Spesso associamo il trauma psicologico a eventi singoli e circoscritti nel tempo. Le reazioni a queste tipologie di eventi possono provocare il disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Tuttavia, esiste una forma di trauma psicologico che può avere radici nell'infanzia e protrarsi nel tempo, generando effetti pervasivi e invalidanti per lo sviluppo della persona: il PTSD complesso. In questo articolo cercheremo di capire come riconoscerlo.
In psicopatologia, il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) viene identificato come una sindrome caratterizzata da:
- episodi intrusivi: ricordi dell'evento traumatico che si manifestano in maniera vivida ed emotivamente intensa;
- evitamento sistematico di qualsiasi luogo, cosa o persona che ricordi l'evento traumatico;
- ipersensibilità e ipervigilanza, che portano la persona ad agire come se fosse costantemente minacciata dal trauma.
Quando una persona si trova a vivere traumi che si ripetono nel tempo e all’interno di una dinamica interpersonale, si parla di PTSD complesso.
PTSD COMPLESSO (PTSD): quali sono i segnali?
Il PTSD ha origine da una serie di eventi traumatici che si ripetono in un tempo prolungato e sono di tipo interpersonale: si manifestano in un contesto relazionale significativo, come ad esempio quello tra un bambino e il suo genitore. Gli eventi traumatici a cui si fa riferimento sono:
- maltrattamenti;
- abusi fisici;
- violenze sessuali;
- neglect genitoriale.
Questi eventi traumatici, se vissuti durante l'infanzia, possono rappresentare un terreno di predisposizione allo sviluppo di disturbi di personalità, tra cui:
- il disturbo paranoide di personalità
- il disturbo dipendente di personalità
- il disturbo istrionico di personalità
- il disturbo narcisistico di personalità
Sintomi del PTSD: differenze tra bambini, adolescenti e adulti
Il PTSD può manifestarsi in modo diverso a seconda dell'età della persona coinvolta. Riconoscere queste differenze è fondamentale per una diagnosi e un intervento adeguati.
Nei bambini e negli adolescenti, i sintomi possono includere:
- Difficoltà nella regolazione delle emozioni: possono verificarsi crisi di rabbia improvvise, pianti inconsolabili o una frequente irritabilità.
- Problemi di attenzione e apprendimento: la concentrazione può risultare compromessa, con conseguenti difficoltà scolastiche.
- Comportamenti regressivi: possono comparire comportamenti tipici di età più giovani, come enuresi notturna o attaccamento eccessivo agli adulti.
- Disturbi del sonno e incubi ricorrenti: il sonno può essere disturbato da risvegli frequenti o sogni spaventosi.
- Isolamento sociale: il bambino o l’adolescente può evitare i coetanei o le attività che prima gli piacevano.
Negli adulti, i sintomi principali includono:
- Difficoltà nella gestione delle emozioni: si possono sperimentare sbalzi d’umore, sentimenti di vuoto o rabbia persistente.
- Alterazioni dell’autopercezione: la persona può sentirsi costantemente inadeguata, colpevole o "sbagliata".
- Problemi nelle relazioni interpersonali: difficoltà a fidarsi degli altri, tendenza all’isolamento o a instaurare rapporti disfunzionali.
- Sintomi dissociativi: sensazione di distacco dalla realtà o dal proprio corpo, come se si osservasse la propria vita dall’esterno.
- Comportamenti autolesivi o impulsivi: possono manifestarsi atti di autolesionismo, abuso di sostanze o comportamenti a rischio.
Questi sintomi possono variare in intensità e frequenza, ma spesso compromettono in modo significativo la qualità della vita e il benessere psicologico.
