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Alimentazione
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minuti di lettura

“Comfort food” e alimentazione consapevole

“Comfort food” e alimentazione consapevole
Annachiara Miano
Psicologa ad orientamento della Psicologia della Salute
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Ultimo aggiornamento il
9.11.2025
“Comfort food” e alimentazione consapevole
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In una scala da 0 a 10, dove i valori 8, 9 e 10 rappresentano un'alta sensazione di fame, quante volte nella scorsa settimana hai mangiato per fame? E’ una domanda che fa riflettere. Dobbiamo considerare che il momento del pasto non è finalizzato solo al nutrimento:

rappresenta un’esperienza profondamente sociale, culturale ed edonica. E’ sociale perché ci permette di entrare in contatto con gli altri, culturale perché risente delle tradizioni e dei valori del contesto di appartenenza, ed edonico perché coinvolge i nostri cinque sensi, rendendo ogni pasto un’esperienza gratificante e piacevole. All’interno di questo universo complesso, la relazione che ciascuno di noi instaura con il cibo è unica e personale. Ad esempio, i comfort food svolgono un ruolo importante nel ridurre la sensazione di solitudine, soprattutto nelle persone che associano positivamente il cibo alle relazioni interpersonali (Troisi & Gabriel, 2011).

Cibo ed emozioni sono strettamente connessi. Pensiamo alla nostalgia che proviamo per il cibo della nostra terra quando siamo lontani da casa, oppure all'amore che mettiamo nel preparare una torta di compleanno per una cara amica o per il nostro partner, o ancora a quando siamo tristi e sentiamo il desiderio di assaporare qualcosa di dolce o molto gustoso, cercando in esso conforto. In quest’ultimo caso il cibo che cerchiamo può essere definito “comfort food”.

Andriyko Podilnyk - Unsplash

Che cos’è il “comfort food” ?

Quante volte nell'ultima settimana ti sei sentito triste, stanco o arrabbiato e, in risposta a queste emozioni, hai aperto il frigorifero?

Dopo una giornata difficile, può capitare di sentirsi legittimati a coccolarsi gustando, senza moderazione, il proprio cibo preferito e ricco di calorie. Vengono in mente numerosi film in cui i personaggi, nei momenti di sconforto, affondano il cucchiaio in una grande vaschetta di gelato per cercare di alleviare l’amarezza delle situazioni che stanno vivendo. Questo comportamento non ha nulla a che vedere con la gioia di gustare il proprio piatto preferito. In questi casi, infatti, usiamo il cibo per consolarci e trovare conforto.

Comfort food: meccanismi psicologici e neurobiologici

Il legame tra comfort food e psicologia affonda le sue radici nei meccanismi neurobiologici che regolano emozioni e comportamento alimentare. Quando ci sentiamo stressati, tristi o ansiosi, il nostro cervello attiva circuiti specifici che possono spingerci a cercare cibi particolarmente gratificanti, spesso ricchi di zuccheri e grassi. Questi risultati evidenziano che il disagio emotivo gioca un ruolo chiave nell'aumento del consumo di comfort food durante situazioni di crisi come la pandemia (Salazar-Fernández et al., 2021).

Tra i principali attori di questo processo troviamo:

  • la dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nei circuiti della ricompensa, il cui rilascio viene stimolato dal consumo di comfort food e genera una sensazione di piacere e benessere temporaneo;
  • il cortisolo, i cui livelli aumentano in situazioni di stress e che può indurre il desiderio di cibi ad alto contenuto calorico come strategia di "autoconforto";
  • il sistema limbico, area cerebrale responsabile della regolazione delle emozioni, che si attiva quando associamo il cibo a ricordi positivi o a momenti di conforto vissuti in passato.

Questi meccanismi spiegano perché il comfort food non sia solo una questione di gusto, ma anche di risposta emotiva e neurobiologica. Attraverso tali substrati neurali, il consumo di comfort food è spesso associato a una riduzione temporanea delle emozioni negative, ma può rafforzare il legame tra emozioni e cibo, rendendo più probabile il ricorso a questa strategia in futuro.

