Il burnout non è solo una conseguenza delle lunghe ore di lavoro: è una vera e propria condizione psicologica che colpisce milioni di persone. Caratterizzato da stress cronico, esaurimento emotivo e un senso di distacco mentale, il burnout è oggi ufficialmente riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come fenomeno legato all’ambiente lavorativo.
Negli ultimi anni, l’aumento delle richieste sul lavoro, il difficile equilibrio tra vita privata e professionale e lo stress prolungato hanno spinto molti lavoratori a sperimentare malessere sul piano emotivo e fisico. Secondo la nostra ultima indagine condotta su oltre 1.500 italiani, il 44% dichiara di sentirsi stressato sul lavoro, mentre quasi uno su tre (29%) afferma di aver vissuto un vero e proprio burnout. Dati che mettono in evidenza una forza lavoro sempre più sotto pressione.
A partire dalle nostre precedenti ricerche su stress lavorativo e sindrome da burnout, che hanno evidenziato come le pressioni lavorative non gestite possano compromettere il benessere mentale, questo nuovo report indaga il tema più a fondo. Non solo esplora la diffusione del fenomeno, ma ne analizza le cause, i settori e le città più colpiti, nonché il peso economico che comporta per individui e aziende.
Per comprendere meglio in che modo il burnout stia influenzando la vita dei lavoratori in tutta Italia, i dati sono stati analizzati attraverso una lente psicologica. Individuando dove è più frequente, chi è più a rischio e quanto costa realmente, il nostro obiettivo è fornire strumenti utili alle istituzioni, datori di lavoro e professionisti, ponendo le basi per una cultura del lavoro più sana e sostenibile su scala nazionale.
Che cos’è il burnout?
Un tempo considerato un problema marginale, il burnout è oggi riconosciuto, a livello globale, come un fenomeno diffuso soprattutto in contesti lavorativi moderni, caratterizzati da ritmi frenetici e forte pressione.
Le psicologhe Christina Maslach e Susan Jackson definiscono il burnout come una sindrome psicologica a tre dimensioni, tipicamente riscontrata nelle professioni con un alto carico lavorativo. I tre elementi principali sono:
- Esaurimento emotivo – sentimenti di depressione, impotenza, irritabilità, tensione e una generale mancanza di empatia o di energia.
- Depersonalizzazione – distacco emotivo dagli altri, spesso accompagnato da cinismo, indifferenza e una sensazione di alienazione.
- Ridotta realizzazione personale – una percezione ridotta di efficacia e gratificazione nel proprio lavoro, che porta spesso a insoddisfazione professionale e alla convinzione che i propri sforzi siano privi di significato.
In parole semplici, il burnout è uno stato di esaurimento mentale e fisico causato da stress lavorativo prolungato, in cui i meccanismi di coping abituali smettono di funzionare. Col tempo, può portare a conseguenze personali e professionali serie, tra cui ansia, stanchezza cronica, calo della produttività e difficoltà nelle relazioni, sia dentro che fuori dal contesto lavorativo.
Quanto sono diffusi lo stress lavorativo e il burnout in Italia?
Lo stress sul lavoro non è solo un’insoddisfazione occasionale, ma una realtà quotidiana per molti italiani. La nostra indagine rivela che il 44% dei lavoratori in Italia si sente stressato nello svolgere il proprio ruolo d’ufficio, segno di quanto il problema sia ormai radicato.
Il burnout, conseguenza più grave e duratura dello stress cronico, è purtroppo altrettanto diffuso. Quasi un italiano su tre (29%) dichiara di aver vissuto un episodio di burnout, indice di un crescente peggioramento della salute mentale della forza lavoro. Se un certo livello di stress è fisiologico in ogni occupazione, questi dati suggeriscono una pressione costante e dannosa, in grado di generare esaurimento emotivo e fisico.
I segnali d’allarme sono particolarmente evidenti: più di un lavoratore su dieci (11%) afferma di sentirsi sempre stressato sul lavoro: un indicatore chiaro che lo stress non gestito sta diventando la norma, non più l’eccezione.
Alcuni gruppi risultano più colpiti di altri. Le donne, ad esempio, riportano livelli di stress frequente significativamente più alti (51%) rispetto agli uomini (39%), mentre i lavoratori a tempo pieno (45%) risultano più stressati rispetto a chi è autonomo (40%).
