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Psicologia infantile
5
minuti di lettura

Sviluppo del linguaggio e ruolo della famiglia

Sviluppo del linguaggio e ruolo della famiglia
Sabrina Gelicrisio
Psicologa ad orientamento Psicoanalitico
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
4.11.2025
Ultimo aggiornamento il
2.12.2025
Sviluppo del linguaggio e ruolo della famiglia
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Il linguaggio è il principale strumento di comunicazione dell’essere umano. Si tratta di un’abilità specie-specifica che si basa su una complessa rete di simboli socialmente condivisi. Il linguaggio ci permette di comunicare i nostri sentimenti, di esprimere pensieri sul mondo e di comprendere le ragioni degli altri.

Secondo lo psicologo statunitense Michael Tomasello, l’apprendimento del linguaggio avviene grazie all’interazione con gli altri. La comunicazione, infatti, si realizza all’interno di un gruppo, costituendo la base delle relazioni interpersonali. Il primo gruppo sociale in cui il neonato si ritrova a interagire è la sua famiglia e i suoi caregiver, che svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo del linguaggio del bambino. È stato inoltre evidenziato che l’ambiente familiare esercita un impatto maggiore sullo sviluppo del bambino nei primi anni di vita rispetto all’educazione precoce e ad altri determinanti sociali come l’occupazione e il livello di istruzione dei genitori (Tamburlini, 2023).

I precursori dello sviluppo del linguaggio

Negli ultimi decenni, numerosi studiosi hanno esplorato le connessioni tra lo sviluppo del linguaggio e i fattori socio-cognitivi, evidenziando come questi ultimi siano fondamentali non solo per l’evoluzione delle competenze verbali, ma anche di quelle gestuali. Un aspetto particolarmente rilevante riguarda il fatto che nei primi tre anni di vita avviene oltre l’80% dello sviluppo neuronale dei bambini (Pizzi & Giusti, 2020), sottolineando così quanto sia cruciale l’ambiente e la stimolazione precoce per favorire i precursori del linguaggio. Successivamente, la ricerca si è concentrata sull’origine del legame tra sviluppo cognitivo e linguistico, mettendo in luce l’importanza di specifici precursori nello sviluppo delle abilità linguistiche.

Le capacità percettive precoci

L’acquisizione del linguaggio secondo la psicologia infantile nasce a partire dalle ultime settimane di gestazione, nel momento in cui è possibile per il feto percepire i suoni provenienti dal mondo esterno. Diversi studi hanno messo in luce come i neonati possiedano, già alla nascita, delle capacità di percezione ed elaborazione degli stimoli dell’ambiente molto più sviluppate di quanto si pensasse in precedenza.

Alcuni ricercatori hanno evidenziato che i bambini, già a tre giorni di vita, sono in grado di riconoscere la voce della propria madre. Questo viene spiegato dagli autori sulla base dell’esperienza che i neonati fanno durante la vita intrauterina. Infatti, tra le 25 e le 32 settimane di gestazione, il feto è già esposto alla voce umana e la coclea è sviluppata in modo tale da poter riconoscere i suoni a bassa frequenza (Beauchemin et al., 2011).

L’alternanza dei turni e l’attenzione condivisa

Le prime interazioni avvengono all’interno della coppia caregiver-bambino. Numerosi studi hanno evidenziato come, fin dalla nascita, i bambini abbiano una predisposizione innata nell’essere attratti dagli stimoli sociali come i volti umani. Le comunicazioni all’interno della diade vengono definite “proto-conversazioni” e sono caratterizzate da:

  • scambi a tonalità affettiva positiva
  • ritmo e regolarità

Questi elementi aiutano il bambino ad apprendere e rispettare l’alternanza dei turni. La famiglia ha il compito di gestire e modulare questi scambi comunicativi, rispettando i ritmi biologici del bambino.

