Se tutti i vostri sogni li puntate in questo gioco, io vendo un'illusione in più e non è poco
Con queste parole Daniele Silvestri, nella sua canzone Monetine, decide di raccontare il fascino ingannevole del gioco.
Il gioco d’azzardo promette un sogno: la possibilità di cambiare vita con un colpo solo, di risollevarsi, di vincere il destino. Ma quel sogno può trasformarsi in una pericolosa gabbia. Dietro l’illusione del controllo, si nasconde spesso una spirale che trascina verso la dipendenza, l’isolamento e la sofferenza.
Il disturbo da gioco d’azzardo, noto anche come ludopatia o gambling disorder, rappresenta una forma di dipendenza comportamentale in cui il gioco smette di essere un passatempo e si trasforma in un bisogno compulsivo, con gravi conseguenze sulla vita della persona e dei suoi familiari. Le modalità più comuni con cui si manifesta includono l’uso compulsivo di slot machine, scommesse sportive, poker online, gratta e vinci e applicazioni mobili.
Obiettivo dell’articolo consiste nel fare chiarezza sulla ludopatia, spiegando cos’è, chi colpisce, perché si sviluppa e quali sono i segnali per riconoscerla, al fine di superare lo stigma, promuovere la consapevolezza, e offrire strumenti concreti per la prevenzione e la cura.
Cos’è la ludopatia?
La ludopatia, o disturbo da gioco d’azzardo patologico, è una condizione clinica che compromette la capacità di una persona di controllare l’impulso a giocare, nonostante le conseguenze negative personali, relazionali ed economiche.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il gioco d’azzardo patologico rientra nella categoria dei disturbi del controllo degli impulsi, caratterizzati da comportamenti ripetitivi e disfunzionali che la persona fatica a interrompere, anche quando ne riconosce i danni (Dipartimento Politiche Antidroga, 2011).
È importante distinguere tra il semplice gioco d’azzardo (praticato in forma occasionale e sotto controllo) e la dipendenza da gioco. Mentre il primo può essere un’attività ricreativa priva di conseguenze, la ludopatia si configura come una vera e propria dipendenza comportamentale, in cui il comportamento del giocare assume caratteristiche compulsive, simili a quelle osservate nelle dipendenze da sostanze.
Le evidenze scientifiche più recenti supportano questa visione. Studi di neuroimaging hanno mostrato come i meccanismi cerebrali coinvolti nel craving (il desiderio incontrollabile) del gioco patologico siano simili a quelli attivati dalla cocaina, suggerendo una base neurobiologica comune tra la ludopatia e le dipendenze da sostanze (Potenza, 2008). Questi dati rafforzano l’idea che la ludopatia sia più affine ai disturbi da uso di sostanze che non ai disturbi ossessivo-compulsivi, con cui in passato era stata associata.
Anche l’Istituto Superiore di Sanità conferma che la ludopatia è una dipendenza priva di sostanza, ma non per questo meno pericolosa: essa può condurre a isolamento sociale, depressione, comportamenti autolesionistici e gravi difficoltà economiche, e richiede un inquadramento clinico e terapeutico specifico (Istituto Superiore di Sanità, 2020).
Chi è più a rischio di sviluppare una dipendenza dal gioco?
La vulnerabilità alla dipendenza da gioco d’azzardo è influenzata da un insieme complesso di fattori psicologici, sociali, familiari e genetici. Diversi studi hanno evidenziato che alcune condizioni demografiche e personali risultano maggiormente correlate al rischio di sviluppare questa dipendenza.
Secondo Welte et al. (2004), i fattori sociodemografici che aumentano la probabilità di sviluppare una dipendenza includono:
- l’appartenenza a minoranze etniche
- il basso status socioeconomico
- l’essere giovani, disoccupati o socialmente isolati.
Gli uomini, in particolare, sembrano essere più frequentemente colpiti rispetto alle donne, sebbene anche quest’ultime manifestino un rischio crescente, soprattutto in contesti di vulnerabilità familiare e psicologica.
In questo senso, dal punto di vista psicologico, la letteratura scientifica sottolinea come la comorbilità con altre condizioni (tra le quali è presente la depressione) sia frequente tra i giocatori patologici. In uno studio condotto in Spagna è emerso che oltre il 21% dei giocatori patologici presentava sintomi depressivi clinicamente significativi, un dato sensibilmente superiore rispetto al gruppo di controllo (Becoña, Lorenzo, & Fuentes, 1996).
