Gli psicofarmaci rappresentano una possibile soluzione al problema della dipendenza ma, a volte, contribuiscono ad acuirlo. L’assunzione di queste terapie infatti può indurre a sua volta dipendenza, e non è raro incontrare un paziente tossicodipendente che lamenta l'impossibilità di interromperne totalmente l'uso.
Secondo la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2025, nel 2024, i Servizi pubblici per le Dipendenze (Ser.D) hanno assistito 134.443 persone per utilizzo di sostanze illegali e/o psicofarmaci non prescritti.
In queste righe esploreremo che cosa sono gli psicofarmaci, quando l’assunzione può sfociare in una dipendenza da psicofarmaci, i campanelli d’allarme e i possibili percorsi di cura – compresa la gestione dell’astinenza da psicofarmaci.
Se ti stai ponendo delle domande sul tuo rapporto con i farmaci sappi che non sei solo: questo articolo è pensato per offrirti informazioni chiare e un primo sostegno.
Cosa sono gli psicofarmaci e quali tipologie esistono?
Gli psicofarmaci sono medicinali che agiscono sul sistema nervoso centrale per modificare l'umore, i pensieri e il comportamento. Vengono prescritti per trattare diversi disturbi psicologici, ma è fondamentale distinguerli in base alla loro funzione e al potenziale di dipendenza.
- Ansiolitici (benzodiazepine): usati per ansia e insonnia, hanno un alto potenziale di dipendenza se usati impropriamente.
- Antidepressivi (SSRI, SNRI): sono impiegati per il trattamento della depressione e dei disturbi d'ansia. Generalmente non creano dipendenza, ma possono causare sintomi da sospensione.
- Antipsicotici: utilizzati per disturbi come la schizofrenia. Non causano dipendenza nel senso classico, ma la loro interruzione deve essere gestita da un medico.
- Stabilizzatori dell'umore: impiegati nel trattamento del disturbo bipolare.
L’utilizzo degli psicofarmaci
È frequente osservare veri e propri casi di abuso di psicofarmaci consumati anche senza prescrizione medica e che rientrano a pieno titolo, insieme al metadone, all'interno del mercato illegale di sostanze. Questo tipo di farmaci viene utilizzato anche per cercare di amplificare l'effetto stordente di altre sostanze: un esempio è l'abbinamento tra alcol e psicofarmaci per ottenere uno “sballo” maggiore.
I servizi per le tossicodipendenze possono fare ben poco per arginare il problema: è frequente infatti che la terapia farmacologica venga affidata al paziente, che dovrebbe occuparsi autonomamente di assumerla seguendo le prescrizioni mediche.

Utilità del farmaco
Gli psicofarmaci hanno una certa utilità. Pensiamo ad esempio a chi soffre di dipendenze patologiche ed è in uno stato di cronicità conclamata. L'uso costante, anche in dosi irrisorie, di psicofarmaci può contribuire notevolmente a mantenere il soggetto in uno stato di compensazione psichica che gli permette, ad esempio, di mantenere una vita sociale dignitosa.
A volte si sviluppa un forte legame mentale con il farmaco, ritenuto una soluzione miracolosa capace di far scomparire il malessere, l'ansia e la sofferenza. Questo vale anche per il metadone, concepito come farmaco antagonista per la dipendenza da eroina ma investito spesso di una funzione totalitaria rispetto alla cura, ed utilizzato anche come stabilizzatore dell'umore.
Il rischio di dipendenza
Il soggetto con un disturbo da dipendenza patologica passerà facilmente da una sostanza all'altra. Poco importa quale, ciò che è fondamentale è che abbia l'effetto di:
- stordire;
- annebbiare la mente;
- eccitare e far sentire il soggetto più forte, più abile socialmente o più prestante sul lavoro o nella vita.
La prescrizione di psicofarmaci è un elemento che va considerato con estrema attenzione, per scongiurare esperienze di guarigione illusoria e di conseguente delusione, che arriva appena il soggetto si rende conto di aver sviluppato una dipendenza da quei farmaci.
