La vergogna ha una funzione sociale e una più squisitamente psicologica: da un punto di vista sociale, vergognandoci mostriamo di condividere valori e norme e, esprimendo tale emozione, ne riaffermiamo implicitamente l’importanza.
Dal punto di vista psicologico, la vergogna è una componente dell’immagine di sé e si attiva quando ci percepiamo come inferiori, imperfetti, brutti o incapaci. Il suo scopo sarebbe quello di proteggere l’immagine del sé che desideriamo mostrare al mondo. Emerge quando si crea un conflitto tra l’immagine di sé ideale e quella reale.
La vergogna si esprime su tre diversi piani: fisiologico, cognitivo e comportamentale.
- Sul piano fisiologico si manifestano, ad esempio, rossore, tachicardia, sudorazione, sensazione di caldo o freddo. Queste alterazioni fisiche si accompagnano spesso alla sensazione di rimpicciolire o di essere trasparenti.
- Dal punto di vista cognitivo emergono pensieri auto-svalutanti come “sono imperfetto”, “non sono all’altezza”, “sono incapace”.
- Sul piano comportamentale si possono osservare reazioni come la fuga e l’evitamento della situazione temuta, il restare paralizzati nonostante si desideri reagire, o il tentativo di mostrarsi a proprio agio per celare il proprio vissuto interno.
Diversi tipi di vergogna
Lo psicologo L. Greenberg ha distinto la vergogna primaria e quella secondaria:
- la vergogna primaria è associata alla paura di essere umiliati o sottovalutati;
- la vergogna secondaria deriva dal vergognarsi per le proprie reazioni emotive, come provare ansia, paura o rabbia.
Un concetto vicino a quello di vergogna secondaria è la metavergogna, proposto dagli psicologi Orazi e Mancini, che indica la vergogna che ha come oggetto la propria stessa vergogna. In questo caso, la persona teme di essere giudicata negativamente per il fatto di vergognarsi, rendendo l’esperienza ancora più intensa.
Un’ulteriore distinzione riguarda la vergogna interna e quella esterna: la vergogna esterna dipende principalmente dalle credenze altrui, mentre quella interna è direttamente collegata all’autovalutazione.

Ai confini della vergogna
Ci sono emozioni che vengono spesso confuse con la vergogna, con cui condividono la dimensione sociale e autosvalutativa.
- Il senso di colpa, ad esempio, si differenzia dalla vergogna perché si riferisce a un comportamento negativo messo in atto dal soggetto e ai suoi effetti sugli altri. La vergogna ha un orientamento più egocentrico e comporta una valutazione negativa globale di se stessi;
- l’imbarazzo si discosta dalla vergogna perché quest’ultima può insorgere anche in seguito ad un comportamento noto solo a se stessi mentre, per l’imbarazzo, la conditio sine qua non è rappresentata dall’esposizione al pubblico;
- la timidezza, definita come un tratto di personalità, una disposizione stabile della persona a prevenire l’emozione della vergogna.
Come impariamo a vergognarci?
La vergogna è un’emozione universale che tutti abbiamo provato almeno qualche volta. Ci sono persone che però sviluppano una sensibilità alla vergogna molto forte che li rende più vulnerabili della media a questo tipo di emozione.
Questo dipende dalle prime esperienze di errore e fallimento vissute nell’infanzia. Si tratta di individui che hanno interiorizzato comportamenti svilenti e colpevolizzanti da parte delle figure genitoriali di fronte a un loro insuccesso, imparando a interpretare l’errore in termini autosvalutativi.
La vergogna in psicopatologia
La vergogna costituisce un elemento trasversale a diversi quadri clinici, in cui ha un ruolo tanto nell’insorgenza quanto nel suo stabilizzarsi:
- ansia sociale: l’alta sensibilità alla vergogna può contribuire in modo negativo alla costruzione del sé sociale dell’individuo e all’insorgenza della fobia sociale
- depressione: la vergogna evoca un senso di impotenza e fallimento e rappresenta un elemento centrale dei quadri depressivi
- disturbi del comportamento alimentare: i pazienti sono molto vulnerabili al giudizio degli altri e alla vergogna. È anche possibile trovare cicli di orgoglio e vergogna che concorrono al mantenimento del disturbo. L’orgoglio ha il ruolo di controllare l’alimentazione, mentre la vergogna compare in caso di fallimento
- sindrome da stress post-traumatico: in questo disturbo la vergogna è presente soprattutto quando il trauma subito riguarda un abuso sessuale o un’aggressione fisica. Può interferire con la possibilità di elaborare in modo funzionale le emozioni correlate all’evento traumatico nel setting terapeutico.
La vergona può impedirci anche di superare particolari eventi di vita come un aborto: le donne che scelgono di abortire possono sentire su di loro il peso di un’“accusa” rivolta dalla società e provare un profondo sentimento di vergogna. Tutto questo rende ovviamente più difficile superare un aborto volontario.

