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Salute mentale
5
minuti di lettura

Mindfulness e self-compassion: una stretta correlazione

Mindfulness e self-compassion: una stretta correlazione
Roberta Loparco
Psicoterapeuta ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Ultimo aggiornamento il
2.12.2025
Mindfulness e self-compassion: una stretta correlazione
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Una delle maggiori cause di disagio psichico è il modo in cui parliamo a noi stessi. Spesso tendiamo a utilizzare un linguaggio giudicante e poco compassionevole nei nostri confronti, che può accentuare il nostro stato di disagio e difficoltà. La self-compassion ci aiuta a sviluppare un nuovo modo di rivolgerci a noi stessi.

Numerosi studiosi sostengono che esista una stretta correlazione tra la mindfulness e la self-compassion. Rispondere a pensieri e sentimenti negativi con gentilezza verso sé stessi richiede infatti un certo grado di osservazione, consapevolezza e attenzione al presente.

A sua volta, la gentilezza verso sé stessi può ridurre la gravità o la minaccia percepita rispetto ad alcuni pensieri o sentimenti negativi, rendendo più semplice mantenere un atteggiamento “mindful”.

La self-compassion in breve

La self-compassion, o autocompassione, è un atteggiamento che implica gentilezza e assenza di giudizio verso sé stessi e verso gli altri, accettando che i fallimenti e i limiti siano parte comune dell’esperienza umana.

Il termine “compassione” deriva dalla parola latina compati, che significa “soffrire con”. Una delle definizioni più conosciute è quella del Dalai Lama, che descrive la compassione come “una sensibilità verso la sofferenza di noi stessi e degli altri, unita a un profondo impegno nel tentare di alleviarla”.

L’obiettivo è sviluppare la capacità di provare emozioni positive legate a calma e benessere, così da favorire compassione verso sé stessi, verso gli altri e la capacità di accogliere la compassione altrui. Questa teoria non suggerisce di evitare o eliminare le emozioni dolorose, ma di affrontare in modo diverso ciò che ci fa soffrire.

Victoria Borodinova - Pexels

Come sviluppare la self-compassion

Alcune abilità di self-compassion possono essere coltivate attraverso esercizi di visualizzazione (come recuperare un ricordo o un’immagine in cui ci si è sentiti rilassati e al sicuro) e l’uso di un linguaggio gentile verso sé stessi.

Per imparare a parlarsi in modo più gentile e compassionevole, si possono sperimentare alcune strategie:

  • Dirsi frasi gentili, come quella suggerita dalla ricercatrice K. Neff: “Questo è un momento di sofferenza; la sofferenza è una parte della vita; che io possa essere gentile con me stesso e darmi ciò di cui ho bisogno”.
  • Tenere un diario in cui annotare gli eventi che si stanno affrontando, segnando i momenti in cui la mente si sofferma su affermazioni critiche o negative, e provando a riformularle con toni più morbidi e comprensivi.
  • Scrivere una lettera compassionevole indirizzata a sé stessi.
  • Impegnarsi in comportamenti e abitudini auto-compassionevoli, come concedersi pause facendo qualcosa che piace: passeggiare, disegnare, fare giardinaggio, osservare un paesaggio.

Come afferma lo psicologo P. Gilbert:

“La compassione è il coraggio di calarsi nella realtà dell’esperienza umana”.

Pratiche per integrare mindfulness e self-compassion

Esistono diverse pratiche che possono aiutare a integrare questi due aspetti nella vita quotidiana:

  • la respirazione calorosa;
  • la pratica informale del sasso;
  • la pratica informale della mindfulness nella vita quotidiana.
Dids - Pexels

La respirazione calorosa

Questa meditazione allena la mente a essere più concentrata e calma. Si basa sulla respirazione diaframmatica e sul focalizzare l’attenzione sul respiro e sulle sensazioni corporee. L’obiettivo è sentirsi presenti rispetto a sé stessi e a ciò che si sta vivendo.

La pratica informale del sasso

Questa pratica consiste nel porre attenzione, attraverso i cinque sensi, a un oggetto (un sasso) che si ha davanti, concentrandosi sul qui e ora. Aiuta la mente, quando vaga, a ritornare al presente.

La pratica informale della mindfulness nella vita quotidiana

La mindfulness può essere praticata in ogni momento della giornata: mentre si lavano i denti, durante una passeggiata dal parcheggio al lavoro, a colazione o ogni volta che il cellulare squilla. Basta scegliere un’attività ordinaria e dirigere l’attenzione sulle sensazioni che ne derivano.

Immergersi nell’esperienza, assaporandola appieno, e riportare la mente a queste sensazioni ogni volta che si distrae può essere un modo semplice per iniziare.

