Il rapporto tra lavoro di cura e carriera è una delle sfide principali che molte donne si trovano ad affrontare nella società contemporanea, soprattutto perché, ancora oggi, sono troppo spesso vittime di stereotipi di genere.
Le donne sono spesso considerate le principali responsabili del lavoro di cura, che include la gestione della casa, l'assistenza ai figli, agli anziani e ad altri membri della famiglia. Allo stesso tempo, molte donne aspirano a realizzarsi professionalmente, confrontandosi con un mercato del lavoro che richiede impegno, competitività e spesso lunghi orari di lavoro.
Donne e lavoro non retribuito
Il 65,3% delle donne in Italia ha almeno un diploma, a fronte del 60,1% degli uomini, mentre le laureate arrivano al 23,1%, contro il 16,8% degli uomini. Si tratta di differenze più marcate rispetto a quelle della media europea. Si riscontra, inoltre, che il tasso di occupazione femminile è ancora molto più basso di quello maschile, attestandosi al 55,7% contro il 75,8% (Fonte Istat).
Proprio da questa dualità tra lavoro di cura e carriera possono nascere delle pressioni che incidono profondamente sulla salute psicologica delle donne. Vi è la naturale necessità di bilanciare i ruoli tradizionali di "cura" con quelli di "realizzazione professionale", che porta spesso a un sovraccarico mentale e fisico.
Le donne possono sperimentare senso di colpa, ansia o una sensazione di insufficienza per non riuscire a eccellere in entrambi i campi, mentre la società raramente offre un sostegno adeguato, né a livello istituzionale, né tantomeno culturale.
Le donne sono pertanto obbligate a conciliare le pressioni interne, ossia tutte quelle aspettative personali legate all’essere una buona madre e una brava professionista, oppure al volersi dedicare esclusivamente alla carriera senza mettere al mondo dei figli, con le pressioni esterne dettate dalle aspettative sociali e dagli stereotipi socioculturali.
In molte culture persiste ancora l'idea che il lavoro di cura sia un compito naturalmente femminile. Anche nei contesti in cui le donne hanno accesso a percorsi di carriera e a opportunità educative pari a quelle degli uomini, i ruoli di cura restano spesso non retribuiti e invisibili.
La mancanza di adeguate politiche di welfare, come l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia o a congedi parentali equamente distribuiti tra uomini e donne, aggrava ulteriormente questa situazione, lasciando alle donne il peso della doppia responsabilità.
La doppia presenza
Il concetto di doppia presenza è stato introdotto dalla sociologa italiana Laura Balbo negli anni Settanta per descrivere una dinamica che molte donne vivono ancora oggi: l’essere presenti su due fronti.
Balbo sottolinea come alle donne sia richiesto, dalla società, di svolgere due ruoli contemporaneamente, spesso senza un'adeguata suddivisione delle responsabilità o un supporto istituzionale.
La doppia presenza riflette quindi la condizione per cui una donna è impegnata sia nell’ambito del lavoro che nella presa in carico delle mansioni di cura domestiche, con implicazioni profonde per la sua qualità della vita, la carriera e la salute mentale.
Distribuzione del lavoro di cura: alcuni dati
Studi e statistiche continuano a dimostrare che il lavoro di cura è distribuito in modo diseguale tra uomini e donne. Secondo i dati Eurostat, infatti, in Europa le donne dedicano in media il doppio del tempo rispetto agli uomini al lavoro non retribuito, che include cura della casa, dei figli e assistenza agli anziani.
Per esempio, in Italia, una donna impiega circa cinque ore al giorno per il lavoro domestico, rispetto alle due degli uomini. Questa differenza si riflette chiaramente nelle opportunità di carriera.
Le donne, a causa del tempo dedicato alla cura, tendono ad avere meno ore retribuite nel lavoro, optando per lavori part-time o rinunciando a promozioni e incarichi che richiedono maggiore disponibilità.
Uno studio dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) ha rilevato che solo il 55% delle donne partecipa alla forza lavoro globale, contro il 78% degli uomini. Il divario è dovuto in larga parte alla sproporzione nel lavoro di cura. Inoltre, le donne hanno il 40% in più di probabilità rispetto agli uomini di ridurre le ore lavorative o abbandonare il lavoro a causa di responsabilità familiari.
