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Eritrofobia: quando l'ansia ti sale al volto

Eritrofobia: quando l'ansia ti sale al volto
Eritrofobia: quando l'ansia ti sale al volto
Psicologo ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Eritrofobia: quando l'ansia ti sale al volto
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
27.10.2025
Ultimo aggiornamento il
27.10.2025
Eritrofobia: quando l'ansia ti sale al volto
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L’eritrofobia, nota anche come ereutofobia, rappresenta una condizione, a volte di interesse clinico, caratterizzata da una paura intensa di arrossire in situazioni sociali o di fronte agli altri.

Nonostante a bassi livelli possa apparire come una dimensione poco invalidante, quando questa forma di ansia risulta intensa e persistente può condurre a evitare contesti sociali nei quali si teme di poter arrossire, influenzando significativamente la vita quotidiana di chi ne soffre.

Chi convive con l’eritrofobia infatti può sperimentare sintomi fisici quali battito cardiaco accelerato, sudorazione eccessiva e sensazione di calore al volto che possono agire come veri e propri stimoli avversivi capaci di condizionare situazioni neutre o piacevoli. 

Nei casi più severi queste manifestazioni non si limitano solo al momento dell’esposizione sociale, ma possono emergere anche come ansia anticipatoria che finisce per alimentare e intensificare la reazione stessa.

Pur di non vivere il disagio associato al rossore, alcune persone decidono quindi di attuare comportamenti di evitamento, scegliendo di non partecipare a eventi sociali oppure di utilizzare make-up e altre strategie per mascherare il rossore. 

Come viene classificata l’Eritrofobia?

Dal punto di vista clinico, la paura di arrossire può essere collocata nel più ampio spettro dei disturbi d’ansia sociale (SAD). Pelissolo et al. (2011) hanno evidenziato come il “fear of blushing” (FB) rappresenti un fenomeno specifico e frequente, non ancora inquadrato come diagnosi autonoma nelle classificazioni psichiatriche. Nel loro studio, hanno confrontato pazienti con SAD e paura di arrossire pura (senza altre fobie sociali), con pazienti con SAD e fobie sociali multiple, e con pazienti SAD senza eritrofobia. 

I risultati hanno mostrato che chi soffre di eritrofobia “pura” tende ad avere un esordio più tardivo, meno comorbilità, minore inibizione comportamentale e temperamentale, e livelli di autostima più elevati rispetto agli altri gruppi. Tuttavia, i livelli di ansia sociale e di compromissione funzionale restano significativi.

Questi dati suggeriscono che l’eritrofobia non è un semplice epifenomeno, ma un fenomeno clinicamente rilevante, che potrebbe essere considerato come sottotipo specifico del disturbo d’ansia sociale o come sua forma secondaria, legata alla predisposizione fisiologica ad arrossire. 

Eritrofobia: dalle possibili cause all’Impatto emotivo

Comprendere le cause dell’eritrofobia è importante per normalizzare questa condizione e poter intervenire.

Molte persone con eritrofobia riescono a riconoscere facilmente il momento in cui il problema è insorto. Solitamente si tratta di esperienze segnate da forte imbarazzo o vergogna, che restano impresse nella memoria. In questi episodi, arrossire viene associato a una percezione di vulnerabilità ed esposizione indesiderata.  Proprio per questo motivo non va sottovalutata la componente fisiologica. Lo studio di Laederach-Hofmann et al. (2002) ha mostrato che i pazienti con eritrofobia, pur non differendo dai soggetti sani in condizioni basali, presentano una regolazione autonoma alterata sotto stress mentale. In particolare, si riscontrano frequenze cardiache più elevate, valori anomali nella variabilità della frequenza cardiaca e minore sensibilità barocettoriale. Questi dati suggeriscono una predisposizione fisiologica che rende l’arrossire la reazione più probabile e difficilmente controllabile per alcune persone, rinforzando la falsa percezione di vulnerabilità.

Sul piano cognitivo, l’attenzione rivolta a sé stessi gioca un ruolo chiave. Bögels, Alberts e de Jong (1996) hanno evidenziato che l’attenzione auto-focalizzata e la coscienza pubblica di sé correlano con la propensione ad arrossire e con la paura di farlo. In altre parole, più una persona concentra la propria attenzione interna sulle reazioni corporee, maggiore sarà il rischio di percepire l’arrossimento come incontrollabile e minaccioso.