Inoltre, è stato osservato che se le risposte fornite dall’adulto sono sintonizzate con le espressioni del bambino, quest’ultimo è in grado di discriminare le regolarità fonologiche del parlato e di utilizzarle per modificare le proprie lallazioni. Verso i 9-12 mesi di vita, emerge la condivisione dell’attenzione su un determinato oggetto con un’altra persona. Alla fine del primo anno di vita la capacità di trovare un oggetto seguendo la linea dello sguardo di un’altra persona diventa un’attività coordinata e controllata.

I bambini, infatti, quando coinvolti in un’attività ludica con un adulto, controllano il suo focus attenzionale attraverso l’alternanza dello sguardo tra l’oggetto e l’adulto. Dunque, anche la giusta stimolazione nel gioco può favorire uno sviluppo linguistico ottimale.

PNW Production - Pexels

I gesti comunicativi

Alla fine del primo anno di vita (9-12 mesi), il bambino comincia a utilizzare i gesti per esprimere le proprie intenzioni comunicative: indica, mostra e fa richieste ritualizzate. In particolare, è stata dimostrata l’importanza del gesto di indicare nello sviluppo del linguaggio e nell’interazione del bambino con gli adulti di riferimento.

Nello specifico, l’indicazione del bambino stimola nell’adulto delle risposte: in uno studio condotto dallo psicologo E.F. Masur nel 1982, è stato dimostrato che più frequenti sono le risposte relative agli oggetti o situazioni verso cui il bambino indica, e più alto sarà il numero di parole che il bambino apprende.

Il ruolo dell’input familiare nello sviluppo linguistico

L’analisi del linguaggio utilizzato dagli adulti durante gli scambi interattivi con i bambini è fondamentale per mettere in luce i fattori sociali e familiari che incidono sullo sviluppo linguistico. Un aspetto centrale emerso negli studi recenti è la genitorialità responsiva, ovvero la capacità dei genitori di cogliere i bisogni del bambino e rispondere con interesse e affetto, elemento che si rivela cruciale non solo per lo sviluppo del linguaggio, ma anche per le competenze socio-emotive (Tamburlini, 2023). A partire dagli studi condotti negli anni Settanta, si è inoltre riscontrato come il linguaggio utilizzato dagli adulti durante gli scambi comunicativi con i più piccoli sia diverso da quello tipico delle conversazioni tra adulti, sottolineando l’importanza di un’interazione adattata alle esigenze del bambino.

È stato così individuato uno speciale codice linguistico denominato baby talk, una semplificazione del linguaggio adulto, molto importante nello scambio comunicativo con il bambino. L’utilizzo di frasi brevi e con molteplici ripetizioni aiuta il bambino ad apprendere più parole.

Sintonizzarsi con il bambino

Abbiamo visto quali sono alcune competenze innate che i bambini possiedono già prima di nascere e, successivamente, l’importanza della stimolazione ambientale e familiare nello sviluppo del linguaggio.

L’arrivo di un figlio porta sempre grandi cambiamenti che a volte possono essere difficili da gestire. È importante che i genitori stiano bene per potersi sintonizzare con il bambino:

sono solo alcuni fattori che possono interferire negativamente con lo sviluppo del linguaggio del proprio figlio. Prendere coraggio e chiedere aiuto dal punto di vista psicologico (iniziando per esempio un parent training) può essere il primo passo per stare meglio e riuscire a sostenere i propri figli nel loro sviluppo psico-emotivo e cognitivo.

Disturbi del linguaggio: definizione e classificazione clinica

I disturbi del linguaggio rappresentano una delle difficoltà più frequenti nell’età evolutiva e possono manifestarsi con diversi livelli di gravità. Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione), i disturbi del linguaggio sono caratterizzati da una compromissione significativa nell’acquisizione e nell’uso del linguaggio, che può riguardare sia la comprensione che l’espressione.