Il carico mentale e le sue conseguenze psicologiche
Oltre al carico fisico e pratico, le donne sono spesso soggette a quello che viene chiamato carico mentale, ovvero il pensiero e la pianificazione costante delle attività di cura e domestiche.
Questo non si traduce solo nell’esecuzione dei compiti, ma nel dover ricordare, organizzare e prevedere le esigenze familiari. Si tratta di una pressione invisibile che sottrae energia e tempo, incidendo sulla capacità di concentrazione sul lavoro e sulle proprie ambizioni personali.
Le conseguenze di questa doppia pressione possono essere devastanti per la salute psicologica. Il burnout, i disturbi d’ansia, la depressione e la sensazione di fallimento sono solo alcune delle problematiche psicologiche riscontrate nelle donne che si trovano a gestire contemporaneamente carriera e lavoro di cura.
Il burnout, in particolare, si manifesta quando la pressione di dover soddisfare troppe aspettative diventa insostenibile. Questo esaurimento emotivo e fisico può portare alla perdita di motivazione e alla sensazione di essere sopraffatti.
Un sondaggio condotto dall'American Psychological Association mostra che, negli Stati Uniti, il 40% delle donne che svolgono lavori a tempo pieno e gestiscono una famiglia riferiscono sintomi di stress cronico, con conseguenze negative sul benessere psicofisico.
È altresì vero, per esperienza professionale, che molte donne possono avere la tendenza a concentrare e controllare le attività domestiche: la cura dei figli, l’andamento domestico e l’organizzazione familiare. Vi è quindi una difficoltà nel delegare a terze persone, se non addirittura al proprio compagno, una parte del lavoro di cura.
La rinuncia alla carriera viene vissuta come una sorta di sacrificio obbligato, portando con sé un senso di perdita di identità e di autostima. Molte donne vedono il lavoro non solo come un mezzo di guadagno, ma come un’importante fonte di realizzazione personale, indipendenza e riconoscimento sociale. Il fatto di dover abbandonare tali opportunità può generare una forte insoddisfazione, alimentando la percezione di non essere abbastanza per sé stesse o per gli altri.
Le conseguenze psicologiche di questo conflitto si riflettono anche nella percezione di sé. Le donne che non riescono a conciliare il lavoro e le responsabilità di cura possono sentirsi intrappolate in una situazione che limita il loro potenziale e le loro aspirazioni.
La mancanza di tempo per sé, l’impossibilità di dedicarsi a passioni o interessi personali e la sensazione di doversi continuamente sacrificare possono contribuire a una diminuzione del senso di soddisfazione e di controllo sulla propria vita.
È fondamentale essere coscienti della propria libertà di scelta, ossia il proprio desiderio di realizzazione è sempre legittimo e sano sia da un punto di vista mentale che sociale.
Prendersi cura di sé può generare una serie di vantaggi anche per coloro che gravitano intorno alla donna. Una persona che sa prendersi i suoi spazi, automaticamente darà spazio a chi la circonda. Allo stesso tempo, una persona realizzata sia sul piano lavorativo che personale, sarà una persona appagata, serena e in grado di donarsi agli altri con slancio positivo e proattivo.
Nel ruolo di caregiver: differenze di genere
Nello studio Mental Health Differences between Men and Women Caregivers, BRFS 2009 (Edwards et al., 2009), i caregiver uomini hanno riportato significativamente meno giorni di malessere mentale e fisico rispetto alle donne, e gli effetti di protezione del supporto sociale erano più forti nelle donne.
Tuttavia, le donne che hanno riportato alti livelli di supporto sociale ed emotivo, continuavano a riferire più giorni di malessere fisico e mentale rispetto agli uomini, che invece comunicavano bassi livelli di supporto sociale ed emotivo.
Quindi, nonostante una maggiore proporzione di uomini affermasse di ricevere raramente o mai il supporto sociale ed emotivo di cui aveva bisogno, questo non ha avuto un effetto così forte sul numero di giorni di malessere fisico e mentale, al contrario di quello che è accaduto nelle donne.
Ciò potrebbe essere dovuto al diverso ruolo che il supporto sociale svolge nella salute mentale di uomini e donne. Poiché le donne tendono ad avere reti sociali più ampie rispetto agli uomini, mentre questi ultimi tendono a considerare coniugi e membri della famiglia come fonte principale di supporto sociale, le donne caregiver potrebbero essere più sensibili alla presenza o assenza di supporto sociale.