In questo senso, un altro aspetto cruciale riguarda la discrepanza tra realtà fisiologica e percezione soggettiva. Mulkens, de Jong, Dobbelaar e Bögels (1998) hanno dimostrato che, in situazioni sociali stressanti, le persone con elevata paura di arrossire non mostravano differenze significative nel rossore effettivo rispetto a chi aveva bassa paura. Tuttavia, riferivano una percezione molto più intensa del proprio rossore. Questo suggerisce che l’eritrofobia non dipende tanto dal grado reale di arrossimento, quanto da una preoccupazione cognitiva eccessiva e da un’interpretazione catastrofica delle proprie sensazioni corporee.

Quali sono i sintomi fisici e mentali associati all’eritrofobia?

Fisicamente, chi soffre di eritrofobia può sperimentare un’improvvisa vampata di calore al volto, un rossore evidente che si concentra sulle guance. Questa reazione può essere accompagnata da sudorazione, battito cardiaco accelerato e, in alcuni casi, sensazione di svenimento o nausea. L’individuo può di conseguenza provare un forte senso di ansia e disagio alla sola idea di poter arrossire in pubblico.

Dal punto di vista comportamentale è ovviamente possibile in alcuni casi osservare azioni volte a mascherare o evitare il rossore, come l’utilizzo di trucchi o di indumenti che coprano il viso e il petto, l’evitamento di situazioni che possano indurre imbarazzo o ansia e la tendenza a sottrarsi allo sguardo altrui.

Attraverso queste azioni l’eritrofobia si autoalimenta attraverso un ciclo psicologico che inizia con l’ansia anticipatoria: il timore di arrossire porta ad un maggiore focus sull’eventualità che ciò accada, il che a sua volta aumenta la probabilità di arrossire. Questa risposta fisiologica diventa un segnale di allarme che conferma la paura iniziale, creando un circolo vizioso.

JJ Jordan – Unsplash

Convivere con l’eritrofobia

Nonostante convivere con l’eritrofobia possa rappresentare una sfida significativa, il suo impatto non deve essere necessariamente invalidante. 

Ad esempio, la comprensione e l’empatia delle persone care diventa fondamentale: l’assenza di giudizio e un ascolto accogliente dei timori può aiutare le persone che arrossiscono, soprattutto quando molto giovani, a dare una lettura non eccessivamente negativa a questo fenomeno. Ogni piccolo progresso, come l’esposizione a situazioni attivanti, merita di essere riconosciuto e celebrato, poiché rafforzano l’autostima e la fiducia di chi affronta quotidianamente questa fobia. 

Dal punto di vista clinico, la psicoterapia costituisce l’approccio più consolidato ed efficace per imparare a gestire questa condizione. In particolare, la terapia cognitivo-comportamentale permette di riconoscere e modificare i pensieri catastrofici legati all’arrossire, interrompendo il circolo vizioso che alimenta ansia e evitamento. Già da diversi anni è stato dimostrato che trattamenti basati sull’esposizione in vivo e\o sulla ristrutturazione cognitiva producono miglioramenti significativi che si mantengono anche a distanza di diciotto mesi dalla conclusione delle terapie (Scholing & Emmelkamp, 1996). Accanto a questi metodi tradizionali, negli ultimi anni sono stati introdotti interventi innovativi come il task concentration training, il video feedback, l’imagery rescripting e le pratiche di mindfulness e self-compassion, tutte strategie che favoriscono una maggiore regolazione emotiva e un atteggiamento meno auto-giudicante (Drummond, Shapiro, Nikolić, & Bögels, 2020).

Per quanto riguarda i farmaci, non esistono trattamenti specifici rivolti esclusivamente all’eritrofobia. Tuttavia, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e gli inibitori della ricaptazione della serotonina-noradrenalina (SNRI), già utilizzati con efficacia nei disturbi d’ansia sociale, possono in alcuni casi contribuire ad alleviare la paura di arrossire quando i sintomi ansiosi sono particolarmente intensi e invalidanti (Drummond et al., 2020). La prescrizione di questi farmaci e l’assunzione di questa terapia deve essere assolutamente valutata da un medico esperto.

Di eritrofobia non ci si ammala!

Guarire dall’eritrofobia non significa smettere di arrossire, poiché il rossore è una reazione fisiologica naturale, ma piuttosto imparare a ridurne la paura e a modificare le interpretazioni distorte che lo rendono fonte di sofferenza. Con il supporto professionale adeguato, la combinazione di psicoterapia, strategie di autoregolazione e una rete sociale accogliente è possibile riconquistare serenità e fiducia nelle relazioni sociali e nella vita quotidiana.

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