I tre pilastri della self-compassion secondo Kristin Neff

La psicologa Kristin Neff, docente presso l’Università del Texas, è una delle principali studiose della self-compassion. Nei suoi lavori, Neff identifica tre pilastri fondamentali che compongono l’autocompassione e che si intrecciano profondamente con la pratica della mindfulness:

  • Gentilezza verso sé stessi: consiste nel trattarsi con comprensione e calore, soprattutto nei momenti di difficoltà, invece di ricorrere all’autocritica. Questo atteggiamento permette di accogliere le proprie imperfezioni senza giudizio.
  • Umanità condivisa: riconoscere che la sofferenza e l’imperfezione fanno parte dell’esperienza umana. Questo pilastro aiuta a sentirsi meno isolati nei momenti di difficoltà, favorendo un senso di connessione con gli altri.
  • Mindfulness: implica la capacità di osservare i propri pensieri e sentimenti dolorosi con apertura e consapevolezza, senza negarli o esagerarli. La mindfulness permette di restare presenti con ciò che si prova, facilitando una risposta più compassionevole verso sé stessi.

Questi tre elementi lavorano insieme: la mindfulness ci aiuta a riconoscere la sofferenza, la gentilezza ci permette di rispondere con cura, e l’umanità condivisa ci ricorda che non siamo soli nelle nostre difficoltà.

I meccanismi psicologici e fisiologici della self-compassion e della mindfulness

Le pratiche di self-compassion e mindfulness possono attivare specifici sistemi psicologici e fisiologici che favoriscono il benessere. Secondo il modello proposto dallo psicologo clinico Paul Gilbert, fondatore della Compassion Focused Therapy, queste pratiche possono stimolare il cosiddetto sistema di sicurezza e benessere del cervello, contribuendo a ridurre l’attivazione del sistema di allarme spesso associato ad ansia e stress. Studi recenti hanno inoltre evidenziato che un intervento di self-compassion è stato in grado di ridurre in modo significativo la risposta della frequenza cardiaca a uno stressor, mentre un intervento di mindfulness non ha prodotto lo stesso effetto (Qi et al., 2025).

  • Sistema di sicurezza e benessere: quando coltiviamo self-compassion e mindfulness, il nostro corpo può rilasciare ossitocina ed endorfine, ormoni spesso associati a sensazioni di calma e connessione. Questo può contribuire a regolare le emozioni difficili e a ridurre la reattività allo stress.
  • Sistema di allarme: in situazioni di autocritica o giudizio, può attivarsi il sistema di minaccia, che può portare a una maggiore produzione di cortisolo e a una risposta di attacco, fuga o blocco. La self-compassion, integrata con la mindfulness, può contribuire a modulare questa risposta automatica, favorendo una maggiore resilienza emotiva.

Questi meccanismi possono spiegare perché la pratica regolare di self-compassion e mindfulness è spesso associata a una riduzione dei sintomi di ansia, depressione e stress, come evidenziato da numerosi studi clinici (Neff & Germer, 2013). Inoltre, la self-compassion si è dimostrata un predittore robusto sia della gravità dei sintomi psicologici sia della qualità della vita, risultando persino più efficace della mindfulness nel prevedere questi aspetti (Van Dam et al., 2011).

Evidenze scientifiche sui benefici di self-compassion e mindfulness

Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha evidenziato l’efficacia delle pratiche di self-compassion e mindfulness nel promuovere il benessere psicologico. Secondo una revisione sistematica condotta da Kristin Neff e Christopher Germer, psicologi clinici e pionieri nel campo, oltre 600 studi scientifici hanno mostrato che la self-compassion è spesso associata a livelli più bassi di ansia, depressione e stress, e a una maggiore soddisfazione di vita (Neff & Germer, 2017). Inoltre, è stato dimostrato che la self-compassion agisce sia come predittore degli effetti del trattamento MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction) sia come uno dei principali meccanismi attraverso cui il MBSR produce benefici psicologici duraturi (Sevel et al., 2020).

  • Riduzione dell’ansia e della depressione: le persone che praticano regolarmente self-compassion e mindfulness possono riportare una diminuzione dei sintomi ansiosi e depressivi.
  • Miglioramento dell’adattamento allo stress: queste pratiche possono aiutare a gestire meglio le difficoltà quotidiane, favorendo una risposta più equilibrata agli eventi stressanti.
  • Aumento della resilienza: la self-compassion, integrata con la mindfulness, può rafforzare la capacità di affrontare le sfide della vita senza cadere nell’autocritica o nel senso di isolamento.

Questi risultati hanno portato all’integrazione di self-compassion e mindfulness in numerosi protocolli clinici, come il Mindful Self-Compassion Program sviluppato da Neff e Germer, utilizzato sia in ambito terapeutico che nei percorsi di crescita personale. È importante sottolineare che i miglioramenti ottenuti in self-compassion, mindfulness e benessere attraverso tali interventi sono stati mantenuti anche a 6 mesi e a 1 anno dal termine dell’intervento (Neff & Germer, 2013).

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