Come viene definito il PTSD nelle linee guida internazionali
Il disturbo da stress post-traumatico complesso (PTSD) è stato riconosciuto ufficialmente dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nella classificazione ICD-11, che lo distingue dal PTSD "classico" per la presenza di sintomi aggiuntivi legati alla regolazione delle emozioni, all'autopercezione e alle difficoltà relazionali. Recentemente, il PTSD è stato adottato come nuova diagnosi nell'ICD-11 (Maercker et al., 2022), confermando l'importanza di una definizione specifica per i quadri clinici caratterizzati da traumi complessi e prolungati.
Secondo l'ICD-11, il PTSD si sviluppa tipicamente a seguito di esperienze traumatiche prolungate e ripetute, spesso in contesti in cui la fuga o la difesa non sono possibili, come nel caso di abusi infantili o violenza domestica. Il DSM-5, invece, non riconosce ancora formalmente il PTSD come diagnosi separata, ma ne descrive molte caratteristiche all'interno delle specifiche del PTSD.
Tra i principali autori che hanno contribuito alla definizione e comprensione del PTSD vi sono Judith Herman, psichiatra e docente ad Harvard, che ha sottolineato l'importanza del trauma relazionale e della perdita di fiducia negli altri, e Bessel van der Kolk, psichiatra e ricercatore, noto per i suoi studi sugli effetti del trauma sul corpo e sulla mente.
Come agisce il trauma nel corpo e nella mente?
Il cervello delle persone che vivono il PTSD è un cervello che ha subito un trauma. Per proteggersi, il corpo secerne l'ormone dello stress, che rimane in circolo costantemente. Un trauma che non viene elaborato comporta che le difese e le risposte emotive associate vengano ripetutamente attivate.
Un contributo fondamentale per comprendere meglio come il trauma agisce nel corpo lo ha fornito la Teoria Polivagale del neurofisiologo Stephen Porges. Introducendo il termine di neurocezione, Porges ha messo in luce come le persone, costantemente e in maniera inconsapevole, valutano le condizioni di pericolo e di sicurezza presenti nell'ambiente.

La reazione al pericolo
Quando si percepisce un pericolo, entra in gioco il nervo vago, presente nel tronco dell'encefalo, che segnala automaticamente la sensazione di agitazione attraverso espressioni facciali e tono della voce, con l'obiettivo di ricercare il soccorso degli altri.
Se questo non avviene, si attiva il sistema limbico, più primitivo, che predispone la persona a quattro tipologie di risposta al pericolo:
- attacco;
- fuga;
- congelamento;
- spegnimento.
Intrappolati nel trauma
Nelle persone che hanno vissuto un trauma, la neurocezione può non funzionare in modo ottimale. Si può restare bloccati nell'attacco, nella fuga o nello spegnimento, a causa di ottenebramento o di un'ipervigilanza sui segnali esterni, spesso interpretati come pericolosi.
Il trauma, attraverso i ricordi, si riattualizza e la persona lo rivive nel tempo presente. Questo può avere un impatto molto pesante. La difficoltà nel controllare queste reazioni porta spesso a non sentirsi "normali" e a provare un forte senso di vergogna.
Inoltre, può risultare difficile collegare consapevolmente le esperienze traumatiche del passato allo stato psicofisico vissuto nel presente, e tutto questo amplifica la percezione di sé come ''sbagliata'' o ''pazza''.
L’aiuto della terapia
Il PTSD complesso può essere trattato con l’aiuto di un terapeuta e attraverso tecniche specifiche che lavorano sul ricordo del trauma, per permettere al corpo e alla mente di elaborare l’esperienza vissuta.
Secondo Porges, è importante aiutare la persona a sviluppare comprensione e rispetto verso il proprio corpo e le risposte che ha messo in atto per sopravvivere, evitando di trasmettere il messaggio che il suo comportamento, o lei stessa, sia stata inadeguata o debba necessariamente cambiare.
Adottando un’ottica compassionevole verso la parte di sé che ha messo in atto quelle risposte di difesa, si può favorire un’esplorazione e un’integrazione più autentica con il proprio corpo.

