Nella nostra cultura il pensiero magico si manifesta attraverso scaramanzie e gesti propiziatori, come le credenze legate al venerdì 17 o al passaggio di un gatto nero, a cui spesso seguono gesti come "fare le corna", spargere del sale o "toccare ferro".
L’abitudine al pensiero scaramantico e ai comportamenti propiziatori è molto diffusa, probabilmente più di quanto siamo disposti ad ammettere, e trova fondamento in una ragione psicologica precisa. Tuttavia, il pensiero magico non rappresenta solo un aspetto comune della quotidianità, ma può anche essere un sintomo di alcuni disturbi, come il disturbo ossessivo-compulsivo e il disturbo schizotipico di personalità. Inoltre, la letteratura scientifica suggerisce che il pensiero magico distingue in modo significativo le persone con schizofrenia e allucinazioni uditive rispetto ad altri gruppi clinici e di controllo (García-Montes et al., 2014), sottolineando così il suo ruolo centrale in specifiche condizioni psicopatologiche.
Per comprendere meglio "a cosa serve" il pensiero scaramantico, in questo articolo approfondiamo la differenza tra la scaramanzia considerata "normale" e i rituali superstiziosi che si manifestano nel Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) e nei suoi sottotipi, come il DOC da relazione.
Rituali superstiziosi: quando diventano un problema?
L’aspetto fondamentale che permette di distinguere tra la normale scaramanzia e un disturbo è rappresentato dalla complessità dei rituali ‘magici’ e dall’ansia associata al loro svolgimento. I rituali superstiziosi "benigni" non compromettono la qualità della vita della persona e sono per lo più abitudini radicate nella cultura popolare.
Nel Disturbo Ossessivo Compulsivo, invece, i rituali scaramantici non solo assorbono molto tempo, ma acquisiscono anche un significato sproporzionato, andando ben oltre la normale scaramanzia. Questi rituali si manifestano attraverso idee, gesti, formule e comportamenti "magici", che nella percezione della persona fungono da strumenti per controllare e ridurre l’ansia. È interessante notare che la scala di ideazione magica (MI) si è dimostrata la misura più fortemente correlata ai sintomi ossessivo-compulsivi rispetto ad altre scale (Einstein & Menzies, 2004), evidenziando come la componente magica giochi un ruolo centrale nella struttura del disturbo.
Si ritiene, infatti, che dal buon esito di questi rituali dipenda la neutralizzazione di un danno a sé stessi o alle persone care; per questa ragione vengono svolti con estrema cura e ripetuti più volte, per essere "sicuri" di aver raggiunto la perfezione.

Come riconoscere il DOC: 5 segni distintivi
Ora che abbiamo compreso la differenza tra pensiero superstizioso "normale", comunemente diffuso, e pensiero magico nel Disturbo Ossessivo Compulsivo, vediamo quali sono le caratteristiche principali di questa condizione. Ecco 5 segnali che possono aiutare a riconoscere il Disturbo Ossessivo Compulsivo:
- Pensieri intrusivi, caratterizzati da un'intensa paura che si manifesti un danno riferito a sé stessi o ai propri cari, di qualsiasi natura;
- Emozioni disturbanti, come tristezza, ansia, timore costante che possa accadere qualcosa di grave, oppure senso di colpa, causato dalla convinzione di essere responsabili di ciò che potrebbe accadere a sé o agli altri;
- Compulsioni, caratterizzate da rituali magici, come ad esempio lavarsi ripetutamente le mani per esorcizzare il senso di minaccia;
- Rituali magici e superstiziosi: possono aumentare nel tempo fino a diventare veri e propri rituali non logici, che non hanno un significato coerente con il sentimento di ansia sottostante;
- Presenza costante e deleteria del pensiero magico.
Pensiero magico e sport
I rituali scaramantici sono molto diffusi anche nel mondo sportivo. Le situazioni di stress legate alla competizione possono portare a una degenerazione di questi rituali e alla convinzione, da parte della persona sportiva, che se non li eseguirà ne andrà della sua performance o di quella della squadra. Il giocatore di basket che indossa sempre la stessa maglietta durante le partite, con la convinzione che il match andrà bene grazie a quell’indumento “talismano”, rappresenta un tipico esempio di pensiero magico associato allo sport.
Nella mente degli sportivi, riti e superstizioni possono aumentare la fiducia nelle proprie capacità, dando l’illusione di poter controllare le sfide.
Quando però non si riesce più a distinguere tra piano reale e piano magico, si rischia di diventare completamente dipendenti da questi rituali, con il rischio di limitare le abituali attività quotidiane.

