Il trauma complesso e la frammentazione del sé

Il trauma complesso e la frammentazione del sé
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Vera Del Gesso
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
7.2.2020
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L’esposizione a traumi prolungati durante la vita ha conseguenze su diverse aree di funzionamento della persona: attaccamento, livello biologico, cognizione, controllo del comportamento, dissociazione. Secondo la psicologa Janina Fisher, la condizione di trauma complesso porta a quella che viene definita “la frammentazione del sé”. Cerchiamo di capire insieme di cosa si tratta.

Il trauma psichico nell’infanzia

Il trauma psichico è l’essere stati esposti ad una minaccia alla quale non potevamo sottrarci, una condizione in cui non potevamo evitare il pericolo con la fuga o con l’attacco. Questo tipo di trauma può già essere vissuto nell’infanzia. I bambini piccoli mostrano una totale dipendenza dai genitori, il che li pone in uno stato di particolare vulnerabilità. Se questi bambini sono maltrattati o sono esposti a incuria, sperimentano una condizione di minaccia senza via di scampo che costituisce una dimensione traumatica. Le persone che hanno vissuto traumi infantili sono maggiormente predisposte a sviluppare in futuro problemi di salute mentale, come i disturbi di personalità, tra i quali ricordiamo il disturbo paranoide di personalità, il disturbo evitante, quello borderline, il disturbo di personalità dipendente, quello narcisistico, ecc.

Trauma relazionale precoce e trauma complesso

Quando parliamo di trauma complesso facciamo riferimento ai sintomi che derivano da quelle situazioni in cui la condizione “stressante” è avvenuta ripetutamente nel corso dello sviluppo della persona. Gli eventi traumatici sono molteplici, cronici e prolungati. La natura del trauma psichico è relazionale: su questa base lo psicologo Allan Schore lo ha definito “trauma relazionale precoce” e, data la continuità con cui si manifesta la situazione traumatica, “trauma complesso”. Da alcuni studi è emerso che le persone che sono state esposte a trauma relazionale precoce mostrano:

  • una maggiore difficoltà nella regolazione delle emozioni e nella sintonizzazione emotiva; 
  • una maggiore attivazione del sistema di difesa, perché si sentono costantemente in pericolo;
  • maggiori sintomi dissociativi.


La dissociazione e la frammentazione del sé

La dissociazione è una delle principali conseguenze dello stress post traumatico ed è intesa come l’incapacità di integrare pensieri, emozioni ed eventi. Quando ci troviamo in una situazione di pericolo essa garantisce la sopravvivenza del senso di sé, sacrificando la continuità dell’esperienza che stiamo vivendo. Prima di tutto la persona si sente sopraffatta e mette in atto, inconsapevolmente, tutte quelle azioni fisiologiche e psicologiche orientate alla sopravvivenza in seguito ad una minaccia percepita. Questa esperienza, però, ha una connotazione troppo forte per poter essere integrata e la persona “cade a pezzi”.


Una persona, due parti in lotta

Nell’esperienza dissociativa, il sé andrà incontro ad una “divisione delle sue parti”:

  • una parte evitante il trauma e focalizzata alla vita di tutti i giorni.
  • una parte fissata sul trauma, che rivive in continuazione le memorie traumatiche provocando emozioni di sopraffazione e l’attivazione fisiologica e dei comportamenti volti a difendersi dalla minaccia.

In questa dissociazione la lotta tra le due parti è continua: la parte fissata sul trauma prova a invadere quella che cerca di continuare con la vita di tutti i giorni, mentre quest’ultima cerca di sopprimere la parte fissata sul trauma.


Murat Esibatir - Pexels

Il modello della dissociazione strutturale

L’esperienza di un evento traumatico, soprattutto se prolungato nel tempo, porta ad una dissociazione delle parti del sé. Questa dinamica è stata definita nella “Teoria della dissociazione strutturale” che evidenzia il ruolo delle due parti in conflitto:

  • “Parte apparentemente normale” (ANP) che tenta di andare avanti con la vita di tutti i giorni e che cerca di ignorare il trauma;
  • “Parte emozionale della personalità” (EP) che vive costantemente il trauma.

L’ ANP cerca di andare avanti con la sua vita, ma questo risulta difficoltoso date le continue intrusioni di EP. Essendo fissata sul trauma, EP è incapace di accorgersi del presente e quindi soffre di dolorose memorie traumatiche, rivive le emozioni del trauma passato, ha la tendenza a mettere in atto comportamenti difensivi come la fuga, la protezione o l’attacco.

Come integrare le due parti?

Nel trattamento dei pazienti con disturbo traumatico complesso, la relazione terapeutica è l’elemento centrale. I pazienti guariscono dai loro traumi relazionali passati attraverso la sperimentazione di una relazione sicura, rispettosa e dai confini adeguati. L’obiettivo di una terapia di questo tipo è quello di permettere al paziente di rivivere gli eventi traumatici, ma allo stesso tempo di tollerare le emozioni e sensazioni negative che ne derivano, rimanendo “integri”. Il lavoro finale è incentrato proprio sulla capacità di integrare le esperienze negative passate e la nostra quotidianità all’interno di una narrazione coerente nella quale la consapevolezza di quello che è accaduto rimane un ricordo che non genera la riattivazione del trauma.

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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