Il circolo vizioso della dipendenza
Quando ci si rende conto di essere dipendenti da farmaci si rischia un’interruzione netta e improvvisa della terapia medica, con conseguenze spesso disastrose e possibili ricadute sulla sostanza stupefacente.
Si innesca spesso un circolo vizioso: il paziente capisce di avere una dipendenza e riconosce gli effetti della droga, quindi ricorre nuovamente alle medicine, per poi abbandonarle ancora una volta quando si rende conto di esserne dipendente e così via.
Quando un farmaco diventa una dipendenza?
La dipendenza da psicofarmaci non è un esito inevitabile, ma una conseguenza di un uso scorretto e non supervisionato. Si sviluppa quando il farmaco non è più usato per il suo scopo terapeutico, ma per ricercarne gli effetti psicoattivi o per automedicazione al di fuori di una prescrizione.
I principali fattori di rischio includono:
- Uso prolungato: continuare l'assunzione oltre il periodo indicato dal medico.
- Aumento del dosaggio: assumere dosi maggiori di quelle prescritte per amplificarne l'effetto.
- Autoprescrizione: utilizzare farmaci senza una diagnosi e una prescrizione medica.
- Associazione con altre sostanze: combinare psicofarmaci con alcol o droghe per potenziarne gli effetti, una pratica estremamente pericolosa.
Come riconoscere i segnali della dipendenza
Riconoscere i segnali di una dipendenza è il primo passo per affrontarla. Questi segnali si manifestano a livello fisico e psicologico e indicano che il controllo sull'uso del farmaco è stato perso. I concetti chiave sono:
- Tolleranza: la necessità di aumentare la dose del farmaco per ottenere lo stesso effetto che prima si raggiungeva con una dose inferiore.
- Craving: un desiderio intenso e irrefrenabile di assumere il farmaco, che occupa i pensieri e guida il comportamento.
- Astinenza: la comparsa di sintomi fisici e psicologici spiacevoli (come ansia, irritabilità, tremori, insonnia) quando si riduce o si interrompe l'assunzione.
Come menzionato in precedenza, questo può innescare un circolo vizioso nel quale si assume il farmaco per placare i sintomi dell'astinenza, rafforzando così la dipendenza stessa.

Ci sono delle soluzioni?
L’uso di sostanze va assolutamente contestualizzato all'interno della storia di vita della persona. Non è possibile una guarigione dalla tossicodipendenza solo con una terapia farmacologica.
Vale anche in questo caso l'accoglimento di un modello bio-psico-sociale (Engel, 1977):
- bio: la compensazione del soggetto con le terapie indicate, con tempistiche precise rispetto allo scalare degli psicofarmaci e del metadone;
- psico: un percorso intenso di psicoterapia;
- sociale: la messa alla prova del soggetto nella società, sostenendolo nella ricerca di un lavoro o, nel caso di soggetti giovanissimi, nel completamento della formazione scolastica.
Serve quindi un lavoro integrato per evitare che gli psicofarmaci diventino un ulteriore problema, anziché una soluzione.
Psicofarmaci e dipendenza: conclusioni e prossimi passi
Gli psicofarmaci sono strumenti preziosi nella cura della salute mentale, ma il loro utilizzo richiede consapevolezza e la guida attenta di un professionista. La linea tra terapia e dipendenza può essere sottile, ed è per questo che un approccio integrato – il giusto equilibrio tra trattamento farmacologico, psicoterapia e sostegno sociale – rappresenta spesso la chiave per un benessere duraturo.
Affrontare le cause profonde del malessere, e non solo i sintomi, permette di evitare che il farmaco diventi un nuovo problema. Se senti che la gestione di una terapia farmacologica o la lotta contro una dipendenza sta diventando un peso, ricorda che chiedere aiuto è un atto di forza.
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