I giovani professionisti risultano particolarmente vulnerabili. Nella fascia tra i 25 e i 34 anni, il 56% dichiara di sentirsi stressato, e il 16% afferma di provare questa sensazione in modo costante, rendendoli il gruppo d’età più colpito. Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo, commenta:
"Purtroppo, non sorprende che i professionisti più giovani, in particolare quelli nella fascia d'età tra i 25 e i 44 anni, stiano sperimentando alti livelli di stress. Si tratta spesso di anni di pressioni legate alla carriera, responsabilità finanziarie e decisioni importanti per la vita. Molti, in questa fase, affrontano promozioni, orari di lavoro lunghi o perfino cambi di carriera, mentre gestiscono al contempo tappe personali come l'acquisto di una casa o la creazione di una famiglia. Il sentirsi costantemente in bilico può portare a sperimentare una condizione di stress che potrebbe finire per cronicizzarsi, se non viene adeguatamente affrontata e gestita. Senza un adeguato supporto o strategie specifiche, questo stress può evolvere in burnout: uno stato di esaurimento emotivo, mentale e fisico sempre più comune tra i professionisti."
Le principali cause di burnout in Italia
Il burnout, definita come uno stato di esaurimento emotivo, fisico e mentale causato da stress cronico sul posto di lavoro, non si manifesta da un giorno all'altro, ma si sviluppa gradualmente con l'accumularsi dello stress lavorativo nel tempo.
Le 10 principali cause di stress lavoro-correlato segnalate in Italia
La causa si stress sul lavoro più comunemente citata è la mancanza di riconoscimento, segnalata dal 39% degli intervistati. Sentirsi non apprezzati o trascurati non influisce solo sulla motivazione, ma erode gradualmente la resilienza emotiva. Il riconoscimento non riguarda solo gli elogi; si tratta di essere visti, apprezzati e rispettati. Senza di esso, i lavoratori hanno maggiori probabilità di sentirsi isolati dai loro ruoli, aumentando il rischio di burnout.
Per i lavoratori più giovani, lo scenario appare leggermente diverso. Tra gli italiani di età compresa tra 18 e 24 anni, le lunghe ore di lavoro sono il principale fattore di stress, con il 38% che le identifica come la preoccupazione principale. Questo dato è in linea con le statistiche nazionali del lavoro, che mostrano che il 15% degli italiani lavora molti straordinari. Ma le lunghe ore raramente si verificano isolatamente; spesso segnalano un carico di lavoro eccessivo.
Infatti, il 34% degli italiani cita il carico di lavoro come un fattore principale di stress. Scadenze irraggiungibili, impegni uno dopo l’altro e pause troppo brevi spingono molti lavoratori a superare i propri limiti, mettendo a rischio la salute, spesso senza vedere un momento in cui questo ritmo può rallentare.
Infine, il burnout può essere non solo psicologico, ma anche finanziario. Il 32% degli italiani cita uno stipendio o dei benefit inadeguati come una delle principali fonti di stress. Quando la retribuzione non è commisurata alle responsabilità o al costo della vita, frustrazione e disattenzione aumentano. Questa disconnessione spesso contribuisce al distacco emotivo, che porta i dipendenti a isolarsi dal lavoro e dai colleghi, uno dei principali tratti distintivi del burnout.
Le città italiane dove i residenti sono più a rischio burnout
In alcune città italiane, lo stress sul lavoro non finisce con la fine della giornata lavorativa, ma segue le persone anche a casa. Quando la stanchezza emotiva, la mancanza di supporto e le difficoltà finanziarie iniziano a far parte della vita quotidiana, il burnout smette di essere un problema esclusivamente lavorativo e diventa un'esperienza costante e ripetuta anche in altri ambiti della propria esperienza quotidiana.
Le 10 metropoli italiane a rischio burnout
Bologna è in vetta alla classifica, con oltre un terzo dei dipendenti (36%) che ha sperimentato il burnout, il tasso più alto tra tutte le città metropolitane intervistate. Più della metà dei lavoratori si sente poco supportato dalla propria azienda e un sorprendente 32% è insoddisfatto del proprio equilibrio tra lavoro e vita privata. I dati dipingono l'immagine di una città in cui la pressione è alta ed è difficile trovare un momento in cui staccare la spina.
A Genova, la situazione è altrettanto tesa. Registra il tasso più alto di dipendenti che si sentono frequentemente stressati (60%) e uno disagio diffuso tra i colleghi, a suggerire che il burnout sia radicato nella cultura lavorativa quotidiana.
Milano, capitale finanziaria d'Italia, si allinea a Genova per tassi di burnout (35%), nonostante la frequenza con cui i colleghi si lamentano sia leggermente inferiore. In una città in cui la carriera è al primo posto e il costo della vita elevato, il peso emotivo di dover tenere il passo può essere altrettanto logorante.