Le principali tipologie di disturbi del linguaggio includono:

  • Disturbo del linguaggio: compromissione nello sviluppo e nell’uso del linguaggio, sia a livello espressivo sia recettivo. Si manifesta con un vocabolario ridotto, strutture grammaticali semplificate e difficoltà nel produrre discorsi complessi e coerenti.
  • Disturbo fonologico: si manifesta con difficoltà nell’articolazione dei suoni, che possono rendere il linguaggio poco comprensibile.
  • Disturbo della comunicazione sociale (pragmatica): il bambino fatica a utilizzare il linguaggio in modo appropriato nei diversi contesti sociali, ad esempio nel rispettare i turni di conversazione o nel comprendere le regole implicite della comunicazione.

Questi disturbi possono avere un impatto significativo sullo sviluppo emotivo, sociale e scolastico del bambino, rendendo fondamentale una diagnosi precoce e un intervento mirato.

Foto di Andrea Piacquadio - Pexels

Fattori di rischio e conseguenze dei disturbi del linguaggio

Diversi fattori di rischio possono contribuire all’insorgenza dei disturbi del linguaggio. Tra i più rilevanti, secondo la letteratura scientifica, troviamo:

  • Fattori genetici: la presenza di disturbi del linguaggio in famiglia può aumentare la probabilità che il bambino sviluppi difficoltà simili.
  • Complicanze perinatali: nascita prematura, basso peso alla nascita o sofferenza neonatale possono influire sullo sviluppo neurologico e linguistico.
  • Ambiente linguistico povero: una scarsa esposizione a stimoli verbali, come poche occasioni di dialogo o lettura condivisa, può rallentare l’acquisizione del linguaggio.
  • Altri disturbi neuroevolutivi: condizioni come il disturbo dello spettro autistico o il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) possono essere associate a difficoltà linguistiche.

Le conseguenze dei disturbi del linguaggio possono estendersi oltre la sfera comunicativa, influenzando:

  • Apprendimento scolastico: difficoltà nella lettura, scrittura e comprensione dei testi.
  • Relazioni sociali: problemi nell’instaurare e mantenere amicizie, rischio di isolamento.
  • Benessere emotivo: maggiore vulnerabilità a frustrazione, bassa autostima e ansia.

Secondo una revisione pubblicata su "Lancet Child & Adolescent Health" nel 2021, i bambini con disturbi del linguaggio hanno un rischio aumentato di sviluppare difficoltà emotive e comportamentali nel corso della crescita.

Dati epidemiologici: quanto possono essere diffusi i disturbi del linguaggio?

I disturbi del linguaggio sono tra le difficoltà più comuni in età prescolare. Secondo una stima riportata dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2022, circa il 7% dei bambini in età prescolare presenta un disturbo specifico del linguaggio.

Questa percentuale può variare in base ai criteri diagnostici utilizzati e alla popolazione considerata, ma evidenzia l’importanza di una sorveglianza attenta da parte di genitori, insegnanti e pediatri. La diagnosi precoce e l’intervento tempestivo sono fondamentali per ridurre l’impatto a lungo termine di queste difficoltà.

L’importanza dell’approccio multidisciplinare

La presa in carico dei disturbi del linguaggio può richiedere un approccio multidisciplinare, che coinvolge diverse figure professionali:

  • Logopedista: è il professionista specializzato nella valutazione e nel trattamento delle difficoltà linguistiche. Attraverso attività mirate, può aiutare il bambino a migliorare le competenze comunicative.
  • Neuropsichiatra infantile: si occupa della diagnosi e della valutazione globale dello sviluppo, individuando eventuali comorbidità o condizioni associate.
  • Psicologo: può supportare il bambino e la famiglia nella gestione delle emozioni e delle difficoltà relazionali che possono derivare dal disturbo.
  • Insegnanti e educatori: collaborano con la famiglia e i professionisti sanitari per favorire l’inclusione scolastica e adattare le strategie didattiche.

La famiglia svolge un ruolo centrale nel percorso di riabilitazione, partecipando attivamente alle attività proposte e sostenendo il bambino nella vita quotidiana. La collaborazione tra tutti gli attori coinvolti è fondamentale per promuovere uno sviluppo armonico e favorire il benessere del bambino.

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