Comfort food e Binge eating: differenze

Il comfort food non rappresenta semplicemente un peccato di gola, perché il cibo è consumato soprattutto per rispondere a un bisogno di tipo emotivo. Mangiare diventa lo strumento per spegnere le emozioni negative, e le aspettative di gestire emozioni spiacevoli, alleviare la noia e migliorare la competenza cognitiva sono positivamente associate alla frequenza del consumo di comfort food (Wu et al., 2025). Per quanto questo sia un comportamento in cui la maggior parte di noi ha indugiato, può diventare un problema quando:

  • Si presenta come una vera e propria abbuffata, smettendo di calmare la persona non appena questa smette di mangiare;
  • Diviene la strategia principale per affrontare le emozioni negative, facendo perdere fiducia nelle proprie capacità più proattive.

Persone con difficoltà nella sfera dell'alimentazione spesso non riescono a regolare adeguatamente le proprie emozioni e usano il cibo a tale scopo. Il “binge eating”, per esempio, è caratterizzato da abbuffate a scopo consolatorio, spesso accompagnate da sentimenti di colpa e vergogna. Nel binge eating, solitamente le abbuffate si verificano a seguito di una situazione a forte impatto emotivo, definita "trigger", a cui corrisponde il consumo vorace di cibo come strategia per far fronte a tale situazione e alle conseguenti emozioni negative.

La questione centrale non riguarda tanto la quantità di cibo ingerito, quanto la sensazione di perdita di controllo rispetto al comportamento alimentare. Questa sequenza diventa un automatismo in risposta a un vissuto emotivo di cui la persona può anche non essere consapevole. Pur accorgendosi di star mangiando voracemente, può sentire di non riuscire a fare altrimenti: questo meccanismo è molto simile a quanto avviene nelle dipendenze patologiche, tanto che alcuni studiosi parlano di dipendenza da cibo.

Pablo Merchán Montes - Unsplash

“Mindful eating" : mangiare consapevolmente

Quand'è l'ultima volta che, al momento di mangiare, hai ascoltato davvero il tuo corpo, assaporando ogni singolo morso e assecondando i suoi reali bisogni? Per "mindful eating" si intende mangiare consapevolmente, cioè “essere presenti” in tutto e per tutto al momento del pasto.

La mindfulness è una pratica basata sulla meditazione e fondata su esercizi che coinvolgono mente e corpo. Si tratta di uno strumento utile perché:

  1. L'attenzione è sulle esperienze del momento presente, per poter osservare il fluire di pensieri, sensazioni ed emozioni;
  2. Ciò avviene in assenza di giudizio e con accettazione e apertura verso l’esperienza attuale, momento per momento.

Essere presenti al momento del pasto significa avere consapevolezza del cibo che abbiamo in tavola, concentrarsi su di esso e su come ci interagiamo nell'esatto momento in cui lo consumiamo. La mindfulness permette di vivere il cibo come qualcosa da esplorare in tutte le sue qualità, ascoltando noi stessi e il nostro corpo con autenticità.

La mindfulness è una pratica utile per persone con binge eating e altre difficoltà dell'alimentazione, poiché lavora sulla relazione mente-corpo e consente di imparare a distinguere tra fame emotiva e fame fisiologica. Questo aiuta, con il tempo, a gestire l’attivazione emotiva senza ricorrere alle abbuffate e ad accogliere e accettare ogni tipo di emozione. Si diventa più competenti perché si riacquista fiducia nella propria capacità di affrontare i problemi.

Il mindful eating è un'esperienza che può interessare chiunque voglia migliorare e approfondire la propria relazione con il cibo, attraverso una più consapevole e intensa esperienza di esso.

Strategie pratiche per un rapporto sano con il comfort food

Coltivare una relazione equilibrata con il comfort food può essere possibile attraverso alcune strategie validate dalla ricerca psicologica.