I settori più a rischio burnout in Italia
Nonostante ogni professione comporti pressioni, il burnout aumenta in ambienti in cui le richieste sono elevate, le opportunità di recupero sono rare e il supporto non è sufficiente. In tutta Italia, i lavoratori di alcuni settori mostrano chiari segnali di stress, non solo a causa delle lunghe ore o dei carichi di lavoro pesanti, ma anche per il peso emotivo del lavoro stesso.
I cinque settori a rischio burnout in Italia
Molti dei settori più a rischio comportano un'interazione regolare con il pubblico, che si tratti di clienti o pazienti, aggiungendo un ulteriore livello di carico emotivo a ruoli già impegnativi.
Il settore Retail e Vendite è al primo posto per rischio di burnout. I dipendenti di questo settore segnalano alti livelli di stress (45%) e disequilibrio tra lavoro e vita privata (35%), con il 43% che non si sente supportato dall proprio datore di lavoro. La combinazione di responsabilità a contatto con il cliente, obiettivi di vendita e lunghe ore di lavoro con scarso riconoscimento, sono tutte condizioni che favoriscono grandemente l'esaurimento emotivo.
Il settore Sanità e Assistenza Sociale segue in seconda posizione. Il 35% dei lavoratori segnalano burnout e quasi la metà (45%) afferma di non avere un supporto adeguato: questi dati riflettono l'intensità emotiva e l'urgenza costante a cui i dipendenti di questo settore sono sottoposti. La carenza di personale, l'elevato carico emotivo e il tempo limitato per il recupero non fanno che aggravare il problema.
Nel settore Hospitality, Tempo Libero e Sport, il 39% dei lavoratori afferma di aver sperimentato burnout, il secondo tasso più alto tra tutti i settori. Orari lunghi e irregolari, richieste di servizi costanti e tempi di riposo limitati lo rendono uno dei settori più stressanti a livello emotivo, soprattutto quando quasi la metà dei lavoratori ritiene che le proprie esigenze non vengano soddisfatte dai datori di lavoro.
L'impatto psicologico e finanziario del burnout
Il burnout spesso si manifesta silenziosamente: una lenta erosione della motivazione, la persistente paura della domenica sera o la sensazione che, per quanto ci si impegni, non sia mai abbastanza. Per molti italiani, questa è una realtà quotidiana.
La nostra indagine rivela che quasi un italiano su tre (29%) ha sofferto di burnout. Eppure, solo il 9% ha cercato supporto psicologico professionale per lo stress correlato al lavoro. Questo netto divario evidenzia una situazione preoccupante: il burnout è troppo spesso visto come qualcosa da sopportare piuttosto che affrontato apertamente.
Le conseguenze del burnout sono di vasta portata. Quasi un quarto dei lavoratori (24%) ha pensato di lasciare il lavoro a causa dello stress e il 16% si è già preso del tempo per affrontarlo. Nel frattempo, il 69% concorda sul fatto che lo stress riduca la produttività, una perdita che non colpisce solo i singoli individui, ma si ripercuote sui team, sulle aziende e sull'intera cultura aziendale.
Il burnout comporta anche un pesante impatto finanziario. In Italia, l'assenteismo legato allo stress da solo costa alle aziende oltre 16,7 miliardi di euro all'anno, con oltre 21 milioni di dipendenti che prendono in media quasi cinque giorni (4,8) di ferie all'anno per recuperare, con una perdita di circa 800 euro per dipendente.
Ma l'assenteismo è solo una parte della questione. Molti lavoratori rimangono al lavoro nonostante si sentano mentalmente prosciugati, con conseguenti perdite “nascoste” di concentrazione ed efficienza. Se solo il 10% della produttività viene perso tra il 69% colpito dallo stress, il costo risultante supera i 71 miliardi di euro all'anno.
Insieme, l'assenteismo e la riduzione della produttività portano l'impatto finanziario totale del burnout in Italia alla vertiginosa cifra di 88,5 miliardi di euro all'anno. Per i datori di lavoro, questo non è solo un invito all’empatia: dare priorità al benessere dei dipendenti, come base per una vita lavorativa sostenibile, è una responsabilità aziendale.
Cosa possono fare i datori di lavoro per prevenire il burnout
Il burnout è diffuso, ma non è impossibile da evitare. La prevenzione inizia con il riconoscere i primi segnali nei dipendenti, come la stanchezza persistente, il disimpegno dal lavoro e la costante irritabilità. Questo può poi aiutarti a creare ambienti di lavoro per il tuo team in cui i dipendenti possano esprimersi prima di crollare.