Dati epidemiologici e impatto clinico della vergogna
La vergogna è un'emozione che può avere un impatto significativo sulla salute mentale. Secondo una revisione pubblicata su "Journal of Anxiety Disorders" (Cunha et al., 2019), circa il 40% delle persone con disturbo d'ansia sociale riporta livelli elevati di vergogna persistente, che può contribuire al mantenimento dei sintomi e alla difficoltà di instaurare relazioni sociali soddisfacenti.
Nel caso della depressione, uno studio condotto dall'Università di Manchester (Kim et al., 2011) ha evidenziato che la vergogna cronica è associata a una maggiore gravità dei sintomi depressivi e a un rischio aumentato di isolamento sociale. Questi dati sottolineano l'importanza di riconoscere e affrontare la vergogna nei percorsi di cura, sia per migliorare la qualità della vita delle persone sia per favorire una maggiore efficacia degli interventi terapeutici.
Un’emozione fondamentale
Per certi aspetti, la vergogna rappresenta una componente dell’esperienza psichica spesso trascurata dalla letteratura scientifica e non. Tuttavia, appare chiaro come sia un’emozione fondamentale nell’ambito della psicoterapia per diverse ragioni:
- per la sua universalità;
- perché spesso viene elaborata in modo parziale e distorto, essendo poco compresa e accettata;
- in quanto elemento centrale in vari quadri clinici, da cogliere e approfondire nel percorso terapeutico.
La funzione evolutiva e transculturale della vergogna
La vergogna non è solo un'emozione individuale, ma svolge anche un ruolo fondamentale nell'evoluzione delle società umane. Secondo la "teoria dei ranghi" proposta dallo psicologo Paul Gilbert, la vergogna avrebbe avuto la funzione di regolare i rapporti sociali e di prevenire comportamenti che potessero mettere a rischio la coesione del gruppo. In questo senso, provare vergogna aiutava i nostri antenati a riconoscere i limiti imposti dalla comunità e a mantenere relazioni armoniose.
Studi transculturali hanno evidenziato che la vergogna si manifesta in tutte le culture, anche se con modalità e intensità differenti. In alcune società, come quelle di tipo collettivista, la vergogna è spesso utilizzata come strumento educativo e di controllo sociale, mentre in culture più individualiste può essere vissuta come un'esperienza più privata e meno condivisa. Queste differenze culturali influenzano il modo in cui le persone interpretano e gestiscono la vergogna nella loro vita quotidiana.

Metavergogna e circoli viziosi: quando la vergogna può autoalimentarsi
Un aspetto particolarmente complesso della vergogna è la cosiddetta metavergogna, descritta nella letteratura psicologica, indica la vergogna provata per il fatto stesso di vergognarsi. È un concetto utilizzato nella ricerca, non un costrutto clinico ufficiale del DSM-5. Questo fenomeno, descritto dagli psicologi Orazi e Mancini, può innescare un circolo vizioso in cui la persona si sente inadeguata non solo per ciò che ha fatto o pensato, ma anche per il semplice fatto di provare questa emozione.
Ad esempio, una persona che si vergogna di arrossire in pubblico può iniziare a temere il giudizio degli altri proprio per la sua reazione emotiva, aumentando così la probabilità che la vergogna si ripresenti in futuro. Questo meccanismo può portare a un progressivo isolamento sociale e a una maggiore difficoltà nel chiedere aiuto, alimentando sentimenti di solitudine e incomprensione.
Secondo uno studio pubblicato su "Clinical Psychology & Psychotherapy" (Mancini & Gangemi, 2015), la metavergogna è spesso presente nei disturbi d'ansia sociale e può rendere più complesso il percorso terapeutico, poiché la persona tende a nascondere le proprie emozioni anche all'interno della relazione con il terapeuta.
La vergogna secondo il DSM-5 e le teorie psicologiche contemporanee
Il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) riconosce la vergogna come un'emozione centrale in diversi disturbi, in particolare nei disturbi d'ansia sociale, nei disturbi depressivi e nei disturbi del comportamento alimentare. La vergogna viene descritta come un sentimento di esposizione e di inadeguatezza che può portare a comportamenti di evitamento e a una riduzione della qualità della vita.
Le teorie psicologiche contemporanee, come quella di Paul Gilbert sulla "compassion focused therapy", sottolineano l'importanza di sviluppare un atteggiamento compassionevole verso se stessi per interrompere i circoli viziosi della vergogna. Secondo Gilbert, imparare a riconoscere e accettare la propria vulnerabilità può aiutare a ridurre l'impatto negativo della vergogna e a promuovere un maggiore benessere psicologico.
Prendersi cura di sé: un primo passo per affrontare la vergogna
La vergogna, con i suoi mille volti e le sue sfumature, può farti sentire solo e incompreso, ma non sei il solo a provarla. Riconoscere questa emozione è già un atto di coraggio e il primo passo verso un cambiamento positivo. Un percorso psicologico può aiutarti a comprendere meglio la vergogna, a sciogliere i suoi circoli viziosi e a riscoprire la fiducia in te stesso. Se senti che la vergogna limita la tua vita o le tue relazioni, puoi valutare di iniziare il questionario per trovare il tuo psicologo online e concederti la possibilità di ricevere supporto da un professionista.