  • Riconoscere le emozioni: imparare a identificare ciò che si prova prima di mangiare può aiutare a distinguere la fame emotiva da quella fisiologica. Tenere un diario delle emozioni può essere un valido supporto.
  • Tecniche di coping alternative: sviluppare strategie diverse dal cibo per gestire lo stress, come la respirazione consapevole, l’attività fisica o il dialogo con una persona di fiducia, può ridurre la dipendenza dal comfort food.
  • Pianificare momenti di piacere consapevole: concedersi il proprio comfort food preferito in modo programmato e senza sensi di colpa permette di mantenere il piacere senza cadere nell’automatismo.
  • Chiedere supporto professionale: se il ricorso al comfort food diventa frequente e fonte di disagio, rivolgersi a uno psicologo può aiutare a comprendere le radici emotive di questo comportamento e a sviluppare nuove risorse.

Queste strategie, se praticate con costanza e gentilezza verso se stessi, possono favorire una relazione più serena e consapevole con il cibo e con le proprie emozioni.

Conseguenze psicologiche e fisiche dell’abuso di comfort food

Un ricorso eccessivo e non consapevole al comfort food può avere ripercussioni sia sul benessere psicologico che su quello fisico. Dal punto di vista psicologico, affidarsi sistematicamente al cibo per gestire le emozioni può ridurre la capacità di sviluppare strategie di coping più efficaci, alimentando un senso di impotenza e bassa autostima. Inoltre, è stato osservato che il consumo di snack non sani è spesso preceduto da un peggioramento dell’umore, ma non porta a un reale miglioramento successivo, mettendo così in discussione l’efficacia del comfort eating come strategia di regolazione emotiva (Franja et al., 2021).

Nel tempo, questa dinamica può favorire l’insorgenza di sentimenti di colpa, vergogna e isolamento sociale. Per quanto riguarda le conseguenze fisiche, il consumo frequente di alimenti ricchi di zuccheri e grassi è associato a un aumento del rischio di sovrappeso, obesità e disturbi metabolici. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2022), l’obesità è in crescita anche tra i giovani adulti e tra i fattori di rischio può esserci anche l’alimentazione emotiva. Queste conseguenze sottolineano l’importanza di riconoscere i segnali di un rapporto disfunzionale con il comfort food e di intervenire precocemente per tutelare la salute globale della persona.

Comfort food: adattivo o disfunzionale?

Non tutto il comfort food è uguale: la differenza tra un uso adattivo e uno disfunzionale dipende dal ruolo che il cibo assume nella gestione delle emozioni.

  • Comfort food adattivo: in alcune situazioni, concedersi un alimento "consolatorio" può essere un modo sano per prendersi cura di sé, soprattutto se avviene in modo consapevole e occasionale. Ad esempio, gustare una cioccolata calda dopo una giornata difficile può rappresentare un gesto di auto-gentilezza e non comporta necessariamente conseguenze negative.
  • Comfort food disfunzionale: quando il ricorso al cibo diventa la principale (o unica) strategia per affrontare emozioni spiacevoli, si rischia di instaurare un circolo vizioso. In questi casi, il cibo viene utilizzato per evitare o "anestetizzare" le emozioni, portando a una perdita di controllo e, talvolta, a sentimenti di colpa o vergogna.

Un esempio concreto: se dopo una delusione si sceglie consapevolmente di mangiare un dolce, riconoscendo il proprio stato d'animo e senza giudicarsi, si tratta di un comportamento adattivo. Se invece ogni emozione negativa porta automaticamente a mangiare in modo impulsivo e ripetuto, il comfort food può diventare un meccanismo disfunzionale.

Secondo la Emotional Eating Scale (Arnow, Kenardy & Agras, 1995), uno strumento clinico utilizzato per valutare la tendenza a mangiare in risposta alle emozioni, la consapevolezza di questi meccanismi è fondamentale per distinguere tra un uso sano e uno problematico del comfort food.

Prenditi cura della tua relazione con il cibo (e con te stessə)

Se senti che il comfort food è diventato una risposta automatica alle emozioni o che il rapporto con il cibo ti sta creando disagio, ricorda che non sei solo. Prendersi cura della propria salute psicologica può essere il primo passo per costruire una relazione più serena e consapevole con il cibo e con le proprie emozioni. Con il supporto di uno psicologo Unobravo puoi esplorare le radici di questi comportamenti, imparare nuove strategie per gestire lo stress e riscoprire il piacere di mangiare in modo autentico. Se desideri, puoi iniziare il tuo percorso di benessere: inizia il questionario per trovare il tuo psicologo online.

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