È passato più di un anno e mezzo da quando abbiamo iniziato a parlare di Covid-19. Si è trattato di un anno e mezzo di profonde riorganizzazioni, in cui periodi di lockdown si sono alternati a momenti di maggiore libertà. Con la crescente diffusione dei vaccini, sembra che questo autunno potremo permetterci più attività del precedente e c’è chi parla di “ritorno alla normalità”. In questo articolo proviamo a soffermarci su una domanda semplice ma complessa: come ci fa sentire la prospettiva delle riaperture? È davvero quello che tutti aspettiamo?
Il Covid-19: un anno e mezzo difficile
Il Covid-19 è una malattia infettiva respiratoria causata da un virus, il SARS-CoV-2, della famiglia dei Coronavirus. È stato scoperto in Cina nell’autunno del 2019 e in pochi mesi, il 30 gennaio 2020, è stato dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale”.
Con la diffusione del Covid-19, in tutto il mondo ci si è trovati a mettere in atto grandi cambiamenti nel modo di vivere, al fine di proteggersi a vicenda dal contagio. Abbiamo:
- attraversato mesi di lockdown
- imparato ad indossare le mascherine nei luoghi pubblici
- limitato incontri e spostamenti
- mantenuto la distanza fisica anche dalle persone care.
Dal punto di vista economico e sociale stiamo attraversando un periodo duro, in cui molte persone si sono trovate a mettere in discussione le proprie certezze e ad affrontare faticose riorganizzazioni.
Queste difficoltà hanno avuto un impatto sulla nostra salute mentale. Il rapporto dell’OMS, pubblicato il 5 ottobre 2020, ha messo in luce che, nel mondo, circa un miliardo di persone convive con un disagio psicologico e che l’emergenza sanitaria ha provocato un significativo aumento di questi disturbi (pensiamo ad esempio all'associazione tra covid e depressione). A luglio 2021 il Direttore Regionale per l’Europa dell’OMS, Hans Henri P. Kluge, ha sottolineato l’importanza di investire nei servizi per la salute mentale per guardare al futuro.
Le scoperte legate al Covid-19
In psicologia la crisi non ha necessariamente un’accezione negativa: per quanto l’anno e mezzo passato sia stato per tutti un momento di discontinuità, alcuni dei cambiamenti sollecitati hanno rappresentato il trampolino per nuove scoperte.
Il lockdown ha costituito per molti un’opportunità per ripensare i rapporti familiari e lavorativi. Significativa in questo senso è stata l’esperienza dello smart working, che in alcuni casi ha assottigliato la distanza che separa la nostra vita affettiva da quella lavorativa, rendendo possibile, se non necessario, conciliare queste due dimensioni con modalità inedite.
Nuove narrazioni e nuovi interrogativi
In un articolo pubblicato su Huffington Post nel febbraio 2021, ad esempio, alcuni padri hanno parlato di come per loro lo smart working abbia significato soprattutto poter coniugare il lavoro con il tempo in famiglia, costruendo una relazione più intima con i figli. Uno di loro ha raccontato di come la pausa caffè con i colleghi sia diventata il momento del gioco con il figlio neonato, con ricadute positive sulla propria produttività lavorativa.
Per numerosi lavoratori e studenti fuori sede la riorganizzazione delle attività da remoto ha implicato un vero e proprio rientro in famiglia. Questo cambiamento è stato accolto con gioia da alcuni, mentre per altri ha voluto dire fare i conti con emozioni e relazioni complesse, aprendo alla possibilità di sciogliere nodi irrisolti e costruire nuove narrazioni.
Non per tutti però il lockdown ha implicato un ritorno alle origini. Ad altri, la sospensione della routine ha consentito di interrogarsi sui propri desideri e farne emergere di nuovi, lasciandosi alle spalle consuetudini in cui ci si sentiva ingabbiati.
Le riaperture: un momento uguale per tutti?
Nei mesi passati diverse ricerche in psicologia hanno indagato gli effetti del distanziamento sociale sul benessere mentale, identificandone soprattutto di negativi, mentre non è ancora così esplorato l’impatto delle riaperture.
In una ricerca condotta dallo Studio di Psicosociologia di Roma dopo l’estate 2020, si mette in luce come le riaperture ci facciano confrontare con l’emozione della confusione. Le restrizioni del primo lockdown, se pur dure da sostenere, ci hanno indicato chiare regole da seguire per proteggerci dal virus, mentre oggi incontriamo molta variabilità nelle condotte degli individui, a cui si associano vissuti di stanchezza e spaesamento.
Nella pratica clinica ascoltiamo modi molto diversi di raccontare le riaperture:
- in alcuni casi prevale il sollievo di tornare a viaggiare e fare incontri;
- in altri la possibilità di ristabilire una routine ante-pandemia viene vissuta senza entusiasmo, se non con angoscia.
In molti casi ci sta capitando di trovarci davanti ad una domanda: è normale come mi sento?
Riaperture: come le affronto?
Ecco dunque alcuni consigli per affrontare l'ansia da covid in questo momento di transizione:
- Ascolta te stesso e le fonti ufficiali. Può sembrare banale, ma non lo è. Non misurare la validità dei tuoi comportamenti sulla pressione sociale, ricerca indicazioni nelle fonti ufficiali e ascolta prima di tutto i tuoi bisogni;
- Rispetta i tuoi tempi. “Quando sarà il caso di incontrare di nuovo dal vivo gli amici? Quando di viaggiare? È normale se non mi senta a mio agio nei locali?”. Non esiste una risposta uguale per tutti, quindi bisogna misurare i tuoi tempi senza far caso a quelli degli altri;
- Accetta il cambiamento. È passato circa un anno e mezzo dall’inizio del lockdown in Italia. È probabile che nel frattempo molti assetti siano mutati, grazie alle riorganizzazioni imposte dalla pandemia e non solo. Non cercare il ritorno a tutti i costi ad una normalità fantasticata, ma riconosci e accetta eventuali cambiamenti. Alcuni di questi, se guardati bene, possono rappresentare l’inizio di qualcosa di buono e utile per noi stessi!