I giovani rappresentano una categoria particolarmente fragile, sia per l’impulsività tipica dell’età evolutiva che per la scarsa consapevolezza delle conseguenze del gioco. Anche gli anziani, sebbene meno impulsivi, possono cadere nel gioco come risposta alla solitudine o alla percezione di una perdita di senso nella quotidianità (Welte et al., 2004).
La dimensione genetica, inoltre, ha ricevuto crescente attenzione. Una revisione sistematica della letteratura scientifica condotta da Gyollai et al. (2014) ha evidenziato il ruolo dei fattori genetici, in particolare quelli legati al sistema dopaminergico e serotoninergico, nella predisposizione al gioco patologico, suggerendo che la ludopatia possa essere inquadrata come una forma di Reward Deficiency Syndrome, simile ad altre dipendenze.
Il ruolo delle emozioni nella dipendenza
Il gioco d’azzardo patologico non è solo una questione di comportamenti ripetitivi: spesso rappresenta un tentativo disfunzionale di regolare emozioni spiacevoli come ansia, noia, stress o frustrazione. Il gioco può agire come una sorta di “valvola di sfogo” emotiva, fornendo un sollievo momentaneo e illusorio.
L’uso del gioco come strategia di coping emotivo è stato frequentemente osservato nei giocatori problematici, che spesso iniziano a giocare per “staccare” da pensieri negativi o situazioni stressanti.
Tuttavia, nel lungo periodo questo meccanismo alimenta il circolo della dipendenza, aggravando il malessere originario e impedendo lo sviluppo di strategie di gestione emotiva più sane (Welte et al., 2004; Becoña et al., 1996).
Non sorprende quindi che il gioco patologico sia frequentemente associato ad altre forme di dipendenza, come l’abuso di alcol o sostanze psicoattive. Le ricerche mostrano che l’abuso di alcol aumenta significativamente la probabilità di sviluppare una dipendenza dal gioco: in alcuni casi, avere una dipendenza da alcolici moltiplica la probabilità di essere anche giocatori patologici (Welte et al., 2001).
Un legame, questo, che può essere spiegato anche da vulnerabilità comuni a livello neurologico, come un funzionamento alterato dei circuiti cerebrali legati alla ricompensa e all’impulsività.

Le cause della ludopatia: perché si sviluppa la dipendenza dal gioco
La ludopatia è una dipendenza comportamentale complessa e multifattoriale, che emerge dall’interazione tra fattori psicologici, sociali, ambientali e neurobiologici.
Tra i fattori psicologici spiccano:
- l’impulsività
- la ricerca di gratificazione immediata
- le difficoltà nella regolazione emotiva, che rendono il gioco un mezzo disfunzionale per affrontare emozioni negative o stress (Blaszczynski & Nower, 2002).
In particolare, il modello dei “pathways” proposto da Blaszczynski e Nower identifica tre profili di giocatori problematici:
- giocatori condizionati dal comportamento
- giocatori emotivamente vulnerabili
- giocatori antisociali-impulsivi.
Nonostante questa suddivisione possa risultare riduttiva, ha il vantaggio di sottolineare la varietà dei meccanismi psicologici coinvolti nella ludopatia permettendoci di indagare in modo più profondo e meno stigmatizzato il pattern comportamentale.
Ci permette inoltre di sottolineare l’importanza delle comorbidità con altri disturbi al fine di comprendere meglio i vissuti relativi a questa dipendenza. La ludopatia è infatti associata sia a disturbi dell’umore che a disturbi d’ansia, che frequentemente contribuiscono all’esordio o al mantenimento della dipendenza (Blanco et al., 2001).
Inoltre, esperienze precoci di trauma o trascuratezza affettiva possono aumentare la vulnerabilità individuale, fornendo terreno fertile per un legame disfunzionale con il gioco d’azzardo (Blaszczynski & Nower, 2002).
Dal punto di vista ambientale e sociale, bisogna considerare che l’esposizione precoce al gioco in ambito familiare o comunitario, un facile accesso a giochi d’azzardo soprattutto online e la presenza di messaggi culturali fuorvianti, come il mito del “colpo di fortuna”, contribuiscono alla normalizzazione e a rinforzare l'attrattiva del gioco (Blanco et al., 2001). Questi elementi rafforzano le credenze errate e i comportamenti compulsivi.
