Psicologia infantile
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No, no e no! Come relazionarsi efficaciemente con un bambino arrabbiato

No, no e no! Come relazionarsi efficaciemente con un bambino arrabbiato
No, no e no! Come relazionarsi efficaciemente con un bambino arrabbiatologo-unobravo
Maddalena Anna Ventura
Maddalena Anna Ventura
Redazione
Psicologa ad orientamento Sistemico-Relazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il


Non è affatto facile capire come educare i bambini al rispetto e alla disciplina. È una sfida che sperimentano molti genitori che si relazionano con bambini oppositivi e che spesso può portare alla rabbia e al disorientamento. Può capitare di reagire in modi impulsivi di fronte a un comportamento sbagliato di nostro figlio e magari sentirci in colpa per aver avuto quella reazione. In questo articolo proporrò un approccio efficace per relazionarsi con i propri figli, caratterizzato da rispetto e affetto.


Cosa accade nel cervello di un bambino arrabbiato?

Il neurologo Antonio Damasio definisce la rabbia come “una massiccia disorganizzazione del sé”. Quando il bambino prova rabbia, vive un momento di tensione talmente forte da sentire il bisogno di scaricarla.

Immaginate il cervello del bambino come una casa in costruzione. Il piano di sotto (cervello inferiore) è ben sviluppato alla nascita ed è responsabile delle emozioni intense (rabbia e paura) e delle funzioni di base come respirazione, digestione e regolazione dei cicli sonno-veglia. È la parte di cervello che entra in azione nel momento in cui il bambino non può avere quello che vuole e spinge ad una reattività immediata.

Il piano di sopra, invece, è deputato a processi di pensiero più complessi (il giudizio, la moralità, l’empatia) che si sviluppano molto più avanti. Nel momento in cui il bambino reagisce reattivamente, è importante riflettere sul fatto che l’anatomia del suo cervello ancora in costruzione non gli permette di comportarsi meglio. Il fatto, però, che il cervello si stia ancora sviluppando è una ragione in più per stabilire limiti chiari e coerenti che gli permettano di capire quale sia un comportamento accettabile.

Stephen Andrews - Pexels


Quali domande porsi quando si interagisce con un bambino arrabbiato? 

Prendendo spunto dal libro La sfida della disciplina. Governare il caos per favorire lo sviluppo del bambino scritto dallo psichiatra D.J. Siegel e dalla psicoterapista T.P. Bryson, possiamo utilizzare delle domande che favoriscono un diverso metodo educativo, più consapevole.

Non sarà facile metterle in atto, a volte pensiamo che non c’è tempo o che siamo provati da una giornata stressante. Ma più riusciamo a tenerle a mente, più saremo in grado di intervenire con il bambino prima che la situazione precipiti.

Perché mio figlio si è comportato così?

Se affrontiamo la questione con curiosità, potremmo capire che il bambino con il suo comportamento tenta di comunicare qualcosa, senza però riuscirci in modo adeguato. Di solito i bambini diventano aggressivi in quanto non sono ancora in grado di regolare i propri stati emotivi e di controllare gli impulsi. Inoltre, sono abbastanza sicuri della nostra presenza: sanno che non perderanno il nostro amore quando sono nei loro momenti peggiori.

Cosa voglio insegnare a mio figlio in questo momento?

L’insegnamento potrebbe essere, ad esempio, che ci sono modi migliori per richiamare la nostra attenzione e per gestire al meglio la rabbia! Insegnare al bambino delle alternative comportamentali può servire a trovare delle strategie comunicative più efficaci e adattive.

Come posso fornire questi insegnamenti nel modo migliore?

Costringere il bambino a riflettere su ciò che ha fatto, il cosiddetto time out, spesso non fa che accrescere la rabbia e la mancanza di controllo nei bambini, riducendo la capacità di riflettere sulle proprie azioni. L’alternativa migliore è quella di entrare in sintonia con il bambino mostrando comprensione per ciò che prova.

Nello stato emotivo “alterato” il bambino non è in grado di ragionare. Il momento giusto per parlare con lui è quello in cui si è tranquillizzato: sarà in quel momento che si potrà spiegare che ci sono delle alternative migliori al comportamento messo in atto.

RODNAE Productions - Pexels

L’elemento chiave: la sintonia

Dobbiamo tenere presente che è proprio quando il bambino è in crisi che ha più bisogno di noi. Grazie alla sintonia emotiva e alla vicinanza, possiamo aiutarlo a calmarsi e assisterlo nel prendere decisioni migliori. Se non entriamo in sintonia con il bambino, le sue emozioni possono intensificarsi a tal punto da diventare incontrollabili.

Possiamo entrare in sintonia con il bambino mostrandogli empatia a livello verbale e non verbale, ma soprattutto attraverso il contatto fisico. Un contatto amorevole, come una carezza o un abbraccio, rilascia nel cervello alcuni ormoni che inducono sensazioni di benessere, riducendo lo stress.

Una volta entrati in sintonia, alcune strategie possono aiutarci a reincanalare il comportamento del bambino, come ad esempio:

  • ridurre al minimo le parole
  • accettare le emozioni
  • non dire un “no” categorico, ma un “sì” condizionato, ad esempio: “Certo che possiamo stare ancora al parco! Che ne dici di questo weekend?”


Il percorso di sostegno alla genitorialità

Fare i genitori è un compito molto difficile e ogni tanto può capitare di sentirsi particolarmente provati dal comportamento dei figli, tanto da non riuscire a farsi rispettare. Esistono percorsi psicologici mirati all’affiancamento dei genitori nel loro difficile ruolo, come quelli di Unobravo, che ti abbina a uno psicologo online con cui poter iniziare un percorso terapeutico.

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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