Con molta probabilità, alcune persone non avranno mai sentito parlare di psicosi puerperale. La nascita di un bambino viene spesso considerata un momento di pura gioia e allegria. Parenti e amici festeggiano, si congratulano con i nuovi genitori e dalla neomamma ci si aspetta che sia sempre sorridente e raggiante di felicità. Si tende a dare per scontato che una donna o un uomo che hanno avuto da poco un bambino siano al settimo cielo, ma è davvero sempre così?
In realtà, l’arrivo di un bambino può suscitare emozioni e sentimenti contrastanti e non è raro sentire di neo papà in crisi o di neo mamme che provano un misto di felicità e paura, gioia e ansia per ciò che le attende. Tra le sfide ci sono il nuovo ruolo di genitori da assumere e le modificazioni del rapporto di coppia dopo la nascita di un figlio. Ma quando tutto ciò diventa un per la salute psicologica della madre?
Le paure di una donna che sta mettendo al mondo un bambino possono manifestarsi:
- prima della nascita o durante il parto, come nella tocofobia e paura del parto
- dopo il parto, quando le neomamme possono sentirsi tristi, perse e impaurite.
Ormai siamo abituati a sentir parlare di depressione post partum e baby blues, ma talvolta il quadro sintomatico è molto più grave, tanto da sfociare in una psicosi puerperale. In questo articolo approfondiremo la psicosi post-partum tracciandone una definizione, individuando le possibili cause, i sintomi e le possibilità di cura.
Psicosi puerperale: cos’è
La psicosi puerperale fa parte dei disturbi che si verificano nel periodo perinatale, in cui troviamo anche la depressione (dopo o durante il parto). Immaginiamo un continuum che colloca da un lato depressione post partum e psicosi post partum dall’altro. I disturbi perinatali non hanno una classificazione autonoma nell’ICD-10 né nel DSM-5, ma la loro caratteristica comune è proprio l’insorgenza nel periodo temporalmente “intorno” al parto.
Secondo uno studio di Doyle et al., 2018 nel post parto circa l’85% delle donne ha qualche disturbo dell'umore e, di queste, il 10-15% ha sintomi di ansia e depressione invalidanti. Il disturbo più grave che si possa presentare nel post partum è appunto la psicosi puerperale. La definizione che ne dà il DSM-5 è quella di un disturbo psicotico che ha esordio nelle 4 settimane dopo il parto.
Per quanto riguarda gli aspetti epidemiologici, la psicosi puerperale è, fortunatamente, molto rara. Si parla di un’incidenza che va dallo 0,1 allo 0,2%, cioè 1-2 neomamme su 1000 (Stewart et al., 2019). Quali sono le donne che hanno maggiori probabilità di sviluppare una psicosi post natale?
In uno studio dell’università di Cardiff stato osservato (Di Florio et al., 2013) che esiste un’associazione tra disturbo bipolare e psicosi dopo il parto. La psicosi però può manifestarsi anche all’interno di un quadro depressivo, senza caratteristiche bipolari (parliamo di psicosi depressiva post partum). Ma vediamo meglio da cosa può dipendere la psicosi post-partum approfondendone le cause.

Diagnosi differenziale: psicosi puerperale, depressione post-partum e disturbo bipolare
Distinguere tra psicosi puerperale, depressione post-partum e disturbo bipolare è fondamentale per garantire un intervento tempestivo e mirato. Questi disturbi, pur condividendo alcune manifestazioni emotive e comportamentali, presentano caratteristiche cliniche specifiche che possono aiutare nella diagnosi.
- Psicosi puerperale: si manifesta tipicamente entro le prime 4 settimane dal parto, con sintomi psicotici come deliri, allucinazioni, disorganizzazione del pensiero e gravi alterazioni dell'umore. La perdita di contatto con la realtà è un elemento centrale.
- Depressione post-partum: si caratterizza per umore depresso persistente, perdita di interesse, senso di colpa e stanchezza, ma senza sintomi psicotici. Può insorgere nelle settimane o nei mesi successivi al parto e, seppur grave, non comporta tipicamente deliri o allucinazioni.
- Disturbo bipolare: nelle donne con una storia di disturbo bipolare, il rischio di sviluppare una psicosi puerperale è significativamente più alto (Jones et al., 2014). In questi casi, la psicosi può presentarsi come episodio maniacale o misto, spesso con sintomi psicotici associati.
La diagnosi differenziale si basa su una valutazione attenta della storia clinica, della tempistica di insorgenza dei sintomi e della presenza o meno di sintomi psicotici. Un inquadramento clinico accurato permette di scegliere il percorso terapeutico più adatto e di ridurre il rischio di complicanze.
Psicosi puerperale: le cause
Attualmente non sono stati individuati dei fattori eziologici che, inequivocabilmente, conducono alla psicosi puerperale.
