Negli ultimi anni, la psicologia dell’invecchiamento ha posto crescente attenzione alla qualità della vita nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). evidenziando come le feste e in particolare il Natale, costituiscano un contesto privilegiato per osservare il bisogno di senso, continuità identitaria e connessione sociale (Cacioppo & Cacioppo, 2018; Carstensen et al., 2020).

La solitudine come esperienza psichica complessa
La solitudine nell’anziano non è un fenomeno unidimensionale, ma si configura come un’esperienza relazionale e simbolica. Essa può derivare dalla separazione fisica dai familiari, dal lutto o dal senso di inutilità percepito (Cornwell & Waite, 2009). Durante le festività, queste emozioni vengono spesso riattivate, generando una discrepanza tra la dimensione esterna della celebrazione e quella interna dell’esperienza affettiva.
La letteratura evidenzia come la solitudine cronica negli anziani sia associata a un aumento dei sintomi depressivi, a un peggioramento cognitivo e a una riduzione della capacità di regolazione emotiva (Hawkley & Cacioppo, 2010; Holt-Lunstad et al., 2015).
Solitudine e Festività natalizie
Nel periodo natalizio, questa dimensione narrativa si accentua: l’anziano rielabora la propria biografia in forma di racconto, cercando continuità e riconoscimento. La psicologia narrativa dell’invecchiamento (McAdams, 2001) evidenzia infatti come la narrazione di sé costituisca una risorsa identitaria e terapeutica, capace di contrastare il sentimento di isolamento.
Nel contesto delle RSA, tali vissuti possono essere accentuati dalla distanza fisica dalle famiglie e dalla ritualità standardizzata delle celebrazioni, spesso percepite come artificiali o spersonalizzanti.
La dimensione relazionale del Natale nelle RSA
Il Natale, con la sua valenza simbolica di rinascita e speranza, rappresenta per l’anziano un ponte tra passato e presente. La memoria autobiografica, fortemente legata a riti e tradizioni, può riattivare ricordi familiari che favoriscono la continuità del sé e il senso di identità (Bluck & Alea, 2011).
Gli operatori delle RSA, psicologi e animatori sociali, hanno un ruolo cruciale nel trasformare questo tempo in un’occasione di connessione e significato. Attività come la condivisione di storie natalizie, la decorazione partecipata degli spazi o l’organizzazione di incontri virtuali con i familiari possono aiutare gli anziani a sentirsi “parte di” un contesto relazionale, anziché semplici spettatori (Antonucci et al., 2017).
Pandemia da Covid-19 e cambiamenti
Negli ultimi anni, anche a seguito della pandemia da COVID-19, si è assistito a una ridefinizione delle modalità di celebrazione nelle RSA. L’uso delle tecnologie digitali, seppur non privo di limiti, ha consentito nuove forme di prossimità emotiva, come le videochiamate o la creazione di eventi online condivisi con i familiari (Pfefferbaum & North, 2020).
Inoltre, le attività simboliche, come la scrittura collettiva di auguri, la creazione di alberi dei ricordi o la realizzazione di piccoli rituali comunitari, favoriscono il senso di appartenenza e riconoscimento reciproco. Queste esperienze permettono di costruire un nuovo modo di “fare Natale”: non più centrato sull’assenza, ma sulla possibilità di dare nuovo significato al tempo, alle relazioni e alla memoria.
La psicologia positiva dell’invecchiamento invita, in questo senso, a focalizzarsi sulle risorse residue, sulla creatività affettiva e sulla capacità dell’anziano di generare ancora legami significativi (Ryff & Singer, 2008; Westerhof & Bohlmeijer, 2014).

Verso un nuovo modo di festeggiare
Il Natale nelle RSA rappresenta un crocevia emotivo e simbolico: può riattivare ferite di solitudine ma, se gestito con sensibilità psicologica e attenzione relazionale, può trasformarsi in un’esperienza di connessione, autenticità e rinascita interiore.
Promuovere rituali personalizzati, valorizzare la memoria autobiografica e sostenere la dimensione comunitaria sono strategie che consentono di risignificare la festa e di restituire agli anziani la sensazione di “esserci ancora”, non solo come testimoni del passato, ma come protagonisti di un presente condiviso.