Diagnosi clinica e comorbidità del PTSD
La diagnosi di PTSD viene effettuata da professionisti della salute mentale attraverso una valutazione approfondita della storia personale, dei sintomi attuali e delle esperienze traumatiche vissute. Recentemente sono stati riportati importanti progressi nella diagnosi, valutazione e differenziazione del disturbo da stress post-traumatico complesso rispetto sia al disturbo da stress post-traumatico che al disturbo borderline di personalità (Maercker et al., 2022) (Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35780794/). È fondamentale distinguere il PTSD da altri disturbi che possono presentare sintomi simili, come il disturbo borderline di personalità o la depressione maggiore, per garantire un trattamento mirato e adeguato.
Spesso, il PTSD si presenta insieme ad altre condizioni psicologiche, dette comorbidità. Le più frequenti sono:
- Disturbi d’ansia: come attacchi di panico, fobie o ansia generalizzata, che possono complicare ulteriormente la gestione quotidiana.
- Depressione: sentimenti di tristezza profonda, perdita di interesse e difficoltà a provare piacere nelle attività abituali.
- Disturbi dissociativi: episodi di depersonalizzazione o derealizzazione, in cui la persona si sente estraniata da sé stessa o dall’ambiente circostante.
- Disturbi da uso di sostanze: l’uso di alcol o droghe possono costituire tentativi di coping maladattivo
Un’accurata valutazione clinica è fondamentale per individuare tutte le problematiche presenti e pianificare un percorso terapeutico personalizzato.
Trattamenti riconosciuti a livello internazionale per il PTSD
Il trattamento del PTSD richiede un approccio integrato e personalizzato, che tenga conto della complessità dei sintomi e delle esperienze vissute. Le terapie multicomponenti sono raccomandate per il trattamento del disturbo da stress post-traumatico complesso, iniziando con un focus sulla sicurezza, la psicoeducazione e la collaborazione tra paziente e fornitore di cure (Maercker et al., 2022) (Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35780794/). Le linee guida dell’American Psychiatric Association (APA) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano diversi interventi basati sull’evidenza scientifica. Tra le terapie più studiate ed efficaci troviamo: la terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma (TF-CBT), che può aiutare a rielaborare i ricordi traumatici e a modificare i pensieri disfunzionali legati all’esperienza vissuta; l’ EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), una tecnica che utilizza movimenti oculari guidati per facilitare l’elaborazione dei ricordi traumatici; le terapie basate sulla mindfulness e sulla compassione, che favoriscono la consapevolezza delle proprie emozioni e la riduzione dell’autocritica, potendo aiutare a sviluppare un atteggiamento più gentile verso sé stessi; e gli interventi psicoeducativi, che forniscono informazioni sul funzionamento del trauma e sulle strategie di gestione dei sintomi, coinvolgendo spesso anche i familiari. In alcuni casi, può essere utile associare un supporto farmacologico per gestire sintomi specifici come ansia, depressione o insonnia, sempre sotto la supervisione di uno specialista. La scelta del trattamento più adatto viene concordata insieme al terapeuta, tenendo conto delle esigenze e delle preferenze della persona.
Quanto è diffuso il PTSD: dati epidemiologici
Il PTSD è una condizione che può colpire persone di tutte le età e provenienze, ma la sua reale diffusione è stata riconosciuta solo di recente grazie all’inclusione nella classificazione ICD-11.
Secondo una revisione pubblicata su "European Journal of Psychotraumatology" (Karatzias et al., 2019), la prevalenza del PTSD nella popolazione generale varia
0++ +ra l’1% e l’8%, con percentuali più elevate tra chi ha vissuto traumi prolungati, come abusi infantili o violenza domestica. In alcuni gruppi a rischio, come i sopravvissuti a conflitti armati o a violenze ripetute, la prevalenza può superare il 20%.
Questi dati sottolineano l’importanza di riconoscere e trattare tempestivamente il PTSD, per ridurre l’impatto che può avere sulla salute mentale e sulla qualità della vita.
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