A livello neurobiologico, come abbiamo visto, la ludopatia condivide meccanismi simili a quelli delle dipendenze da sostanze. Le neuroscienze hanno evidenziato l’attivazione del sistema dopaminergico e dei circuiti cerebrali della ricompensa, in particolare del corpo striato ventrale, in risposta agli stimoli legati al gioco, sostenendo la riclassificazione della ludopatia tra i disturbi da dipendenza nel DSM-5 e nel ICD-11 (Fauth-Bühler, Mann, & Potenza, 2016; el-Guebaly et al., 2011). Tale coinvolgimento del sistema di ricompensa spiega come il comportamento inizialmente impulsivo possa evolvere in compulsività, attraverso un meccanismo che coinvolge un craving simile a quello osservato nei tossicodipendenti.
In altri termini, la dipendenza da gioco non ha una causa unica, ma nasce dall’interazione di predisposizioni individuali, esperienze di vita e fattori neurobiologici, che convergono nel rafforzare un comportamento patologico difficile da interrompere.
Bandiere rosse della ludopatia
La ludopatia si manifesta attraverso una serie di segnali comportamentali e psicologici che tendono a peggiorare progressivamente con l’aggravarsi della dipendenza.
Tra i comportamenti più ricorrenti vi sono la negazione del problema, l’isolamento sociale, le menzogne su tempi e somme di denaro spese nel gioco, difficoltà economiche spesso gravi, e comportamenti manipolatori finalizzati a ottenere denaro da familiari o amici per continuare a giocare (Nelson et al., 2009).
Alcuni indicatori, come il giocare per fuggire dai problemi o il ricorso ad altri per finanziare il gioco, sono stati identificati come predittori particolarmente affidabili dell’evoluzione verso forme patologiche più gravi.
L’impatto della ludopatia si estende ben oltre il comportamento di gioco. Sul piano relazionale, essa può compromettere profondamente i rapporti familiari e affettivi, alimentando conflitti, sfiducia e, nei casi più gravi, la rottura dei legami. A livello lavorativo, si riscontrano assenteismo, calo di produttività e, non di rado, perdita dell’impiego. Sotto il profilo psicologico, i giocatori patologici mostrano livelli elevati di disturbi psichiatrici come ostilità, paranoia, sensibilità interpersonale, sintomi ossessivo-compulsivi e somatizzazione, in misura significativamente superiore rispetto ad altri soggetti con dipendenze, ad esempio da sostanze (Petry, 2009).
Questi disturbi possono aggravarsi ulteriormente a causa del senso di colpa, della vergogna e della perdita del controllo che accompagnano la progressione della malattia. Secondo Yau e Potenza (2015), la somiglianza tra la ludopatia e le dipendenze da sostanze è quindi evidente non solo a livello comportamentale, ma anche per quanto riguarda la comorbidità psichiatrica, i meccanismi neurobiologici e le difficoltà nel trattamento.
Il gioco e la rete delle relazioni: dinamiche familiari, di coppia e sessualità
La dipendenza da gioco d’azzardo ha effetti profondamente destabilizzanti anche sulle sue relazioni affettive e familiari.
Numerosi studi indicano che la ludopatia compromette la qualità delle relazioni romantiche, influenzando negativamente la sfera sessuale, l’intimità e la comunicazione tra i partner (Ponti, Ilari & Tani, 2021). I partner di persone affette da ludopatia tendono a riportare un’elevata incidenza di conflitto, mancanza di vicinanza emotiva e una significativa riduzione della sicurezza relazionale.
La sessualità può essere gravemente danneggiata: si osservano cali del desiderio, evitamento dell’intimità e, in alcuni casi, lo sviluppo di comportamenti sessuali compulsivi come forma di compensazione emotiva (Cowie et al., 2019).
La comorbidità tra gioco patologico e un comportamento sessuale compulsivo accentua ulteriormente il disagio relazionale. Le persone con dipendenza da gioco d’azzardo che ricorrono a questa strategia manifestano mediamente livelli più elevati di impulsività, depressione e disregolazione emotiva, elementi che compromettono la capacità di costruire e mantenere relazioni affettive sane (Cowie et al., 2019). Questo genera un circolo vizioso in cui il vuoto affettivo e la perdita di autostima alimentano il ricorso al gioco e ad altri comportamenti disfunzionali, riducendo la possibilità di vivere relazioni intime autentiche.
