“Andiamo a cena dai miei?”, “Faresti degli straordinari?”.
“Preferirei di no!”.
Potrebbe essere questa la frase tipica di una personalità passivo aggressiva come messo in evidenza da Fea (2023) citando la risposta del protagonista del romanzo di Melville Bartebly lo scrivano. Una risposta apparentemente innocua che tuttavia manda all’aria un intero studio legale nel romanzo citato. Quante volte utilizziamo la passività nelle nostre relazioni? Quando si tratta di un atteggiamento passivo aggressivo, quando di un meccanismo di difesa, quando di un vero disturbo? Quali sono le differenze di sfumatura e quali sono le caratteristiche di una personalità passivo aggressiva? Proveremo a dipingere un affresco del significato, delle cause, dei comportamenti e delle strategie di gestione di questo tipo di personalità.
Passivo aggressivo: significato e caratteristiche
In un articolo comparso su Internazionale nel 2024, lo psicoanalista Cohen definisce in questo modo l’aggressività passiva:
“è il modo indiretto e spesso insidioso con cui esprimiamo antagonismo o disobbedienza riservandoci al tempo stesso la facoltà di negare in modo credibile le nostre intenzioni”.
Nel suo lavoro Cohen mette in evidenza come l’inserimento dei tratti passivo aggressivi in un disturbo di personalità vero e proprio è dibattuta fin dalla prima edizione del DSM (il manuale di diagnosi e statistica dei disturbi psichiatrici) risalente al 1952. L’elenco di “sintomi” fu mutuato dalle considerazioni del colonnello Menninger, psichiatra militare, che si interrogava su alcuni atteggiamenti di elusività messi in atto dai soldati. Si trattava però di un contesto particolare come quello di un campo di battaglia. Estrapolati da quella cornice e portati nei contesti relazionali come in quelli diagnostici (ad esempio in riferimento all’adolescenza) questi tratti vengono associati a disadattamento nella personalità. Fino alla terze edizione del DSM (1980) il disturbo passivo aggressivo veniva diagnosticato alla presenza delle seguenti caratteristiche:
- Testardaggine;
- Inefficienza;
- Tendenza a procrastinare;
- Ozio;
- Smemoratezza.
Oggi la diagnosi non è più presente e Cohen ci suggerisce di considerare questi tratti come potenzialmente insiti in ognuno di noi e nella nostra difficoltà a riconoscere tendenze aggressive e rabbiose nel nostro modo di relazionarci. In diversa misura si tratta dunque di caratteristiche che ognuno di noi può esprimere con atteggiamenti che contemplano l’ironia, il sarcasmo, il silenzio, la cortesia come strumenti di espressione socialmente accettata del nostro disappunto.
Cause dell’atteggiamento passivo aggressivo
Le cause dell’atteggiamento passivo aggressivo possono riguardare modelli educativi sperimentati in infanzia e adolescenza, ma anche aspetti di natura culturale e sociale.
Le cause psicologiche possono essere le seguenti:
- Ambiente educativo-familiare controllante che limita l’espressione di emozioni come la rabbia o della conflittualità minacciando conseguenze e punizioni;
- Imitazione di atteggiamenti passivo aggressivi espressi dai genitori;
- Difficoltà nella comunicazione di aspetti conflittuali e delle emozioni connesse;
Da un punto di vista morale e sociale possono invece intervenire:
- Modelli valoriali, culturali o religiosi che dipingono negativamente la rabbia e la conflittualità;
- Modelli valoriali, culturali o religiosi che prediligono l’espressione del dissenso attraverso la gentilezza, la cortesia.
In alcuni casi il comportamento passivo aggressivo può essere inserito all’interno di una più ampia organizzazione di personalità. Tratti, atteggiamenti o comportamenti passivo aggressivi possono ad esempio essere presenti in persone che presentano disturbi a livello di abuso di sostanze (Villani & Lorusso, 2004) oppure con disturbo narcisistico di personalità.

Passivo aggressivo nelle relazioni
Come si manifesta il comportamento passivo aggressivo in amore?
- Utilizzo del silenzio punitivo;
- Tendenza a spostare la colpa sul partner evitando l’assunzione di responsabilità;
- Tendenza alla procrastinazione;
- Tendenza ad esercitare un controllo evitando il ricorso alla conflittualità aperta;
- Comunicazione non efficace;
- Utilizzo di sarcasmo, ironia;
- Tendenza a sottrarsi al confronto fingendo di non capire.
La persona con atteggiamento passivo aggressivo può ricorrere alle seguenti strategie per porre fine ad una relazione:
- Utilizzo di scuse per evitare contrasto aperto e propria responsabilizzazione;
- Comportamento provocatorio o irritante nel tentativo di mantenere il controllo sulla situazione:
- Tendenza ad atteggiamenti di evitamento che spingono il partner a fare la prima mossa;
- Utilizzo di comunicazione vaga, indiretta tramite accenni.
