spesso confusi con l'astinenza), a un peggioramento improvviso del disturbo originale o a ricadute anche a distanza di tempo.

È importante, quindi, che la sospensione degli psicofarmaci sia concordata con il medico che guiderà il paziente a una progressiva riduzione delle dosi, fino alla dismissione completa degli psicofarmaci e la conclusione della terapia.


psicofarmaci funzionano
Amy Hirschi - Unsplash

Psicoterapia e psicofarmaci: un'alleanza per il benessere

Quando si affrontano sintomi intensi come quelli legati a forte ansia, attacchi di panico, agorafobia o a disturbi dell'umore, può sembrare quasi impossibile trovare le energie per lavorare su di sé in psicoterapia.

In questi contesti, gli psicofarmaci possono agire come un vero e proprio alleato. Il loro scopo è supportare e facilitare il percorso psicoterapico: alleviando i sintomi più invalidanti, creano lo spazio mentale e la stabilità emotiva necessari per affrontare il lavoro terapeutico in modo più profondo ed efficace.

Alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia dei farmaci contestualmente alla psicoterapia. Per esempio, la terapia cognitivo comportamentale combinata con farmaci mirati, tende a portare a un miglioramento significativo dei sintomi del disturbo da attacchi di panico e di altri disturbi d’ansia.

Ci sono psichiatri che, a seconda del disturbo che devono trattare, non usano psicofarmaci ma, in linea generale, non sembrano esserci nella comunità scientifica psichiatri che si dicono “contro” gli psicofarmaci che, in un trattamento a breve termine, risultano avere la stessa efficacia di una terapia psicologica.  

L'obiettivo finale di un percorso integrato è spesso quello di raggiungere un equilibrio tale da poter ridurre gradualmente, o persino eliminare, la necessità del supporto farmacologico. La psicoterapia, infatti, lavora per fornire strumenti duraturi nel tempo, con un'efficacia a lungo termine che in molti casi si dimostra fondamentale per prevenire le ricadute.

Un percorso di cura su misura per te

Come abbiamo visto, l'unione di psicoterapia e supporto farmacologico può rappresentare la strada più efficace per affrontare molte condizioni di sofferenza psicologica. Non si tratta di scegliere tra l'uno o l'altro, ma di comprendere come questi due strumenti possano lavorare in sinergia per il tuo benessere.

Se senti che la sofferenza psicologica sta avendo un impatto significativo sulla tua vita, il primo passo è rivolgersi a un professionista della salute mentale. Uno psicologo o psicoterapeuta Unobravo può aiutarti a fare chiarezza, a definire il problema e a valutare insieme a te se un consulto psichiatrico per un'eventuale terapia farmacologica possa essere un passo utile nel tuo percorso.

Affrontare questi temi con un professionista può anche aiutare a superare la paura di prendere psicofarmaci e a vederli per quello che sono: non una debolezza, ma uno strumento. Un terapeuta può rispondere a tutti i tuoi dubbi, aiutandoti a costruire una visione più serena e consapevole del tuo percorso di cura.

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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