Psicologia infantile
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Il bambino, il cibo e i genitori

Il bambino, il cibo e i genitori
Il bambino, il cibo e i genitorilogo-unobravo
Matteo Polimene
Matteo Polimene
Redazione
Psicologo ad orientamento Psicoanalitico
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il


Diversamente da quanto si possa pensare, la relazione tra il bambino ed il cibo non è un rapporto a due, bensì a tre: il terzo elemento è rappresentato dalla figura genitoriale. Il primo giorno di vita è l’inizio di un accordo con un’altra persona: dopo le prime settimane e i primi mesi, nessuna funzione riveste un ruolo così importante per lo sviluppo globale del bambino come quella del mangiare e il ruolo del genitore è di fondamentale importanza.

Alla nascita ogni bambino è totalmente dipendente dalle figure genitoriali di riferimento. L’allattamento, appagando uno dei bisogni primari del neonato, procura il primo conforto al suo malessere fisico. Oltre a ciò, fin dalle prime poppate, non è solo un bisogno fisico ad essere soddisfatto; l’allattamento dà al bambino la sensazione vera di essere amato: il cibo equivale all’amore.

La “fase orale”

Con l’allattamento entriamo in quella che Freud chiama “fase orale”, il periodo psichico in cui il bambino vorrebbe appropriarsi di tutto, anche ciò che appartiene alla madre. Qualora queste pulsioni non vengano soddisfatte prende piede l’aggressività, di cui sono espressione, ad esempio, i morsi.


Il lutto psichico

Arriva il momento in cui il bambino si accorge che il desiderio totalizzante di incorporazione del materno è impossibile da realizzare. Questo costituisce uno dei primi grandi lutti psichici. Il gesto di succhiarsi il pollice tipico dei bambini altro non è che un tentativo di rimediare a ciò che ora gli si presenta negato, un’allucinazione del piacere orale provocatogli dal seno materno.

È lecito così affermare che ogni esperienza alimentare è legata al vissuto psicologico ed emotivo del rapporto con la madre o con le figure che la sostituiscono.

Sarah Cha - Pexels


Conseguenze di un trauma

Quando il rapporto bambino - cibo - madre, specialmente nei primi anni, è disturbato dal punto di vista affettivo ed emotivo, iniziano le turbe alimentari del neonato come:

  • la presenza di il vomito;
  • l’assunzione esagerata di cibo;
  • il rifiuto del cibo.

Ogni volta che il clima familiare cambia, per esempio con l’arrivo di un fratellino, con un lutto o con la separazione dalla madre per un certo periodo, il bambino potrebbe accusare turbe alimentari.


Il significato del cibo

Il cibo, oltre al suo insostituibile valore ed apporto biologico, assume un chiaro significato di relazione affettiva; esso può diventare anche un vero e proprio strumento di controllo da parte dei genitori.

Facciamo un esempio: una madre che forza di continuo il bambino a ingoiare cibo contro la sua volontà. Potenzialmente, il terreno è pronto per quello che in adolescenza (o ancora prima) potrà manifestarsi come un disturbo alimentare, attraverso il rifiuto del cibo parziale o totale.

In effetti, la maggior parte degli errori alimentari sono commessi nei primi anni di vita e il genitore è il punto di riferimento e di coordinamento tra il cibo e il bambino.

Andrea Piacquadio - Pexesl


Il controllo del cibo

È frequente che le problematiche determinate dalla personalità dei singoli genitori contribuiscano al controllo del mangiare, inteso come dinamica di potere e, appunto, di controllo.

Molto spesso oggi si parla di “libera domanda”, intesa come la libertà riconosciuta al bambino di mangiare quello che vuole, quando vuole e quanto vuole. Ciò può certo verificarsi, ma a patto che il bambino:

  • viva in un clima affettivamente appagante e sereno;
  • non ci siano maltrattamenti o privazioni eccessive;
  • il cibo non venga usato come ricatto emotivo.

Se una o più cause sono presenti, si apre la possibilità del disturbo alimentare. Se il cibo diventa un rifugio, un elemento per sentirsi più sicuro e forte verso l’incomprensibile adulto, il bambino ne assumerà il più possibile, incontrollatamente, poiché questo gli ricorda le cose dolci già provate (come il latte materno), con il conseguente sovrappeso.


Il ruolo degli adulti

A tavola c’è bisogno di una reale via di mezzo nel crescere il bambino. Come i genitori, anche i nonni possono svolgere un ruolo importante nell'educazione alimentare dei più piccoli.

Il fatto che un bambino ingrassi molto o poco, dovrebbe diventare un campanello di allarme  e aprire uno spazio di riflessione sulla qualità della dieta, ma anche sulle eventuali dinamiche relazionali in atto alla base del rifiuto del cibo o della sovralimentazione.

August de Richelieu - Pexels


Crescere nella libertà affettiva delle relazioni interpersonali

Molti bambini soffrono e non riescono a dirlo a parole: lo fanno capire col corpo, per mezzo di tanto o poco cibo. È fondamentale prestare la giusta attenzione già nei primi anni di vita alla cultura alimentare ed affettiva. Ciò potrà:

  • aprire la strada ad uno sviluppo equilibrato e sano del bambino;
  • gettare le fondamenta di un individuo dall’esistenza tranquilla ed autonoma, dove corpo e mente sono in sintonia;
  • contribuire a educare il bambino perché da grande possa mangiare come ama ed amare come si nutre.

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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