La relazione, portando in scena il tema della paura della dipendenza (Cohen, 2024), può diventare un campo di esperienza particolarmente probante per una persona con atteggiamento passivo aggressivo. Contrasti, conflittualità, emotività sono infatti all’ordine del giorno nel panorama relazionale e possono complicare l’esperienza sentimentale di una persona con questo tipo di atteggiamento.
Un passivo-aggressivo può innamorarsi?
La persona con atteggiamento passivo-aggressivo può provare sentimenti d’amore e attaccamento, ma tende a vivere la relazione in modo ambivalente. La difficoltà nell’esprimere in modo diretto emozioni e bisogni, unita alla paura del conflitto e della dipendenza, può ostacolare la costruzione di un legame autentico. Il timore di essere vulnerabile può portare a mettere in atto comportamenti di chiusura, distacco emotivo, evitamento o sabotaggio del rapporto. Anche quando coinvolta, la persona passivo-aggressiva può vivere l’intimità come una minaccia, rendendo difficile per il partner comprendere i reali vissuti emotivi.
Comportamento passivo aggressivo sul lavoro
Nel romanzo di Melville, Bartleby lo scrivano (1853), il protagonista assunto come copista in uno studio legale risponde alla richiesta di esaminare un documento con un cortese “preferirei di no”. A questo punto incrocia le braccia e si rifiuta di abbandonare l’ufficio giorno e notte. Immobile e silenzioso lo scrivano “penosamente rispettabile” provoca la rovina dello studio legale.
La letteratura ci offre dunque un esempio dell’atteggiamento passivo aggressivo sul lavoro. L’opposizione non si concretizza in azioni platealmente aggressive o conflittuali che potrebbero giustificare sanzioni. Si manifesta piuttosto in un’opposizione silenziosa, quasi inappuntabile nella sua apparente cortesia. Anche in questo caso atteggiamenti legati ad una comunicazione non ottimale, a silenzi, a procrastinazione, ad assenza di assunzione di responsabilità, sarcasmo, ostruzionismo ed evitamento del confronto rappresentano l’identikit del comportamento passivo aggressivo.

Come affrontare la personalità passivo aggressiva?
Nel suo articolo su Internazionale, Cohen (2024) riporta una vignetta clinica tratta da una sua seduta con un paziente. Mette in questo modo in evidenza come spesso al comportamento passivo aggressivo si risponda in maniera simmetrica in una sorta di gara a chi si sente maggiormente in diritto di passare come vittima indifesa. L’aggressività è uno strumento per reagire alla debolezza e all’impotenza del sentirsi indifesi. La forma passiva permette di sottrarsi a questa sensazione di dipendenza e inferiorità evitando di passare attraverso forme di comportamento non accettate socialmente. Si creano così balletti tra antagonisti non dichiarati che cercano di vincere il primato di vittima facendo sentire in colpa l’altro.
La comunicazione priva di ostilità, capace di permettere l’espressione di contenuti forti e complessi senza trascendere nell’aggressività, presuppone ambienti relazionali privi di giudizio, spazi nei quali sia possibile ragionare apertamente su cosa si sente provando a riconoscere il sentire altrui, eventuali dinamiche proiettive con cui ci può capitare di armare lo sguardo altrui (il nostro modo di vedere le cose ci ritorna indietro come se fosse espressione del punto di vista dell’altro). Uno spazio di questo tipo si può ritrovare all’interno di un percorso di psicoterapia. Spesso non è semplice costruirlo in ambito lavorativo, familiare o della relazione di coppia. Quando le modalità di comunicazione sono chiaramente disfunzionali, quando si genera disagio nella relazione a causa di forme di controllo esercitate mediante silenzi punitivi e ostruzionismi, può essere utile rivolgersi ad un professionista per affrontare cause, origine e strategie di trasformazione di questi comportamenti.
Dal “preferirei di no” a quello che sento
I comportamenti passivo aggressivi possono essere più o meno consapevoli. In alcuni casi si tratta di forme di adattamento ad ambienti sociali caratterizzati da logiche gerarchiche ed esasperate dinamiche di potere. In altri casi si tratta di una risposta alla sensazione individuale di inferiorità e impotenza che tuttavia non si riesce ad esprimere in forma diversa. In altre circostanze si tratta di una serie di comportamenti che si contrappone al benessere individuale, relazionale, di coppia e perfino aziendale. Un percorso di sostegno psicologico o di psicoterapia può essere utile a riconoscere le proprie risorse nell’espressione di sentimenti complessi come quelli legati alla conflittualità e all’aggressività. Passare dal “preferirei di no” all’espressione chiara di ciò che si prova, anche se si tratta di un contenuto doloroso o difficile da gestire perché fonte di potenziale contrasto, è il primo importante passo verso un maggior benessere psicologico.
Immagine di copertina: Klaus Nielsen