A livello familiare, la ludopatia è frequentemente associata a separazioni, conflitti, instabilità economica e trascuratezza genitoriale (Shaw et al., 2014). La sofferenza non riguarda solo il giocatore, ma si estende a tutto il sistema familiare, generando sentimenti di ansia, vergogna, isolamento e sfiducia. Le famiglie dei giocatori patologici tendono a sviluppare modalità di funzionamento disfunzionali, nelle quali l’amore può essere percepito come condizionato o compromesso (Kourgiantakis, Saint-Jacques & Tremblay, 2013).
Queste osservazioni portano spesso alla formulazione di una domanda molto dolorosa: un ludopatico può amare? La risposta è “sì”. La dipendenza non annulla la capacità di provare affetto, ma interferisce con la sua espressione.
Il legame con l’altro può essere offuscato dalla compulsione, dall’evitamento emotivo e dai sensi di colpa. Tuttavia, con un adeguato percorso terapeutico, è possibile intraprendere una riabilitazione relazionale: un processo che mira non solo al recupero dell’individuo, ma anche alla ricostruzione dei legami affettivi compromessi (Kourgiantakis et al., 2013). L’inclusione della famiglia o del partner nel trattamento migliora l’aderenza terapeutica e favorisce una maggiore consapevolezza delle dinamiche disfunzionali, aprendo spazi per la riconnessione emotiva.

Come uscire dalla dipendenza dal gioco: percorsi di cura e prevenzione
Uscire dalla dipendenza da gioco richiede un approccio integrato che comprenda trattamenti psicologici individualizzati, il coinvolgimento dei familiari, e interventi educativi e di prevenzione a livello sociale.
Tra i principali percorsi terapeutici, la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si è dimostrata particolarmente efficace. Questo approccio mira a modificare le credenze disfunzionali legate al gioco e a sviluppare strategie comportamentali alternative, come la gestione degli impulsi e l’identificazione dei trigger (Rash & Petry, 2014).
Studi randomizzati hanno evidenziato che la CBT, somministrata individualmente o in gruppo, riduce significativamente la frequenza e la gravità del comportamento di gioco, con risultati superiori rispetto ai soli interventi di auto-aiuto o alla partecipazione ai gruppi di supporto come i Giocatori Anonimi.
Tuttavia, il supporto tra pari, quando affiancato da un trattamento professionale, può potenziare l’efficacia dell’intervento, sebbene la partecipazione e il mantenimento siano spesso limitati.
Oltre agli interventi diretti sul giocatore, è fondamentale il coinvolgimento dei familiari, attraverso programmi di sostegno psicologico ed educazione emotiva. La presenza di reti familiari supportanti può facilitare il recupero, migliorare l’adesione al trattamento e ridurre il rischio di ricaduta. Inoltre, strategie di auto-mutuo aiuto rivolte a partner o genitori offrono spazi di condivisione e contenimento emotivo.
Sul piano sociale, la prevenzione assume un ruolo cruciale: campagne di sensibilizzazione, programmi educativi nelle scuole e la regolamentazione dell’accesso al gioco d’azzardo sono strumenti fondamentali per ridurre la diffusione del disturbo. In particolare, gli interventi psicoeducativi rivolti a giovani e soggetti vulnerabili contribuiscono a costruire una consapevolezza critica nei confronti del gioco, promuovendo comportamenti responsabili e contrastando l’insorgenza precoce della dipendenza (Rash & Petry, 2014).
Ludopatia: uscirne è possibile
La ludopatia è una dipendenza subdola, capace di distruggere relazioni, stabilità economica e identità personale. Eppure uscirne è possibile. Il primo passo è riconoscere il problema e avere il coraggio di chiedere aiuto. Nessuno dovrebbe affrontare questa battaglia da solo.
Per chi vuole comprendere più a fondo la complessità di una dipendenza, consigliamo due opere intense ed emotivamente potenti:
- A Beautiful Boy (2018) un film basato su una storia vera, che mostra come la dipendenza possa avere ripercussioni devastanti, ma anche come l’amore, la pazienza e la determinazione possano diventare strumenti di rinascita.
- Il giocatore di Fëdor Dostoevskij, un romanzo in parte autobiografico, in cui lo scrittore russo racconta con lucidità e drammatica ironia la sua personale discesa nel vortice del gioco d’azzardo. Anche Dostoevskij fu un ludopatico, e attraverso le pagine di questo libro possiamo intravedere il tormento interiore, l’autoinganno, ma anche il desiderio di riscatto che accompagna chi vive questa dipendenza.