La disforia di genere è una condizione in cui l'identità di genere di una persona non corrisponde al sesso assegnato alla nascita (e questa non corrispondenza è per la persona fonte di malessere): si tratta di una condizione oggi riconosciuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), ma è il punto di arrivo di un lungo percorso di trasformazione culturale che non è ancora concluso.
La diagnosi di disforia di genere è stata introdotta per la prima volta nel DSM-III nel 1980: prima di questo cambio di paradigma, le persone transgender erano spesso mis-diagnosticate con disturbi come la schizofrenia o il disturbo di personalità e non veniva riconosciuto sul piano legale il diritto ai trattamenti per la riassegnazione di genere.
La legge italiana e la rettifica del sesso anagrafico
In Italia la disforia di genere è stata riconosciuta per la prima volta nel 1982 con la legge n. 164, che ha introdotto la possibilità di rettificare il sesso anagrafico delle persone transgender. La legge prevedeva, tuttavia, che la rettificazione fosse subordinata all'intervento chirurgico di riassegnazione del genere.
Nel 2011, il decreto legislativo n. 150 ha abolito l'obbligo dell'intervento chirurgico per la rettificazione del sesso anagrafico. La legge ha inoltre previsto che la rettificazione possa essere richiesta anche dai minori di età, con il consenso dei genitori o di chi ne fa le veci.
La diagnosi di disforia di genere: qualche cenno storico
Pur avendo ottenuto un suo riconoscimento e un suo spazio specifico nella nosografia - fino alla seconda edizione del DSM l’unica categoria che potesse minimamente avvicinarsi era quella delle Deviazioni Sessuali - è importante specificare che nel DSM-III la disforia di genere compare sotto l’etichetta di Transessualismo, all’interno della sezione Disturbi Psicosessuali, nella sotto-categoria Disturbi dell’Identità di Genere.
Un piccolo cambiamento ha luogo con l’avvento del DSM-IV (1994), in cui l’etichetta diagnostica viene modificata in Disturbo dell’Identità di Genere e viene inserita nella categoria Disturbi Sessuali e dell’Identità di Genere: i termini utilizzati sono ancora molto medicalizzati, viene contemplata unicamente l’identificazione con il “sesso opposto” e viene confuso il sesso con il genere, però i termini sono meno stigmatizzanti e soprattutto il malessere provocato dall’incongruenza di genere diventa un criterio diagnostico.
Inoltre nel DSM-IV-TR, pubblicato nel 2000, vengono modificati anche i criteri diagnostici per includere l'età di almeno 5 anni e la durata della condizione per almeno 6 mesi.
Il vero cambiamento di paradigma nella direzione della depatologizzazione dell’incongruenza di genere si intravede nel 2013, con la pubblicazione del DSM-5: finalmente il focus non è più l’incongruenza di genere o il tema identitario come in precedenza, ma la disforia in quanto problema clinico: la disforia di genere finalmente acquisisce un suo spazio specifico nel Manuale, separato da parafilie e disfunzioni sessuali.
La disforia di genere nel DSM-5-TR: cosa cambia dal DSM-5
Nonostante la struttura principale della categoria diagnostica sia rimasta invariata, nella nuova edizione del Manuale (DSM-5-TR) sono stati introdotti piccoli ma essenziali cambiamenti che si muovono in una direzione che permette di abbracciare la complessità della disforia di genere andando al di là del binarismo.
Nel DSM-5, la disforia di genere si presentava con i seguenti criteri:
- una marcata incongruenza tra il genere esperito/espresso da un individuo e le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie. Nel caso di giovani adolescenti, ci si riferisce alle caratteristiche sessuali secondarie attese
- un forte desiderio di liberarsi delle proprie caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie a causa di una marcata incongruenza con il genere esperito/espresso di un individuo. Nei giovani adolescenti, un desiderio di impedire lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie attese
- un forte desiderio per le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie del genere opposto
- un forte desiderio di appartenere al genere opposto, o a un genere alternativo diverso dal genere assegnato
- un forte desiderio di essere trattato come appartenente al genere opposto, o a un genere alternativo diverso dal genere assegnato
- una forte convinzione di avere i sentimenti e le reazioni tipici del genere opposto, o a un genere alternativo diverso dal genere assegnato.
Per la diagnosi è necessario che si manifestino almeno 2 dei criteri sopra citati.
Nel DSM-5-TR si aggiunge un settimo ed essenziale criterio, cioè "espressione di genere inappropriata per il genere assegnato alla nascita".
Può sembrare a prima vista un criterio ridondante e in qualche modo “sottinteso” ai precedenti, ma l’inclusione dell'espressione di genere inappropriata come criterio diagnostico è un cambiamento determinate: affermare che la disforia di genere può manifestarsi in modi diversi permette il riconoscimento dei vissuti delle persone gender diverse che non necessariamente si identificano nel “sesso opposto” e che in precedenza risultavano difficili da diagnosticare, con la conseguente difficoltà di accedere ai percorsi di riassegnazione di genere.
Le parole sono importanti
Se il DSM-5 affermava esplicitamente che “la non conformità di genere non è di per sé un disturbo mentale”, nel DSM-5-TR sono state incluse specifiche modifiche nel linguaggio utilizzato per parlare di genere e identità di genere. Ciò traduce nella pratica l’intenzione espressa dall’edizione precedente di contribuire a ridurre lo stigma, sottolineando come questi aspetti di una persona non siano determinati da una scelta.
Non si tratta solo dell’inserimento di un criterio che specifica come, al di là del desiderio di appartenenza a un altro genere, l’espressione di genere esista prima e al di là del riconoscimento diagnostico, ma include le modifiche più accurate e inclusive come:
- da “genere desiderato” a “genere sperimentato”
- da "procedura medica per il cambio di sesso" a "procedura medica di affermazione di genere"
- da "maschio alla nascita" e "femmina alla nascita" a "individuo assegnato maschio alla nascita" e "individuo assegnato femmina alla nascita".
L'uso dei termini "genere esperito" e "procedura medica di affermazione del genere" convergono nella stessa direzione degli altri cambiamenti: nel riconoscere che l'identità di genere è una dimensione essenziale della persona, le procedure mediche di affermazione del genere diventano uno strumento che permette alle persone transgender di vivere in maggiore armonia con la propria identità.
È vero che per ora sono solo le parole di un manuale ma, parafrasando l’ipotesi di Saphir-Whorf, le parole che noi utilizziamo hanno il potere di influenzare il modo di vedere le cose del mondo e queste modifiche nel principale Manuale della Salute Mentale indicano che ciò che sta cambiando non sono solo criteri ed etichette, ma una società intera.