Pensiero magico: come affrontarlo
Affrontare queste difficoltà è possibile: con l'aiuto della psicoterapia si può imparare che le paure possono essere gestite anche senza ricorrere ai rituali, apprendendo nuove strategie di fronteggiamento o riscoprendo risorse già presenti.
In particolare, con la terapia cognitivo comportamentale, riconosciuta dalle Linee Guida Internazionali per la sua validità scientifica ed efficacia nel trattamento, le percentuali di riduzione della sintomatologia e di miglioramento aumentano notevolmente, soprattutto grazie all’intervento di Esposizione e Prevenzione della Risposta (EPR).
Cos’è il pensiero magico: definizione e origini psicologiche
Il pensiero magico è una modalità di pensiero che porta a credere che le proprie idee, parole o azioni possano influenzare eventi esterni in modo non spiegabile da leggi naturali o logiche. Questa tendenza si manifesta fin dall’infanzia, quando la distinzione tra realtà e fantasia non è ancora del tutto sviluppata e, in particolare, nei bambini in età prescolare può favorire lo sviluppo del sé, aiutandoli a gestire le circostanze di vita durante il periodo di egocentrismo cognitivo (Resch, 1994).
Secondo la psicologa Jane Risen, docente presso l’Università di Chicago, il pensiero magico è un fenomeno universale che si ritrova in tutte le culture e a tutte le età, anche se con forme e intensità diverse. Le sue radici affondano nei primi stadi dello sviluppo cognitivo, come descritto da Jean Piaget, psicologo svizzero, che ha osservato come i bambini piccoli attribuiscano spesso poteri causali a oggetti o gesti privi di un reale collegamento con gli eventi. Nel corso della crescita, il pensiero magico tende a ridursi, ma non scompare mai del tutto: anche gli adulti possono ricorrervi, soprattutto in situazioni di incertezza o stress.
Le funzioni psicologiche e adattive del pensiero magico
Il pensiero magico non rappresenta solo una fonte di superstizione: può svolgere anche alcune funzioni psicologiche importanti, soprattutto in contesti non patologici. Tra le principali funzioni adattive troviamo:
- Riduzione dell’ansia: credere che un gesto o un rituale possa influenzare il futuro può aiutare a gestire l’incertezza e a sentirsi più tranquilli di fronte a situazioni imprevedibili.
- Illusione di controllo: il pensiero magico può offrire la sensazione di poter intervenire su eventi fuori dal proprio controllo, come una sorta di "ancora" psicologica nei momenti di difficoltà (Risen, 2016).
- Effetto placebo: in alcuni casi, la convinzione che un’azione porti fortuna o protegga dal male può effettivamente migliorare il benessere soggettivo, anche se non esiste un nesso causale reale (Lindeman & Svedholm, 2012).
Queste funzioni possono spiegare perché il pensiero magico sia così diffuso e persistente, anche tra persone razionali e istruite.

Diffusione del pensiero magico nella popolazione
Il pensiero magico è sorprendentemente comune. Secondo una ricerca condotta da Marjaana Lindeman e Annika Svedholm, psicologhe dell’Università di Helsinki, circa il 40% degli adulti europei ammette di ricorrere a credenze o rituali magici in alcune circostanze (Lindeman & Svedholm, 2012).
In alcuni gruppi, come le persone sportive o gli studenti sotto esame, la percentuale può essere ancora più alta: uno studio pubblicato su "Psychology of Sport and Exercise" ha rilevato che oltre il 70% degli atleti professionisti adotta almeno un rituale scaramantico prima delle competizioni (Bleak & Frederick, 1998).
Questi dati mostrano come il pensiero magico possa essere una componente normale della vita quotidiana, spesso utilizzata per affrontare momenti di pressione o incertezza.
I meccanismi cognitivi che possono essere alla base del pensiero magico
Alla base del pensiero magico si trovano diversi meccanismi cognitivi che influenzano profondamente il modo in cui interpretiamo la realtà. Tra i più rilevanti vi è il bias di conferma: tendiamo a ricordare solo le occasioni in cui un rituale o una credenza ha “funzionato”, ignorando i casi contrari, il che rafforza la convinzione nell’efficacia del pensiero magico. Un altro meccanismo importante è la fusione pensiero-azione, ovvero la tendenza a credere che il solo pensare a un evento negativo possa aumentare la probabilità che questo si verifichi davvero; questo fenomeno è particolarmente presente nei disturbi ossessivo-compulsivi, ma può emergere anche in persone senza patologie. In effetti, i risultati di alcune ricerche suggeriscono che una generale propensione al pensiero magico possa essere alla base delle associazioni osservate tra superstizione, fusione pensiero-azione e gravità dell’OCD (Einstein & Menzies, 2004). Un ulteriore aspetto è rappresentato dall’associazione causale errata: il nostro cervello cerca costantemente collegamenti tra eventi, anche quando non esistono. Ad esempio, se indossando una certa maglietta si vince una partita, si può attribuire la vittoria a quell’oggetto, rafforzando così il pensiero magico. Comprendere questi meccanismi può aiutare a riconoscere quando il pensiero magico diventa eccessivo o limita la libertà personale.
Strategie pratiche per riconoscere e gestire il pensiero magico
Riconoscere il pensiero magico nella vita quotidiana può essere il primo passo per gestirlo in modo consapevole. Ecco alcune strategie utili:
- Osserva i tuoi rituali: chiediti se alcuni gesti o abitudini sono legati alla convinzione che possano influenzare eventi esterni. Riconoscere questi comportamenti può essere fondamentale per valutarne l’impatto sulla tua vita.
- Metti alla prova le tue credenze: prova a non eseguire un rituale e osserva cosa accade. Spesso si scopre che l’evento temuto non si verifica, riducendo così la forza della credenza magica.
- Confronta le tue esperienze: parlare con altre persone delle proprie superstizioni può aiutare a ridimensionarle e a comprendere che sono molto comuni.
- Focalizzati su ciò che puoi controllare: concentrarsi su azioni concrete e razionali aiuta a ridurre la dipendenza dal pensiero magico, soprattutto nei momenti di stress.
Queste strategie possono essere utili per chiunque desideri vivere in modo più libero e consapevole, senza rinunciare alla componente simbolica e rassicurante che il pensiero magico può offrire.
Se senti che il pensiero magico o i rituali superstiziosi stanno limitando la tua serenità o la qualità della tua vita, ricorda che non sei solə. Un percorso di supporto psicologico può aiutarti a ritrovare equilibrio e benessere. Su Unobravo puoi trovare uno psicologo o una psicologa adatto alle tue esigenze e iniziare il tuo percorso di crescita personale: fai il primo passo, inizia il questionario.