Infatti, il 41% degli italiani afferma che il proprio posto di lavoro non fornisca un supporto adeguato per la salute mentale. E mentre il 68% concorda sul fatto che i datori di lavoro dovrebbero essere legalmente obbligati a prendere sul serio lo stress e il burnout, la realtà è che la maggior parte dei sistemi di supporto reagisce al burnout quando si manifesta, invece di impegnarsi a prevenirlo.
Quindi, quale potrebbe essere un sistema di prevenzione efficace?
Costruire una cultura aziendale basata sul supporto
La prevenzione del burnout inizia creando sicurezza emotiva nell'ambiente di lavoro, dove è accettabile dire "Sono in difficoltà". Quando i manager si fanno portavoce della vulnerabilità e i team normalizzano le conversazioni sulla salute mentale, allora il supporto diventa parte integrante della cultura aziendale, non solo qualcosa di astratto.
Garantire che le risorse per la salute mentale siano visibili e accessibili
Quando una persona si sente sopraffatta dallo stress, è improbabile che inizi una ricerca per risorse di supporto o che aspetti settimane per ricevere aiuto. L'accessibilità è importante. Che si tratti di consulenza riservata, congedo flessibile o supporto digitale on-demand, le persone devono sapere a chi rivolgersi e che è giusto farlo prima di raggiungere il punto di non ritorno.
Riconsiderare i carichi di lavoro tenendo a mente il benessere
Uno dei fattori psicologici più comuni del burnout è la sensazione di essere intrappolati in un ciclo di richieste costanti e impegni infiniti. Ti fa sentire come se non avessi controllo, portandoti ad un totale distacco emotivo dalla situazione. Prevenire questo fenomeno significa stabilire limiti più chiari, rispettare le pause e contrastare la cultura della disponibilità continua.
Concedere ai dipendenti maggiore autonomia e riconoscimento
Autonomia e riconoscimento sono due dei più potenti fattori protettivi contro il burnout. Quando le persone si sentono sicure di poter prendere decisioni e quando il loro impegno viene davvero riconosciuto, lo stress diventa più gestibile. L'autonomia aiuta a ripristinare un senso di indipendenza e il riconoscimento rafforza l'importanza del proprio lavoro.
Il burnout spesso si sviluppa lentamente e silenziosamente. Se non sei sicuro della tua situazione, prova il nostro Burnout Test gratuito che potrà essere uno strumento utile per comprendere meglio i tuoi livelli di stress e quali passi potresti intraprendere.
Metodologia
Questo studio si basa su un'indagine nazionale condotta a maggio 2025. Abbiamo raccolto le risposte di 1.527 adulti in tutta Italia, accuratamente selezionati per rappresentare la popolazione per genere, età, regione e settore. L'indagine ha analizzato le esperienze relative allo stress sul lavoro, ai sintomi del burnout, all'impatto personale, al supporto del datore di lavoro, alle abitudini di salute mentale legate al lavoro e all'equilibrio tra lavoro e vita privata.
Calcoli dei costi finanziari
Per stimare l'impatto finanziario del burnout, abbiamo calcolato i costi legati all'assenteismo e alla perdita di produttività utilizzando i seguenti passaggi:
- Dimensione della popolazione attiva in Italia
- Retribuzione media annua e salario giornaliero (retribuzione annua divisa per i giorni lavorativi all'anno)
- Risultati dell'indagine (statistiche su giorni di ferie e calo della produttività)
Costo dell’assenteismo lavorativo:
- Costo pro capite = Giorni di ferie medi × Salario giornaliero
- Costo totale = Numero di dipendenti che hanno preso ferie × Costo pro capite
Costo per perdita di produttività:
- Perdita pro capite = riduzione della produttività del 10% × Guadagno medio annuo
- Perdita totale = Numero di dipendenti che segnalano una riduzione della produttività × Perdita pro capite
Nota: la perdita di produttività del 10% è una stima comune utilizzata negli studi sullo stress sul lavoro. Le perdite effettive possono variare a seconda del settore e del tipo di lavoro.
Indici di Burnout
Abbiamo anche creato un indice di burnout per confrontare città e settori in tutta Italia. Questo indice combina diversi fattori di indagine, come la frequenza con cui le persone si sentono stressate, la frequenza con cui i colleghi si lamentano, il livello di burnout, la mancanza di supporto e l'insoddisfazione per l'equilibrio tra lavoro e vita privata.