Più che di vere e proprie cause della psicosi post partum, è possibile quindi parlare di fattori di rischio e di protezione. Un’anamnesi positiva per il disturbo bipolare, per il disturbo borderline di personalità o l’avere una storia familiare o pregressa di disturbi psicotici possono essere indicatori a cui prestare attenzione.
Come riportato su un articolo pubblicato dalla rivista “Psichiatria oggi”, anche avere una patologia tiroidea autoimmune ed essere alla prima gravidanza sembrano essere fattori di rischio. Avere un partner supportivo, invece, risulta un elemento di protezione dall’incorrere nella psicosi puerperale.
Contrariamente a quanto il senso comune potrebbe portare a pensare, non sono cause della psicosi puerperale l’aver avuto complicanze in gravidanza o durante il parto, così come il tipo di parto (cesareo o vaginale).
Psicosi puerperale: sintomi e caratteristiche
La psicosi puerperale può presentare, oltre ai sintomi depressivi:
- disorganizzazione del pensiero
- allucinazioni
- deliri prevalentemente paranoidi (psicosi paranoidea post partum)
- disturbi del sonno
- agitazione e impulsività
- sbalzi d’umore
- apprensione ossessiva nei confronti del bambino.
La psicosi dopo il parto può ovviamente avere anche effetti sul bambino, a causa della difficoltà a instaurare una relazione madre-figlio. Questo potrebbe avere serie conseguenze per lo sviluppo emotivo, cognitivo e comportamentale del bambino, anche nel lungo termine.
Infatti, il neonato diventa il centro intorno al quale si sviluppano le idee deliranti e paranoidi della madre. Secondo una rassegna sistematica della letteratura, le donne che sperimentano psicosi puerperale mostrano un più alto rischio di commettere infanticidio, sottolineando l’importanza di un intervento tempestivo per trattare questi sintomi (Alford et al., 2025), attenzionando comportamenti autolesivi, ideazioni di suicidio e infanticidio (pensiamo alla cosiddetta Sindrome di Medea).
Ma la psicosi post parto quanto dura? Se l’intervento è tempestivo, la maggior parte delle persone con questo disturbo si riprende completamente da sei mesi ad un anno dall’insorgenza, mentre la gravità dei sintomi di solito diminuisce prima di tre mesi dopo il parto.
La letteratura suggerisce che per la maggior parte delle donne affette da psicosi puerperale la remissione è completa, anche se il rischio che si presentino una psicosi post parto in una futura gravidanza o una successiva psicosi non puerperale resta elevato.

Prognosi, rischio di recidiva e follow-up
La prognosi della psicosi puerperale, se trattata precocemente, può essere generalmente favorevole, soprattutto se riceve un trattamento tempestivo e multidisciplinare.
Tuttavia, il rischio di recidiva in caso di future gravidanze può essere elevato: studi longitudinali indicano che fino al 50% delle persone che hanno avuto una psicosi puerperale può sperimentare una nuova ricaduta in occasione di un successivo parto (Bergink et al., 2016). Per questo motivo, è importante pianificare un follow-up specialistico e un supporto continuativo anche dopo la remissione dei sintomi.
Il monitoraggio a lungo termine permette di individuare precocemente eventuali segnali di ricaduta e di intervenire tempestivamente, riducendo l'impatto della malattia sulla madre e sul bambino.
Psicosi post partum: la terapia
Per il trattamento della psicosi post-partum è necessario intervenire il prima possibile perché il disturbo si risolva in un tempo relativamente breve. Le linee guida NICE (2007) in merito alla psicosi puerperale suggeriscono, in caso di comparsa dei sintomi, di condurre la donna presso un servizio di salute mentale per una valutazione tempestiva. Nel periodo successivo al parto infatti rivestono una cruciale importanza i test di screening, come il test EPDS sulla depressione post partum.
La neomamma che sviluppa una psicosi perde il contatto con la realtà e diventa quindi impossibile per lei rendersi conto dei segnali del disturbo e accettare la diagnosi e, di conseguenza, la cura, senza un supporto adeguato. Quale terapia è la più indicata? Dalla psicosi post partum si guarisce con un trattamento che, vista la sua gravità, richiede:
- l’ospedalizzazione
- l’intervento farmacologico
- un percorso di psicoterapia.
In caso di ospedalizzazione per psicosi puerperale, il trattamento non dovrebbe escludere la possibilità di mantenere contatto con il bambino, in modo da favorire la creazione di un legame di attaccamento. Molto importante sarà anche la sensibilità, il sostegno e l’intervento di coloro che circondano la neo mamma, che potrà spesso sentirsi giudicata e accusata di non essere all’altezza.
