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5
minuti di lettura

L’angoscia di morte e il Covid-19

L’angoscia di morte e il Covid-19
Roberta Sottocorna
Psicologa ad orientamento Psicoanalitico
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Ultimo aggiornamento il
2.12.2025
L’angoscia di morte e il Covid-19
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“La paura della morte riveste un ruolo di primo piano nella nostra esperienza interiore. Se non altro, ci perseguita; romba continua sotto la superficie; è una presenza oscura, destabilizzante, al limite della coscienza. Per affrontare questa paura, vengono innalzate alcune difese che possono essere disadattive.”

Sono le parole dello scrittore e psichiatra Irvin Yalom a proposito della paura della morte. Ma che cosa è l’angoscia di morte? Come si manifesta durante la pandemia da Covid-19?

Il concetto di morte ha un ruolo determinante nella vita di ogni persona. Il terrore nei suoi confronti è così grande che l’uomo investe molte energie nel negarla. La paura della morte è presente in tutta la società e provoca uno stato di ansia che, in alcuni casi, arriva a destabilizzare psicologicamente un individuo.


Che cosa è l’angoscia di morte?

Si è ipotizzato che la tanatofobia sia un insieme di paure singole e specifiche che riguardano:

  • il dolore della morte
  • la paura della vita dopo la morte
  • la paura per gli altri che restano e certamente paura per se stessi
  • la paura per l’estinzione personale, che sembra essere il punto centrale della questione.

Esistono tre tipi di paure legate all’evento della morte:

  • Cosa viene dopo?
  • Come è l’evento del morire?
  • Cosa vuol dire cessare di essere?
cottonbro - Pexels

L'angoscia di morte nella psicopatologia

L’angoscia di morte è un’istanza che appartiene all’essere umano e alla vita: permea l’esperienza interiore e tutti i soggetti tentano di difendersene attraverso strategie più o meno funzionali basate sulla negazione. Quando queste strategie non sono più efficaci danno origine alla psicopatologia e alla sofferenza del soggetto, attraverso sintomi, segni e tratti del carattere. Molte persone in seguito alla pandemia hanno infatti manifestato i segni di una depressione post covid o di un disturbo d'ansia (ad esempio pensiamo a chi, temendo il contagio, ha iniziato ad avere la fobia dello sporco).

Angoscia e Covid-19

Durante questo periodo storico siamo sottoposti a forte stress: i sentimenti di angoscia e fragilità sono più che mai reali e tutti noi siamo obbligati a farci i conti in qualche modo:

  • abbiamo preso coscienza del fatto che non siamo immuni
  • abbiamo lasciato spazio ad una maggiore fragilità, ma anche ai sentimenti di solidarietà e condivisione.

In questo contesto di crisi e incertezza globali, la perdita di una persona cara è un’esperienza forte e drammatica, che mette di fronte alla vulnerabilità e alla finitezza.

L’esperienza di morte è definita “esperienza di confine” e pone il soggetto nella condizione di confrontarsi con se stesso.

Riconoscere, comprendere, vivere con autenticità

“La morte è diventata un tabù. […] La morte e il morire sono stati medicalizzati e professionalizzati. Appena qualcuno dà segni di morte imminente viene spedito in ospedale, il che significa che i riti di morte domestici non possono più essere eseguiti e che la gente non può più acquisire conoscenza diretta sulla morte e il morire […]. La morte è stata negata, si è diffuso il timore di dire alle persone che sarebbero morte.” Guy Brown

Essere in grado di spiegare e ordinare gli eventi è molto importante e permette di:

  • identificarne il posto
  • comprenderne la sequenza causale
  • promuove un maggior senso di controllo e minore paura.

Definire il perché delle cose offre una maggior padronanza e potenza. La morte e la vita sono interdipendenti: l’essere umano si muove nel mondo nella consapevolezza, più o meno conscia, della propria morte. Il riconoscimento della morte e il sentimento di angoscia possono fungere da motore di ricerca, possono aiutare il soggetto a riscoprirsi e portare a vivere una vita più autentica. Questo è lo scopo degli interventi di death education nelle scuole, che si stanno sempre più diffondendo anche nel nostro Paese.

Vanessa Garcia - Pexels


Qual è il ruolo dello psicologo?

La psicologia, occupandosi della sofferenza dell’uomo, non può che confrontarsi con l’angoscia: guardarla, toccarla, accoglierla e sopportarla. Lo psicologo può aiutare  a:

  • riconoscere l’angoscia;
  • sentirla come propria;
  • attribuire ad essa un significato;
  • tollerarne la presenza.

In questo modo, è possibile che essa diventi motore di una nuova ricerca e maggiore consapevolezza, di rinnovata sostanza all’interno della propria esistenza.

A cosa è utile la terapia

Rivolgersi allo psicologo è un atto di coraggio, quello di mettere mano alla propria vita, di affrontare i propri fantasmi e arricchire la propria esistenza.

Dare senso agli eventi drammatici e terrorizzanti che ci perseguitano e alle esperienze che ci fanno soffrire, aiuta a rendere quell’angoscia senza nome, quel timore incontrollato, qualcosa di conosciuto, maneggiabile, o anche solo dicibile. L’angoscia della morte è inversamente proporzionale al piacere della vita: questo significa che è possibile sperimentare una maggiore soddisfazione della vita e placare l’angoscia eccessiva.


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