Mindfulness e self-compassion: una stretta correlazione

Mindfulness e self-compassion: una stretta correlazione
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Roberta Loparco
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
7.2.2020
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Una delle maggiori cause di disagio psichico è dato dal modo in cui parliamo a noi stessi. Spesso siamo portati ad utilizzare un linguaggio giudicante e poco compassionevole nei nostri stessi confronti, che non fa altro che acuire il nostro stato di disagio e di difficoltà. La self-compassion ci aiuta a sviluppare un nuovo modo di parlare a noi stessi.

Numerosi studiosi sostengono che esiste una stretta correlazione tra la mindfulness e la self-compassion. Infatti, rispondere a pensieri e sentimenti negativi con gentilezza verso sé stessi, richiede un certo grado di osservazione, consapevolezza e focus sul presente.

A sua volta, la gentilezza verso sé stessi ha l’effetto di ridurre la gravità o la minaccia percepita rispetto ad alcuni pensieri o sentimenti negativi, rendendo più facile mantenere un atteggiamento “mindful”.

La self-compassion in breve

La self-compassion o autocompassione, è un atteggiamento che implica gentilezza e assenza di giudizio verso se stessi e verso gli altri, accettando il fatto che i fallimenti e i limiti di ognuno sono comuni nell’esperienza umana.

Il termine “compassione” deriva dalla parola latina compati che significa “soffrire con”. Probabilmente la definizione più conosciuta è quella del Dalai Lama, che definisce la compassione come “una sensibilità verso la sofferenza di noi stessi e degli altri, unita ad un profondo impegno nel tentare di alleviarla”.

Il focus è lo sviluppo della capacità di provare emozioni positive connesse alla sensazione di calma e benessere, in modo da far sì che le persone sviluppino compassione per se stessi, per gli altri e l’abilità di essere sensibili alla compassione altrui. Questa teoria non suggerisce di evitare o eliminare le emozioni dolorose ma di affrontare in modo diverso quello che ci fa soffrire.

Victoria Borodinova - Pexels

Come sviluppare la self-compassion

Alcune abilità di self-compassion possono essere sviluppate o incrementate attraverso  esercizi di visualizzazione (come il recuperare un ricordo o un’immagine in cui ci si è sentiti rilassati e al sicuro) e l'uso di un linguaggio gentile verso se stessi.

Per imparare a parlarsi in modo gentile e compassionevole è possibile:

  • dirsi delle frasi gentili, come quella suggerita dalla ricercatrice K. Neff “Questo è un momento di sofferenza; la sofferenza è una parte della vita; che io possa essere gentile con me stesso e darmi ciò di cui ho bisogno";
  • tenere un diario in cui riportare gli eventi che si stanno affrontando, annotando i momenti in cui la nostra mente vaga in affermazioni critiche o negative e cercando di riformulare queste affermazioni usando toni più morbidi e comprensivi;
  • scrivere una lettera in termini compassionevoli, indirizzandola a sé stessi;
  • impegnarsi in comportamenti e abitudini auto-compassionevoli, come concedersi dei momenti di pausa facendo qualcosa che piace: passeggiare, disegnare, fare giardinaggio, guardare un paesaggio.

Utilizzando le parole dello psicologo P. Gilbert:

“La compassione è il coraggio di calarsi nella realtà dell’esperienza umana”.


Pratiche per integrare mindfulness e self-compassion

Entrando più nello specifico, ci sono diverse pratiche che possiamo utilizzare per integrare questi due aspetti: 

  • la respirazione calorosa;
  • la pratica informale del sasso;
  • la pratica informale della mindfulness nella vita quotidiana.
Dids - Pexels

La respirazione calorosa

È una meditazione che allena la mente ad essere più concentrata e calma. Si basa sulla respirazione diaframmatica e sul concentrare l’attenzione sul respiro e sulle sensazioni corporee. L’obiettivo è quello di sentirsi presenti rispetto a se stessi e a quello che si sta vivendo.

La pratica informale del sasso

Questa pratica consiste nel porre attenzione, attraverso i cinque sensi, all’oggetto (un sasso) che si ha davanti concentrandosi sul qui ed ora e aiutando la mente, quando vaga, a ritornare nel presente.

La pratica informale della mindfulness nella vita quotidiana

Può essere praticata in ogni momento della giornata: mentre laviamo i denti, mentre si cammina dal parcheggio al lavoro, a colazione o ogni volta che il cellulare squilla. Basta scegliere un'attività ordinaria e dirigere l’attenzione sulle sensazioni che ne derivano.

Immergersi nell'esperienza, assaporandola appieno e riportare la mente a queste sensazioni tutte le volte che essa ha vagato. Non resta che provare!


Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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