Questo è dovuto al fatto che, nell’arco della vita, le donne sono implicate in lavori di cura che richiedono uno “sforzo emotivo” maggiore con conseguente carico psicologico. Per quanto gli uomini siano impegnati in lavori di cura, l’accudimento dei figli nella prima infanzia (fonte di stress e riadattamento fisico e mentale) è richiesto principalmente alle donne.
Lo studio ha comunque dimostrato che il supporto emotivo e sociale ha fornito un certo grado di protezione contro un maggior numero di giorni di malessere, a prescindere dal genere.
Letture utili
Per approfondire il tema del conflitto tra lavoro di cura e carriera e i suoi risvolti psicologici sulle donne, ci sono diverse letture interessanti che offrono prospettive sociologiche, psicologiche e femministe.
In Donne che corrono coi lupi (2016) la psicoanalista junghiana Clarissa Pinkola Estés esplora il ruolo della donna nella cura e nell’assistenza, utilizzando archetipi e miti per riflettere sulle dinamiche della cura.
Anna Oliverio Ferraris, psicologa dello sviluppo, parla invece del ruolo genitoriale come lavoro di cura nel suo Crescere, analizzando come la crescita dei figli influenzi e venga influenzata dalle dinamiche sociali e familiari.
Ne Il punto zero della rivoluzione: lavoro domestico, riproduzione e lotta femminista (2014), Silvia Federici offre una prospettiva critica sul ruolo del lavoro di cura non retribuito e su come esso contribuisca al mantenimento del sistema capitalistico. Il libro è una lettura importante per chi vuole comprendere il legame tra lavoro domestico, disuguaglianze di genere e impatto sulla realizzazione delle donne.
Hochschild, sociologa americana, esplora invece il fenomeno della "seconda giornata" nel suo The Second Shift: Working Families and the Revolution at Home (2012), cioè il fatto che molte donne, dopo una giornata di lavoro retribuito, affrontano un'altra giornata di lavoro di cura a casa. Questo testo analizza come la diseguale divisione del lavoro domestico influenzi le relazioni di coppia e la qualità della vita delle donne.
Anche se controverso in alcuni aspetti, Lean In: Women, Work, and the Will to Lead di Sheryl Sandberg (2015), COO di Facebook, tocca le difficoltà che molte donne affrontano nella realizzazione professionale, e offre riflessioni sul "perché" le donne, nonostante i progressi, rimangono sottorappresentate ai vertici delle aziende. Include riflessioni sulla "colpa" legata al bilanciamento tra carriera e famiglia.
Anche se specificamente incentrato sull'esperienza delle donne afroamericane, il libro Black Feminist Thought: Knowledge, Consciousness, and the Politics of Empowerment di Patricia Hill Collins (2009) fornisce una lettura intersezionale tra genere, classe e etnie. Collins esplora come il lavoro di cura influisca in maniera diversa su donne di differenti background socioeconomici e culturali.
Il lavoro di cura come scelta
Prendersi cura della propria famiglia e dei propri cari è una responsabilità e soprattutto una scelta legata dall’amore e dalla gratificazione. Nel momento in cui diviene un obbligo schiacciante, la salute stessa del caregiver viene intaccata.
Il dilemma che ancora oggi investe molte donne obbligandole a una scelta, per molti versi frustrante e faticosa, può essere alleggerita da una presa di coscienza socio-politica che spenda risorse economiche per progetti di reale supporto a tutte coloro che desiderano realizzarsi sia nella famiglia che nel lavoro.
Bibliografia
- Balbo, L. (1976). Stato di famiglia. Bisogni, privato, collettivo. Milano: Etas Libri
- Balbo, L. (1979). Interferenze. Lo Stato, la vita familiare, la vita privata. Milano: Feltrinelli
- Balbo, L. (1987). Time to care. Politiche del tempo e diritti quotidiani. Milano: Franco Angeli
- Ballering, A. V., et al. (2022). Differences Between Women and Men Are Present in the Rate of Diagnosed Diseases After a Diagnostic Intervention is Conducted in Primary Care. Journal of the American Board of Family Medicine, 35(1), 73-84
- Edwards, V. J., et al. (2017). Mental Health Differences between men and women caregivers, BRFSS 2009. Journal of women and aging, 29(5), 385-391.