Per quanto riguarda i farmaci, sia la loro prescrizione che il monitoraggio devono essere seguiti da uno psichiatra. Solitamente nel post parto vengono preferiti gli stessi farmaci utilizzati per il trattamento di un episodio psicotico acuto, con una maggiore attenzione a quei farmaci che causano un aumento della prolattina (in particolare per le donne che non potrebbero gestire l’allattamento al seno).
Per quanto riguarda la terapia psicologica per la psicosi post partum, un percorso con uno psicoterapeuta esperto in psicologia perinatale potrà essere d’aiuto nella gestione dei sintomi e nella prevenzione delle ricadute. Si può iniziare chiedendo il parere di un professionista, anche attraverso una consulenza psicologica online.
Trattamento secondo le linee guida internazionali: l’importanza delle Mother-Baby Units e dell’approccio multidisciplinare
Le linee guida internazionali, come quelle del National Institute for Health and Care Excellence (NICE, 2014), raccomandano un approccio integrato e multidisciplinare per la gestione della psicosi puerperale. L’obiettivo è garantire la sicurezza della madre e del bambino, favorendo al contempo il mantenimento del legame affettivo.
Un elemento chiave è rappresentato dalle Mother-Baby Units (MBU), strutture specializzate che permettono alla madre di ricevere cure psichiatriche intensive senza essere separata dal proprio neonato. Secondo uno studio pubblicato su The British Journal of Psychiatry (Howard et al., 2010), il ricovero in MBU può migliorare gli esiti clinici e favorire lo sviluppo di un attaccamento sicuro tra madre e bambino.
L’approccio multidisciplinare può coinvolgere:
- Psichiatri: per la gestione farmacologica e il monitoraggio clinico.
- Psicologi e psicoterapeuti: per il supporto emotivo e la prevenzione delle ricadute.
- Ostetriche e infermieri specializzati: per l’assistenza pratica e la promozione del benessere materno-infantile.
- Assistenti sociali: per il sostegno nella gestione delle difficoltà familiari e sociali.
Questa sinergia di competenze consente di affrontare la complessità della psicosi puerperale in modo completo e personalizzato, contribuendo a migliorare la qualità della vita della madre e del suo bambino.
Libri sulla psicosi post partum
Per saperne di più sulla psicosi post partum, sul significato, i sintomi e le possibilità di cura, è possibile consultare alcuni libri e manuali sull’argomento, come ad esempio:
- Il giuramento di Ippocrate. Il romanzo di una psicosi post parto, di Armida Savoldi, Editore Guaraldi, 1998.
- Manuale di psicopatologia perinatale – Profili psicopatologici e modalità di intervento di P. Grussu e A. Bramante, Edizioni Erickson, 2016.
Consigli pratici per familiari e caregiver: come riconoscere i segnali d’allarme e supportare la madre
Il ruolo dei familiari e dei caregiver è fondamentale nel riconoscere precocemente i segnali d’allarme della psicosi puerperale e nel sostenere la madre durante il percorso di cura.
Ecco alcuni consigli pratici:
- Osservare cambiamenti improvvisi nel comportamento: segnali come confusione, discorsi incoerenti, allucinazioni o idee deliranti devono essere presi molto sul serio e segnalati tempestivamente ai professionisti sanitari.
- Non minimizzare i sintomi: anche se la stanchezza e l’ansia sono comuni dopo il parto, la presenza di sintomi psicotici o di grave disorganizzazione richiede un intervento immediato.
- Offrire ascolto e presenza non giudicante: la madre può sentirsi spaventata o in colpa per ciò che sta vivendo. Un atteggiamento empatico e privo di giudizio può aiutarla a sentirsi meno sola.
- Favorire l’accesso alle cure: accompagnare la madre ai controlli, sostenere la continuità terapeutica e collaborare con l’équipe sanitaria sono azioni preziose per la sua ripresa.
- Prendersi cura anche di sé: il benessere dei familiari è importante per poter offrire un supporto efficace. Cercare aiuto, se necessario, è un segno di responsabilità e non di debolezza.
Riconoscere e affrontare la psicosi puerperale insieme, con il supporto di professionisti esperti, può contribuire a fare la differenza nel percorso di guarigione.
Prendersi cura di sé può essere il primo passo verso la guarigione
Affrontare la psicosi puerperale può sembrare spaventoso, ma non sei sola: chiedere aiuto è un atto di coraggio e di amore verso te stessa e il tuo bambino. Riconoscere i segnali e affidarsi a professionisti esperti può contribuire a fare la differenza nel percorso di ripresa. In Unobravo trovi psicologi specializzati pronti ad ascoltarti, supportarti e guidarti con delicatezza e competenza. Se senti il bisogno di un sostegno o vuoi aiutare una persona cara, puoi iniziare il questionario per trovare il tuo psicologo online: insieme possiamo affrontare questo momento e costruire, passo dopo passo, un nuovo equilibrio.









